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USUCAPIBILITÀ DI UN BENE ABUSIVO REALIZZATO SU AREA PARTE DEL PATRIMONIO INDISPONIBILE.
Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Ordinanza n. 28481 del 12.10.2023.

 

Con Ordinanza n. 28481del 12.10.2023, la Sezione Seconda della Corte di Cassazione ha ribadito l’ammissibilità dell’acquisto per usucapione di un bene abusivo realizzato su terreno comunale, gravato da vincolo di inedificabilità, qualora non emerga specificatamente l’effettiva destinazione ad uso pubblico del bene appartenente al patrimonio indisponibile.

Per la Corte, inoltre, a nulla rileva il difetto del titolo edilizio in quanto tale vizio esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem, ribadendo, altresì, i requisiti necessari affinché un bene rientri nel patrimonio indisponibile e dunque non sia assoggettabile ad usucapione.

Beni pubblici: beni demaniali e patrimoniali.

I beni pubblici sono i beni che appartengono allo Stato o ad un altro ente pubblico atti al soddisfacimento di un pubblico interesse; si distinguono in i) beni demaniali e ii) beni patrimoniali.

i) I beni demaniali presentano i seguenti requisiti essenziali:

– sono sempre beni immobili o universalità di immobili;

– appartengono ad enti pubblici territoriali (Stato, Regioni, Province, Comuni);

– sono inalienabili, così come previsto dall’art. 825 c.c., ai sensi del quale “I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano”;

– non sono acquistabili per usucapione, in quanto non possono formare oggetto di diritti di terzi, se non nei modi e limiti normativamente previsti;

–  non sono espropriabili.

Gli artt. 822 c.c. e seg. elencano tassativamente i beni appartenenti al demanio pubblico[1].

Appartengono al demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia e le opere destinate alla difesa nazionale.

I beni demaniali si distinguono ulteriormente in a) beni del demanio necessario o naturale, ossia i beni di esclusiva appartenenza dello Stato(i.e. il demanio marittimo, demanio militare e demanio idrico) e b) beni del demanio accidentale, ossia beni che possono non essere di proprietà di enti pubblici territoriali, come il demanio stradale o quello culturale.

ii) I beni patrimoniali possono anche essere beni mobili ed appartenere a qualsiasi ente pubblico (dunque non necessariamente territoriale), e si distinguono in a) beni del patrimonio indisponibile e b) beni del patrimonio disponibile.

a) I beni patrimoniali indisponibili presentano il vincolo della destinazione ad un servizio pubblico e devono essere effettivamente utilizzati per il servizio pubblico cui sono destinati.

Ai sensi dell’art. 826[2] c.c. sono beni patrimoniali indisponibili le foreste, le miniere, le acque minerali e termali, le cave e le torbiere, la fauna selvatica, ed i beni di interesse storico, archeologico, artistico, i beni militari non rientranti nel demanio militare, gli edifici destinati a sede degli uffici pubblici e i beni costituenti la dotazione del Presidente della Repubblica.

L’art. 828 c.c. stabilisce che “I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”.

b) I beni del patrimonio disponibile, infine, sono tutti gli altri beni, diversi da quelli demaniali o appartenenti al patrimonio indisponibile, tra cui rientra il patrimonio mobiliare, fondiario ed edilizio dello Stato o di altri enti pubblici.

Questi beni sono alienabili, usucapibili, assoggettabili a diritti reali di terzi e soggetti alle regole del codice civile.

I requisiti dell’usucapione: brevi cenni.

L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale a titolo originario che trova disciplina negli artt. 1158 c.c. e seg..

L’usucapione risponde all’esigenza di eliminare le situazioni di incertezza circa l’appartenenza dei beni, in presenza di una consolidata situazione di fatto, qual è il possesso di un bene protratto per un certo tempo.

I requisiti dell’istituto sono i seguenti:

  • il potere di fatto sulla cosa (corpus possessionis): ovvero l’elemento oggettivo del possesso caratterizzato dal potere di fatto sulla cosa e, quindi, la soggezione della cosa al soggetto e la corrispondente signoria del soggetto sulla cosa stessa;
  • l’animus possidendi: rappresenta la componente soggettiva, intesa come intenzione di esercitare sulla cosa una signoria corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale;
  • il possesso pacifico, inequivoco, pubblico e continuato;
  • il possesso ininterrotto nel tempo;
  • la mancata rivendicazione del bene da parte del proprietario.

L’Ordinanza n.28481 del 12.10.2023della Corte di Cassazione.

1) Il Caso.

La quaestio a fondamento del giudizio trae origine dalla richiesta da parte di un privato di accertare l’intervenuta usucapione su una porzione di terreno sul quale è stato realizzato un immobile in violazione del titolo edilizio.

Sia il Giudice di prime cure che il Giudice d’appello hanno rigettato la domanda, ritenendo l’immobile appartenente al patrimonio indisponibile, in quanto ricompreso nel piano paesaggistico e gestito dal Comune in funzione di un pubblico interesse e, dunque, non usucapibile.

Il privato ha proposto ricorso in Cassazione, eccependo in particolare i) la “violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 281 sexies c.p.c., e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 […]Secondo il ricorrente, per la qualificazione di un bene come appartenente al patrimonio indisponibile dell’ente sono necessari non solo la titolarità in capo all’ente, ma anche la manifestazione di volontà di quest’ultimo nel senso di voler destinare il bene a un pubblico servizio e l’effettiva e attuale destinazione del bene al pubblico servizio” e ii)la violazione e falsa applicazione degli artt. 826, 828 e 1145 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 […], per avere i giudici di merito ritenuto che il bene oggetto di domanda facesse parte del patrimonio indisponibile per destinazione del Comune di (Omissis) in ragione della sussistenza dei due requisiti soggettivo e oggettivo previsti a tal fine dall’art. 826 c.c.[3].

