Con la Deliberazione n. 77/2023/PASP, la Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana, traccia una prima “road map” per i Comuni che intendono costituire una Comunità di Energia Rinnovabile (C.E.R.) sotto forma di società pubblica o partecipata, ovvero acquistare quote di società già costituite.
La pronuncia prende in esame, nello specifico, la Deliberazione n. 5 in data 26.01.2023 avente ad oggetto la costituzione della nuova società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO SCARL”, adottata dal Consiglio comunale di Montevarchi e trasmessa alla Corte nel rispetto di quanto disposto dall’art. 5, comma 3, D. Lgs. n. 175/2016 (T.U.S.P.), unitamente alla bozza di Statuto e dell’Atto costitutivo.
In dettaglio, l’Ente ha deliberato: “… 1) DI COSTITUIRE, nel Comune di Montevarchi, la nuova società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl”, ai sensi dell’articolo 2615-ter e dell’articolo 2462 c.c., per le finalità di cui all’art. 31 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 ed in particolare per raggiungere l’obiettivo principale di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari; 2) DI APPROVARE lo Statuto e l’Atto costitutivo della “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl (omissis). 3) di PRENDERE ATTO che soci fondatori della società consortile a responsabilità limitata denominata “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl” risultano essere l’Amministrazione comunale di Montevarchi e la Società Concessionaria – come risultante dall’aggiudicazione definitiva efficace della procedura di gara di evidenza pubblica – che sottoscriveranno l’atto costitutivo ed avranno la proprietà dell’impianto di produzione di energia rinnovabile messo nella disponibilità della Comunità Energetica. 4) DI DEMANDARE al Sindaco del Comune di Montevarchi, quale socio fondatore la sottoscrizione dell’Atto costitutivo della Società consortile “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl. 5) DI PRENDERE ATTO che il capitale sociale della Società consortile “COMUNITÀ ENERGETICA DI MONTEVARCHI – VALDARNO Scarl è di euro 10.000 (diecimila) integralmente versato all’atto della costituzione dai Soci Fondatori (omissis)” (così Deliberazione del Consiglio comunale n. 5/2023).
L’esito della disamina, di ben quaranta pagine, è risultato “parzialmente negativo” rispetto all’adeguatezza delle motivazioni offerte dalla Deliberazione al vaglio dei magistrati contabili, pur assumendo particolare valore quale riferimento da seguire per future iniziative con le medesime finalità.
In particolare, la Corte, pur riconoscendo l’indiscutibile meritevolezza delle finalità generali cui le Comunità Energetiche sono volte, ha ritenuto che le stesse non possono essere considerate di per sé sufficienti “a suffragare le ragioni fondanti la costituzione della società in esame; difatti, nell’esercizio della funzione di controllo sull’atto deliberativo de quo viene in rilievo non la scelta in sé dell’Ente di partecipare ad una comunità energetica rinnovabile, quanto la decisione di conseguire tale obiettivo mediante il ricorso ad un modulo organizzativo di tipo societario”.
I rilievi sollevati nei confronti della Deliberazione del Comune di Montevarchi si sono concentrati, in particolare, sui seguenti punti:
- non essendo rinvenibile, nella legislazione europea e nazionale, alcuna disposizione che imponga l’adozione della forma societaria per le Comunità Energetiche, ovvero che esoneri l’Amministrazione procedente dall’onere motivazionale rafforzato di cui agli artt. 5, comma 1 e 4,T.U.S.P.,l’Ente avrebbe dovuto fondare la propria scelta di costituire una Comunità Energetica in forma di società consortile a r.l. “su un analitico scrutinio di coerenza della partecipazione con le proprie finalità istituzionali e sulla necessità del ricorso al modulo societario per il loro perseguimento”, evidenziando, altresì, le ragioni giustificative anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria;
- l’atto deliberativo avrebbe dovuto offrire idonee motivazioni per ciascuno dei parametri giuridici ed economico-finanziari ex art. 5, comma 1, T.U.S.P. ed in relazione alle caratteristiche proprie delle Comunità Energetiche rinnovabili (es.: natura di soggetto autonomo, libertà delle forme, partecipazione aperta e volontaria, ecc.);
- l’oggetto sociale della costituenda società contempla “lo svolgimento anche di attività non immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali di un ente comunale” (ad esempio, attività di ricerca); conseguentemente solo alcune attività della C.E.R. sono state ritenute ricollegabili alle funzioni comunali;
- è stata rilevata l’assenza integrale di un business plan(o di altra documentazione similare) sulla specifica vicenda di costituzione della C.E.R., con conseguente impossibilità della Corte di compiere qualsiasi valutazione circa la ragionevolezza, la completezza e l’attendibilità dell’operazione, sotto il profilo della sostenibilità finanziaria oggettiva e soggettiva dell’operazione.
