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SEZIONI UNITE CORTE DI CASSAZIONE, ORDINANZA N. 14776 del 26.05.2023 – Partecipazione di soci privati al capitale sociale di Società in house providing

 

Il requisito del “controllo analogo” nelle Società in house providing

Come noto, la Società in house è una longa manus della pubblica amministrazione, con la conseguenza che essa non può ritenersi terza rispetto all’Amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’Amministrazione stessa (ex plurimis, Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 1/2008).

Pertanto, l’Amministrazione deve esercitare sulla Società in house un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e, quindi, incidere in modo determinante su relativi obiettivi e decisioni.

Attraverso il c.d. controllo analogo l’azionista pubblico svolge un’influenza dominante sulla Società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento (Cass. Civ., Sent. n. 7646/2023).

Con la recente Ordinanza n. 14776 in data 26.05.2023 la Suprema Corte si è pronunciata in merito alla permanenza del requisito del c.d. controllo analogo nell’ipotesi in cui la Società sia partecipata da soci privati (o, qualora, lo Statuto ne preveda l’eventuale partecipazione).

Il caso deciso dalle Sezioni Unite

Nel caso di specie, la Procura Regionale della Corte dei Conti ha convenuto in giudizio gli Amministratori di una Società di gestione del servizio di trasporto pubblico locale, chiedendone la condanna al risarcimento del danno erariale conseguente alla risoluzione anticipata di alcuni contratti di leasing.

La Sezione Giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti ha rilevato il proprio difetto di giurisdizione poiché lo Statuto della Società prevedeva la facoltà (ancorché non attuata nel caso in questione)di cedere azioni ordinarie a propri dipendenti, con la conseguenza che, vista la possibile presenza di soci privati nella compagine sociale, la Società non poteva essere considerata in house providing.

All’esito dell’appello promosso dalla Procura, la Terza Sezione Giurisdizionale Centrale d’appello della Corte dei Conti ha accolto l’impugnazione, ritenendo esistente la natura in house providing della Società, e quindi la giurisdizione contabile, poiché i) le azioni cedibili ai dipendenti erano prive del diritto di voto e ii) la cessione di azioni a titolo gratuito ai dipendenti a titolo di premio non era assimilabile ad una vendita di azioni a soci privati.

Gli ex Amministratori hanno promosso gravame avverso la predetta Sentenza e la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con Ordinanza n. 14776 del 26.05.2023, ha rigettato il ricorso.

In particolare, la Suprema Corte ha confermato che la Società doveva essere considerata in house poiché il Consiglio di Amministrazione non si era mai avvalso della facoltà statutaria di cedere azioni ai propri dipendenti e, comunque, la relativa clausola era stata modificata prima di trovare attuazione.

La Società, quindi, in concreto, non aveva mai perso la qualità di società in house.

Tale conclusione è confermata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che, con Sentenza in data 10.9.2009 (causa C-573/07), ha chiarito che “in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, in cui il capitale della società aggiudicataria è interamente pubblico e in cui non vi è alcun indizio concreto di una futura apertura del capitale di tale società ad investitori privati, la mera possibilità per i privati di partecipare al capitale di detta società non è sufficiente per concludere che la condizione relativa al controllo dell’autorità pubblica non è soddisfatta”.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha rilevato che l’appalto di servizi si considera in house anche quando al capitale dell’aggiudicatario partecipino soggetti privati, se non hanno diritti di veto o poteri di controllo, e che la circostanza che l’Amministrazione non possieda il 100% del capitale sociale della Società aggiudicataria del servizio di trasporto non esclude il c.d. controllo analogo dell’aggiudicante.

Dunque, la Suprema Corte ha concluso affermando che la natura di Società in house non è automaticamente esclusa dalla previsione statutaria della facoltà del Consiglio di Amministrazione di cedere azioni a soggetti privati, poiché l’esercizio di tale facoltà non avrebbe privato il socio pubblico del c.d. controllo analogo né avrebbe consentito ai soci privati poteri di controllo o di veto.

 

 

 

 

 

 

 

 

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