2) Il consolidato orientamento della Corte di Cassazione.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, affinché un bene possa considerarsi appartenente al patrimonio indisponibile, e pertanto non usucapibile, devono sussistere i) il requisito oggettivo, ossia la manifestazione della volontà dell’ente titolare del bene, espressa in un atto amministrativo, di destinare lo stesso ad un pubblico servizio e ii) l’elemento soggettivo, ovvero l’effettiva ed attuale destinazione del bene all’uso pubblico.

Sul punto la Corte di Cassazione  a Sezioni Unite nella Sentenza n. 14865/2006 ha affermato che “Al riguardo devesi, infatti, ribadire che, onde un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 826 c.c., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo ed oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio (Cass., Sez. Un., 27 novembre 2002, n. 16831; Cass., Sez. Un., 15 luglio 1999, n. 391) , per cui non è sufficiente la semplice previsione dello strumento urbanistico circa la destinazione di un’area alla realizzazione di una finalità di interesse pubblico”.

Secondo tale orientamento, ai fini della qualificazione di un bene come appartenente al patrimonio indisponibile, occorre che il bene effettivamente e concretamente sia destinato al pubblico servizio, non bastando un semplice progetto di utilizzazione, rappresentativo di una volontà inattuata, ancorché espressa in un atto amministrativo, poiché questa non incide sulle caratteristiche oggettive del bene.

3) La decisione della Corte di Cassazione.

La Corte ha ritenuto fondati i motivi del ricorso, rilevando l’assenza dei requisiti necessari per l’identificazione del bene come facente parte del patrimonio indisponibile, ed in particolare l’elemento soggettivo; infatti: “Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, “affinché un bene non appartenente al demanio necessario possa rivestire il carattere pubblico proprio dei beni patrimoniali indisponibili in quanto destinati ad un pubblico servizio, ai sensi dell’art. 826 c.c., comma 3, deve sussistere il doppio requisito (soggettivo e oggettivo) della manifestazione di volontà dell’ente titolare del diritto reale pubblico (e, perciò, un atto amministrativo da cui risulti la specifica volontà dell’ente di destinare quel determinato bene ad un pubblico servizio) e dell’effettiva ed attuale destinazione del bene al pubblico servizio” (Cass., Sez. Un., del 28/06/2006, n. 14865; Cass., Sez. 2, 13/3/2007, n. 5867; Cass., Sez. 2, 9/6/2023, n. 17427), la cui mancanza deve essere desunta dalla decorrenza, rispetto all’adozione dell’atto amministrativo, di un periodo di tempo tale da non essere compatibile con l’utilizzazione in concreto del bene a fini di pubblica utilità (Cass., Sez. 2, 26/11/2020, n. 26990; Cass., Sez. Un., 16/12/2009, n. 26402), senza che rilevi l’appartenenza del bene a un ente pubblico economico, poiché sull’elemento soggettivo prevale quello oggettivo della destinazione concreta del bene al pubblico servizio (Cass., Sez. 3, 22/6/2004, n. 11608)”.

Ai fini della qualificazione di un bene come appartenente al patrimonio indisponibile “non è sufficiente la semplice previsione dello strumento urbanistico circa la destinazione di un’area alla realizzazione di una finalità di interesse pubblico (Cass., Sez. U., 28/06/2006, n. 14865 ), atteso che l’appartenenza di un bene alla categoria dei beni del patrimonio indisponibile, in quanto destinati ad un pubblico servizio, deve necessariamente riferirsi ad una concreta ed effettiva utilizzazione del bene e non ad un mero progetto di utilizzazione, che di per sé esprime solo una intenzione, la quale, ancorché espressa in un atto amministrativo, non incide, di per sé, sulle oggettive caratteristiche del bene”.

Per la Corte la verifica sull’effettiva utilizzazione del bene per pubblico interesse non è stata effettuata dai Giudici di merito che hanno desunto il vincolo pubblicistico ed attribuito la natura di bene patrimoniale indisponibile (dunque non usucapibile) “dalla sua ricomprensione nel piano paesaggistico di (Omissis), quale atto idoneo ad esprimere la volontà dell’ente, e dalla gestione comune del Comune di (Omissis) e del Comune di (Omissis) in funzione di pubblico interesse, omettendo di verificare in via di fatto se tale destinazione – peraltro in sé non indicativa di un’effettiva volontà in tal senso, stante l’assenza di disposizioni normative al riguardo nel D.M. di seguito indicato – avesse avuto materiale esecuzione”.

Per il Collegio a nulla rileva, ai fini del perfezionamento dei requisiti ad usucapionem, il fatto che l’immobile sia stato edificato senza il permesso di costruire poiché tale vizio ha rilevanza solo sul piano pubblicistico, inficiando unicamente il rapporto tra l’Amministrazione ed il privato.

La Corte, inoltre, non discostandosi dall’orientamento prevalente, introduce un ulteriore aspetto: “Né può darsi rilievo al vincolo di inedificabilità del fondo e alla illiceità della costruzione ivi realizzata, come evidenziato dal controricorrente, dovendosi confermare il principio secondo cui il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem”.

La Corte di Cassazione, dunque, ritenendo fondate le censure del ricorrente relative al mancato accertamento da parte dei Giudici di merito dell’effettiva destinazione pubblica del bene, ha accolto il ricorso e cassato la pronuncia con rinvio alla Corte d’Appello competente.

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1] Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia, e le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.
[2]I beni appartenenti allo Stato, alle Province e ai Comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e le torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d’interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico ed artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra.
Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle Province e dei Comuni secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.
[3]Cfr. Corte di Cassazione, Ord. n. 28481/2023.

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