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USUCAPIBILITA’ DELLA SERVITU’ DI MANTENIMENTO DI UNA COSTRUZIONE A DISTANZA ILLEGALE Corte di Cassazione, Sezione Seconda Civile, Ordinanza n. 25843 del 05.09.2023.

 

Con Ordinanza n. 25843 del 05.09.2023 la Sezione Seconda della Corte di Cassazione si è espressa circa la possibilità di acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore rispetto a quella dettata dal Codice Civile e dalle norme urbanistiche, anche nell’ipotesi in cui la costruzione sia abusiva.

La disciplina delle distanze legali

Ai sensi dell’art. 873 c.c. “Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri.

Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.

Il Legislatore ha così fissato una regola generale, imponendo una distanza minima di tre metri tra gli edifici finitimi.

Per fondi finitimi si intendono quei fondi che hanno in comune in tutto o in parte la linea di confine, cioè quelli che sono caratterizzati da continuità fisica e materiale per contatto reciproco lungo una comune linea di demarcazione.

Ratio della disposizione è quella di impedire strette ed insalubri intercapedini tra gli edifici privati, che, oltre ad ostacolare il godimento della luce e dell’aria, possono favorire anche il verificarsi di eventi sinistri quali furti o incendi. La norma tutela sia gli interessi generali sia quelli dei proprietari privati e persegue, altresì, finalità urbanistiche, garantendo una razionale organizzazione degli agglomerati urbani e l’equilibrata composizione spaziale – urbanistica.

Il secondo comma dell’art. 873 c.c. attribuisce carattere integrativo/derogatorio ai regolamenti locali.

I regolamenti edilizi locali sono atti di normazione secondaria ed hanno una efficacia integrativa della norma primaria.

Il Testo Unico delle disposizioni in materia edilizia (D.P.R. n.380 del 2001) prevede all’articolo 2, quarto comma, che i Comuni nell’ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all’art. 3 del TUEL, possano disciplinare l’attività edilizia[1].

Il regolamento edilizio contiene la disciplina delle modalità costruttive con particolare riguardo al rispetto delle normative tecniche, estetiche, igienico – sanitarie, di sicurezza e vivibilità.

Le norme dei regolamenti edilizi che fissano distanze in deroga a quelle previste dalla normativa codicistica, stante il rinvio alle medesime contenuto nell’art. 873 c.c., hanno, pertanto, carattere integrativo.

La natura integrativa di tali norme non implica la sola deroga alle distanze minime legali ma si estende all’intero assetto ed impianto delle regole e dei principi che permeano la materia.

I regolamenti edilizi possono, dunque, derogare in melius le distanze legali, permettendo la costruzione di edifici a distanze maggiori da quelle previste dalla normativa codicistica.

Ai regolamenti edilizi è attribuito carattere cogente in quanto essi, pur costituendo fonte di diritti soggettivi privati, sono dettate a presidio di interessi urbanistici generali, non disponibili da parte dei soggetti privati: ad esempio, la fondamentale norma contenuta nell’art. 9 del D.M. n.1444 del 1968,disciplinante la distanza tra fabbricati ed edifici in termini pubblicistici, che, al fine di evitare la formazione di intercapedini dannose, prevede una distanza maggiore (dieci metri) tra edifici con pareti finestrate in deroga a quella prevista dall’art. 873 c.c..

I requisiti dell’usucapione

L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale a titolo originario che trova disciplina agli artt. 1158 e ss. c.c..

L’art. 1158 c.c. prevede che “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”.

L’usucapione risponde all’esigenza di eliminare le situazioni di incertezza circa l’appartenenza dei beni, in presenza di una consolidata situazione di fatto, qual è il possesso di un bene protratto per un certo tempo.

I requisiti dell’istituto sono i seguenti:

  1. il potere di fatto sulla cosa (corpus possessionis): ovvero l’elemento oggettivo del possesso caratterizzato dal potere di fatto sulla cosa e, quindi, la soggezione della cosa al soggetto e la corrispondente signoria del soggetto sulla cosa stessa;
  2. l’animus possidendi: l’animus rappresenta la componente soggettiva, intesa come intenzione di esercitare sulla cosa una signoria corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale;
  • il possesso pacifico, inequivoco, pubblico e continuato;
  1. il possesso ininterrotto nel tempo;
  2. la mancata rivendicazione del bene da parte del proprietario.

La possibilità di usucapire il diritto di servitù avente ad oggetto una distanza legale non è sempre stata pacifica. Infatti, parte della dottrina ha configurato tale diritto come un vero e proprio diritto reale di servitù, ammettendo, quindi, che le servitù siano suscettibili di possesso e della relativa tutela.

L’orientamento opposto, invece, ha ritenuto che le limitazioni legali alla proprietà non derivano da un autonomo diritto reale, ma sono connaturate alle facoltà inerenti al diritto di proprietà: negando, dunque, la configurabilità di un loro possesso, ed ammettendo, tuttavia, la tutela possessoria, poiché la loro violazione si traduce in una molestia per il possessore del fondo protetto.

