E’ corretto l’operato di un’Amministrazione comunale che, assistita dallo Studio Legale Dal Piaz in un giudizio avanti il TAR Piemonte, ha disposto la reintegra di un terreno gravato da uso civico occupato senza titolo in base alla disciplina dettata da Legge Regionale e da altri provvedimenti emanati dall’Amministrazione regionale.
Il caso.
La vicenda giudiziaria trae origine dall’adozione di un provvedimento di reintegra di un terreno gravato da uso civico, adottato da un Comune nei confronti di una Società che lo possedeva senza titolo, a seguito dell’esito negativo del procedimento di conciliazione.
Avverso il suddetto provvedimento ha presentato ricorso al TAR Piemonte la Società che possedeva il terreno la quale, tra le altre censure, ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti della Legge Regionale, posto che in quest’ultima l’individuazione dei parametri da applicare per le conciliazioni stragiudiziali, poi pedissequamente osservati dal Comune, veniva rimessa ad un atto e ad un procedimento amministrativo.
Gli usi civici e la relativa disciplina.
L’uso civico è un diritto di godimento collettivo che si concreta, su beni immobili, in varie forme (caccia, pascolo, legnatico, semina), spettanti ai membri di una comunità, su terreni di proprietà pubblica o privata.
Tale figura giuridica discende prevalentemente dall’epoca medievale e da una tipologia di diritti finalizzati a garantire la sopravvivenza o il benessere di una specifica popolazione inclusa in un feudo, alla quale era consentito sfruttare in modo produttivo, ma molto limitato, aree circoscritte.
Durante il periodo fascista le servitù collettive gravanti sulle proprietà fondiarie (detti anche “usi civici”) erano viste con particolare sfavore, in quanto considerate un retaggio medioevale che ostacolava lo sviluppo dell’agricoltura moderna. Pertanto, il Legislatore dell’epoca ha inteso sciogliere tali situazioni promiscue mediante la liquidazione degli usi civici su terre private, intesa come divisione del fondo gravato dagli usi in due quote e nell’attribuire una quota in piena proprietà alla popolazione utente, lasciando l’altra parte libera dagli usi al proprietario, al fine di tutelarne la produttività e la libera circolazione; invece, era previsto il mantenimento degli usi civici gravanti sulle terre collettive adibite a bosco o destinate al pascolo.
A tal fine, è stata adottata la Legge n. 1766/1927, ancora vigente, recante la disciplina per la tutela degli usi civici, la risoluzione dei conflitti su di essi, sui demani comunali e sui domini collettivi, nonché la liquidazione degli usi civici su terre private e sulla destinazione delle terre di originaria appartenenza di comunità o pervenute a Comuni, Frazioni, associazioni in seguito ai vari procedimenti previsti dalla stessa normativa.
Per quanto d’interesse, la legittimazione, istituto disciplinato dagli artt. 9 e 10 della Legge, è volto a “sanare” la situazione antigiuridica derivante dall’occupazione di terre gravate da uso civico: pur costituendo una sorta di espropriazione di beni pubblici per un interesse privato a scapito dell’interesse pubblico, per di più compiuta a favore di chi abbia illegittimamente occupato terre del demanio civico, la legittimazione trova la sua ratio nell’esigenza di temperare il principio dell’inalienabilità e dell’imprescrittibilità dei terreni demaniali, che potrebbe produrre conseguenze inique “premiando” i coltivatori (o, comunque, i possessori) che hanno migliorato i fondi. Infatti, per poter procedere alla legittimazione dei terreni occupati sine titulo è necessario che l’occupatore abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie, che la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni e che l’occupazione duri almeno da dieci anni.
