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RESPONSABILITA’PROFESSIONALE, ASSICURAZIONE E RIMBORSO DELLE SPESE DI LITE
Cassazione Civile, Sez. III, Sentenza n. 29926 del 13.10.2022

 

Con la recentissima Sentenza n. 29926 del 13.10.2022 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di assicurazione della responsabilità civile, chiarendo la portata dell’obbligo di refusione in capo all’assicuratore.

La normativa codicistica

Come noto, l’assicurazione della responsabilità civile, disciplinata dall’art. 1917 c.c., ha la funzione di mantenere indenne l’assicurato dall’obbligo di risarcire i danni subiti da un terzo in conseguenza di un suo comportamento illecito, contrattuale od extracontrattuale, o dei qualiegli sia dichiarato responsabile.

Naturalmente, l’obbligo dell’assicuratore non è illimitato, ma è contenuto nell’importo previsto contrattualmente (c.d. “massimale”[1]) e, inoltre, non è esteso ai danni derivanti da fatti dolosi.

Di particolare interesse è il comma 3 della norma in commento, che dispone quanto segue: “Le spese sostenute per resistere all’azione del danneggiato contro l’assicurato sono a carico dell’assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse”.

Tale disposizione è inderogabile ai sensi dell’art. 1932 c.c., con la conseguenza che la stessa non può essere limitata o esclusa se non in senso più favorevole all’assicurato. Sono nulle, pertanto, eventuali pattuizioni che escludano l’obbligazione dell’assicuratore a rifondere le spese di resistenza (in questo senso si richiama la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione n. 21220/2022, che ha precisato quanto segue: “una clausola contrattuale la quale subordini la rifusione delle spese di resistenza sostenute dall’assicurato al placet dell’assicuratore è una deroga in pejus all’art. 1917 c.c., comma 3, ed è affetta da nullità.La legge infatti non pone condizioni al diritto dell’assicurato di ottenere il rimborso delle suddette spese”).

Occorre quindi distinguere le spese sopportate per resistere alle pretese avversarie dalle spese giudiziali.

In particolare, le spese giudiziali (al cui pagamento l’assicurato viene condannato in favore del danneggiato vittorioso)costituiscono un accessorio dell’obbligazione risarcitoria e, ai sensi dell’art. 1917, gravano sull’assicuratore nei limiti in cui non comportino superamento del massimale di polizza (in questo senso: Cass. Civ., Sent. n. 10595/2018). La giurisprudenza tende ad escludere l’obbligo di rifusione quando l’assicurato abbia deliberatamente scelto di difendersi senza avere interesse a resistere all’avversa domanda o senza poter ricavare utilità dalla costituzione in giudizio (così Cass. Civ., Sent. n. 5479/2015), in forza dei principi di buona fede e correttezza che devono caratterizzare i comportamenti delle parti.

Invece, le spese sostenute per resistere alle pretese ex adverso avanzate sonoa carico dell’assicuratore anche oltre il limite del “massimale”, purché entro il quarto della somma assicurata. Esse costituiscono “spese di salvataggio” ai sensi dell’art. 1914 c.c. e sono soggette alla regola che ne subordina la rimborsabilità al fatto che non siano state sostenute avventatamente. Invero, l’art. 1914 c.c., comma 2, dispone espressamente che: “le spese fatte a questo scopo dall’assicurato sono a carico dell’assicuratore, in proporzione del valore assicurato rispetto a quello che la cosa aveva nel tempo del sinistro [1907], anche se il loro ammontare, unitamente a quello del danno, supera la somma assicurata, e anche se non si è raggiunto lo scopo, salvo che l’assicuratore provi che le spese sono state fatte inconsideratamente”.

In conclusione, il contratto di assicurazione pone a carico dell’assicuratore due distinte obbligazioni:l’una è volta a tenere indenne l’assicurato dalle richieste risarcitorie del terzo danneggiato; l’altra, non derogabile, è voltaalla refusione delle spese sostenute per difendersi da tali pretese.