Sul punto si è espressa la Corte di Cassazione che in diverse pronunce ha ammesso la possibilità di acquistare per usucapione una servitù relativa ad una distanza legale. [2]

L’Ordinanza n. 25843 del 05.09.2023 della Corte di Cassazione

La quaestio a fondamento del giudizio trae origine dalla richiesta da parte dei proprietari di un compendio immobiliare di accertare l’illegittimità della costruzione di un fabbricato realizzato dai proprietari del fondo confinante in violazione delle distanze legali.

Nel giudizio di prime cure, parte attrice, in particolare, ha eccepito, nonostante la regolarizzazione in via amministrativa delle opere mediante il rilascio di concessione in sanatoria da parte del Comune, la violazione delle distanze legali di cui al D.M. n. 1444 del 1968 e del PRG del Comune vigente all’epoca della costruzione.

Parte convenuta, per converso, ritenendo legittima la costruzione, ha eccepito l’intervenuta usucapione del diritto a conservare l’edificio a distanza inferiore a quella legale.

Il Tribunale ha accolto l’eccezione dei convenuti di intervenuta usucapione a mantenere il fabbricato a distanza inferiore da quella legale “ritenendo i limiti imposti dai piani regolatori e dagli strumenti urbanistici, richiamati dall’art. 873, comma 2, c.c., derogabili dai privati e, conseguentemente, usucapibile il diritto reale al mantenimento del fabbricato”.

La decisione del Giudice di primo grado è stata confermata anche nel giudizio d’appello.

È stato, dunque, proposto ricorso innanzi al Corte di Cassazione per violazione degli artt. 873, 1061 e 1158 c.c., nonché dell’art. 9 del D.M. n. 1444 del 1968.

La Corte di Cassazione, ritenendo infondati i motivi del gravame, ha affermato che “Come ricorda Cass. ord. n. 343/2023, seppur non è mancata qualche pronuncia che ha opinato in senso contrario (come Cass. n. 20769 del 2007), ormai da tempo, questa Corte costantemente afferma che, in materia di violazione delle distanze legali tra proprietà confinanti, deve ritenersi ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dalle norme del codice civile o da quelle dei regolamenti e degli strumenti urbanistici locali”.

La Corte di Cassazione, pertanto, ha ritenuto ammissibile la possibilità di usucapire il diritto a tenere ad una distanza inferiore da quella legalmente prevista un immobile, precisando che “L’usucapibilità del diritto a tenere un immobile a distanza inferiore da quella legale non equivale, in effetti, alla stipula pattizia di una deroga in tal senso perché risponde alla diversa e ulteriore esigenza di garantire la stabilità dei rapporti giuridici in relazione al decorso del tempo. Se dalla norma codicistica o da quella integrativa discende, come comunemente si afferma, il diritto soggettivo del vicino di pretendere che il confinante edifichi a distanza non inferiore a quella prevista, si deve, nondimeno, ammettere, ove anche si consideri vietata la deroga convenzionale, che l’avvenuta edificazione (con opere quindi permanenti e visibili), mantenuta con i requisiti di legge per oltre venti anni, dia luogo al verificarsi dell’usucapione, da parte del confinante, del diritto a mantenere l’immobile a distanza inferiore a quella legale: senza che ciò infici, naturalmente, le facoltà della pubblica amministrazione, restando, così, salva la disciplina pubblicistica e l’osservanza degli standard d i qualsivoglia natura che il legislatore o l’amministrazione abbiano fissato, anche alla stregua, eventualmente, di normativa di fonte sovranazionale”.

Per la Suprema Cortea nulla rileva il fatto che la costruzione sia abusiva poiché l’irregolarità edilizia non ha alcun riflesso sul piano civilistico, non ostando, pertanto, alla possibilità che si perfezionino i requisiti e termini necessari ai fini dell’usucapione.

Nella fattispecie la Corte, dunque, ha ritenuto ammissibile l’acquisto per usucapione della servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella prevista dalla normativa vigente, pronunciando la seguente massima: “Deve, in definitiva, ritenersi ammissibile l’acquisto per usucapione di una servitù avente ad oggetto il mantenimento di una costruzione a distanza inferiore a quella fissata dal codice civile o dai regolamenti e dagli strumenti urbanistici: e ciò vale anche nel caso in cui la costruzione sia abusiva, atteso che il difetto della concessione edilizia esaurisce la sua rilevanza nell’ambito del rapporto pubblicistico, senza incidere sui requisiti del possesso ad usucapionem”, confermando l’orientamento giurisprudenziale consolidato sul punto.[3]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1] I comuni, nell’ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l’attività edilizia.
[2]Sul punto si vedano: Corte Cass. 25863/2021; Corte Cass. n. 1395/2017; Corte Cass. n. 3979/2013; Corte Cass. n. 4240/2010.
[3]Sul punto Cass. n. 3979 del 2013; Cass. n. 1395 del 2017; Cass. n. 25863 del 2021.

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