L’istituto della conciliazione in materia di usi civici, previsto dall’art. 29 della Legge n. 1766/1927, invece, è uno strumento di risoluzione in via extragiudiziale delle situazioni controverse in cui sorgono contestazioni riguardanti la natura giuridica dei terreni di uso civico e l’estensione dei relativi diritti di uso civico. L’esperimento del tentativo di conciliazione può essere attivato, su richiesta delle parti interessate, in ogni fase del procedimento di accertamento delle terre di uso civico. Nella maggior parte dei casi, lo strumento della conciliazione è adoperato per permettere una rapida soluzione di controversie riguardanti la reintegra ossia quando, nell’ambito del procedimento di accertamento della demanialità di un terreno occupato in assenza di titolo valido, non sussistendo le condizioni ex art. 9 Legge n. 1766/1927 per legittimare tale possesso, l’ente gestore del bene lo riacquista al patrimonio pubblico con provvedimento motivato (la reintegra) che può essere disposto “a qualunque epoca l’occupazione rimonti”.
Con la stessa Legge n. 1766/1927, inoltre, è stato istituito il Commissario liquidatore degli usi civici con poteri amministrativi e giurisdizionali: in origine tale organo aveva lo specifico compito di accertare la demanialità dei terreni, regolare la liquidazione degli usi civici, promuovere il procedimento di conciliazione, dirimere le controversie con sentenze in quanto magistrato con grado non inferiore a quello di Corte d’Appello.
Successivamente, è stato emanato il D.P.R. n. 616/1977, il cui art. 66 prevede che “Sono trasferite alle regioni tutte le funzioni amministrative relative alla liquidazione degli usi civici, allo scioglimento delle promiscuità, alla verifica delle occupazioni e alla destinazione delle terre di uso civico e delle terre provenienti da affrancazioni, ivi comprese le nomine di periti ed istruttori per il compimento delle operazioni relative e la determinazione delle loro competenze. Sono altresì trasferite le competenze attribuite al Ministero, ad altri organi periferici diversi dallo Stato, e al commissario per la liquidazione degli usi civici dalla legge 16 giugno 1972, n. 1766, dal regolamento approvato con regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, dalla legge 10 giugno 1930, n. 1078, dal regolamento approvato con regio decreto 15 novembre 1925, n. 2180, dalla legge 16 marzo 1931, n. 377”. Quindi, come ampiamente confermato dalla giurisprudenza[1], anche in assenza di specifica normativa regionale le funzioni amministrative del Commissario agli usi civici sono state trasferite in capo alle Regioni, tranne il solo potere giurisdizionale.
La Sentenza: TAR Piemonte, Sez. II, Sent. n. 1172/2022.
Nella Sentenza n. 1172/2022 del TAR Piemonte è stato precisato che l’esperimento del tentativo di conciliazione non rappresenta espressione di una specifica funzione da attribuire alla Regione o al Commissario, ma solo una modalità alternativa di svolgimento delle funzioni attribuite ai due plessi dell’ordinamento.
Pertanto, sia le Amministrazioni regionali che i Commissari liquidatori degli usi civici possono legittimamente gestire i procedimenti conciliativi che possono rivestire carattere negoziale/amministrativo oppure giudiziale, a seconda che abbiano rispettivamente ad oggetto l’accertamento, l’affrancazione, la reintegra degli usi civici oppure le funzioni giurisdizionali.
In ossequio alle proprie competenze amministrative e normative, dunque, nel caso di specie il TAR ha affermato che “la Regione ben può disciplinare i procedimenti conciliativi con la pienezza dei poteri che l’ordinamento costituzionale le riconosce. Il fatto che il procedimento conciliativo possa essere esperito anche nel contesto di un procedimento amministrativo e concludersi con provvedimenti amministrativi, pertanto, non ne snatura la funzione; né vengono minati il principio di ragionevolezza e coerenza dell’ordinamento (art. 3 Cost.) ed il diritto di difesa, risultando impregiudicate, avanti il giudice speciale, le prerogative di cui all’art. 29 della L. n. 1766/1927”.
Pertanto, il TAR ha statuito la correttezza dell’operato dell’Amministrazione comunale che aveva disposto la reintegra, in danno della Società ricorrente, di un terreno gravato da uso civico occupato senza titolo.
Studio Legale DAL PIAZ
[1]Cass. Civ., Sez. III, 24.02.2000 n. 2092; Corte Cost. 20.02.2007 n. 39.