Qualora l’assicurato abbia scelto di stipulare una polizza comprendente sia il rischio di responsabilità civilesia quello di tutela legale (c.d. polizza “multirischio”), le spese sostenute per resistere alla domanda risarcitoria proposta dal terzo danneggiato rientrano nella prima copertura e non nella seconda, fino al limite del 25% del massimale, ai sensi del ricordato art. 1917, comma 3, c.c.. Invece, l’assicurazione per la tutela legale è volta a coprire le restanti spese, ossia, e ad esempio, quelle sostenute per introdurre una lite nella veste di attore e le spese stragiudiziali[2].

Il caso di specie

La Corte d’Appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato una compagnia assicurativa a tenere indenne un odontoiatra – in forza di un contratto di assicurazione della responsabilità civile tra di essi intercorso – di quanto quest’ultimo era stato condannato a versare ad una paziente a titolo di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di erronee cure odontoiatriche, nonché a rifondere il 50% delle spese di lite liquidate dal Tribunale oltre al 50% delle spese di CTU e di CTP.

Giova premettere che l’odontoiatra, dopo aver ricevuto l’atto di citazione in giudizio da parte della paziente,aveva richiesto alla compagnia “di essere difeso, ricevendo un rifiuto stante il presunto conflitto di interessi”.Solo successivamente, la compagnia si era determinata volontariamente ad intervenire in giudizio, confermando l’operatività della polizza ed offrendo la difesa della lite con un avvocato dalla medesima indicato.

Secondo la ricostruzione della Corte d’Appello, la scelta del medico di avvalersi di altro avvocato avrebbe configurato la violazione dell’obbligo di buona fede o correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c.; inoltre, l’art. 1917, comma 3, c.c. sarebbe stato solo “parzialmente operante”, in quanto“la causa non riguarda solo il danno coperto dall’assicurazione per capitale e per spese, ma anche la restituzione delle somme versate a titolo di compenso per le prestazioni professionali”, non ricomprese nella copertura assicurativa.

Avverso tale pronuncial’odontoiatra ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, in particolare, “l’erronea decurtazione al 50% dei costi da lui sostenuti nel processo per retribuire la parte vittoriosa delle sue spese processuali… essendo evidente che l’art. 1917 c.c., comma 1, non consentisse affatto una tal ripartizione” in quanto “il fatto… che alcune somme richieste dal danneggiato non fossero fisiologicamente in copertura[…]non autorizzava in alcuna maniera il giudice a ritenere possibile una ripartizione delle spese di soccombenza (quelle cioè di cui all’art. 91 c.p.c.) in proporzione ai diversi interessi in gioco tra assicurato ed assicuratore”.

La Suprema Corte, con la Sentenza n. 29926 del 13.10.2022, esclusa la violazione dell’obbligo di buona fede o correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c., ha ritenuto fondato il motivo di ricorsoribadendo il seguente importante principio di diritto[3]: l’assicuratore della responsabilità civile è tenuto, secondo l’impegno contrattualmente assunto o comunque nei limiti di cui all’art. 1917, comma 3, c.c., a rimborsare le spese di lite sostenute dall’assicurato “anche allorquando non abbia aderito alle ragioni di quest’ultimo e la presenza in giudizio in proprio del medesimo assicurato non sia dipesa dalla posizione difensiva dell’assicurazione, ma dalle richieste del danneggiato”.

Inoltre,secondo la Corte non è mai possibile equipararel’ammontare delle spese di soccombenza alla (stessa) misura delle spese di resistenza:il limite per la refusione delle spese di soccombenza è costituito dal massimale di polizza, mentre le spese di resistenza possono essere oggetto di refusione anche in misura superiore, in base ai criteri sopra illustrati.

In conclusione, l’obbligo di refusione sorge oggettivamente per la sola circostanza che l’assicurato sia stato costretto ad agire o a difendersi in una controversia che abbia causa in situazioni rientranti nella garanzia assicurativa, a nulla rilevando la posizione assunta dalla compagnia assicurativa.

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]a sua volta determinato in funzione dell’entità del rischio e dell’ammontare del premio pagato.
[2]Così, Cass. Civ., Sent. n. 3011/2021.
[3]già pronunciato con laprecedente Sentenza n. 8896/2020.

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