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Pertanto, è opportuno ripercorrere le diverse fasi normative e procedimentali previste dal T.U.S.P., e richiamate dalla Corte, per la costituzione di nuovi soggetti societari da parte delle Amministrazioni Pubbliche, da applicarsi anche in caso di istituzione e gestione delle Comunità Energetiche Rinnovabili.
Il procedimento innanzi alla Corte dei Conti trova la propria disciplina nell’art. 5 del D. Lgs. n. 175/2016, come recentemente modificato dall’art. 11, comma 1, lett. a), L. n. 118/2022 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza), secondo cui l’atto deliberativo di costituzione di una società o di acquisizione di una partecipazione (diretta o indiretta) in una società già costituita deve essere trasmesso dall’Amministrazione Pubblica all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che può esercitare i poteri attribuiti dall’articolo 21-bis della Legge 10 ottobre 1990 n. 287, ed alla Corte dei Conti, che deve deliberare, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto a quanto disposto dai commi 1 e 2 del medesimo art. 5, nonché dagli artt. 4, 7 e 8, con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria ed alla compatibilità della scelta pubblica con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.
Il vaglio della magistratura contabile è stato introdotto, in particolare, per soddisfare l’esigenza di “sottoporre a scrutinio i presupposti giuridici ed economici della scelta dell’amministrazione, prima che la stessa venga attuata mediante gli strumenti del diritto privato; ciò in ragione delle rilevanti conseguenze che la nascita di un nuovo soggetto societario o l’intervento pubblico in una realtà già esistente determina sotto molteplici profili” (Deliberazione n. 16/SSRRCO/QMIG/22).
Ai sensi dell’art. 5, commi 1 e 2, T.U.S.P., in particolare, la Corte dei Conti è tenuta a verificare che il provvedimento adottato dall’Amministrazione contenga un’analitica motivazione con riferimento ai seguenti presupposti:
- la necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali (cfr. art. 4 T.U.S.P.);
- le ragioni e le finalità che giustificano la scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché della gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato;
- la compatibilità con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa;
- l’assenza di contrasto con le norme dei Trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.
Inoltre, la magistratura contabile deve valutare che l’atto deliberativo sia stato adottato con le modalità e i contenuti prescritti dagli artt. 7 e 8 del T.U.S.P.
Trattandosi di un parere obbligatorio ma non vincolante, in caso di mancato pronunciamento della Corte entro sessanta giorni l’Amministrazione può procedere alla costituzione o all’acquisizione della società, mentre, in caso di parere in tutto o in parte negativo, ove scelga comunque di procedere, l’Amministrazione è tenuta a rispettare l’onere di motivare analiticamente le ragioni per le quali intende discostarsi dal parere negativo della magistratura contabile e di dare pubblicità, nel proprio sito internet istituzionale, a tali motivazioni.
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1.L’approvazione della deliberazione consiliare. Accertamenti preliminari.
1.1. La consultazione pubblica sullo schema di atto deliberativo e la compatibilità dell’intervento con le norme dei Trattati europei (art. 5, commi 1 e 2, T.U.S.P.).
Nel caso di specie, il vaglio della Corte dei Conti si è concentrato, in via preliminare, sulla valutazione delle modalità seguite dal comune per l’approvazione della Deliberazione consiliare di costituzione della nuova Società, con particolare riferimento a quanto previsto dall’art. 5, comma 2, seconda parte, del T.U.S.P. secondo cui “Gli enti locali sottopongono lo schema di atto deliberativo a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate”.
Sul punto, la Corte ha precisato che oggetto di valutazione non può essere la semplice “conoscibilità” da parte della cittadinanza del progetto di costituzione di una Comunità Energetica sul territorio comunale (che il Comune ha realizzato mediante la pubblicazione di articoli sulla stampa locale e nazionale e la condivisione sui canali social), quanto l’espletamento della consultazione pubblica su uno specifico atto individuato dal legislatore, ossia lo schema di atto deliberativo di costituzione della società.
Tale previsione è in linea, secondo i magistrati toscani, con la tendenza legislativa (anche europea) di introdurre – per progetti aventi un potenziale impatto sulle comunità amministrate – momenti istituzionalizzati di confronto, dando maggiore effettività al coinvolgimento dei cittadini e dei portatori di interessi rispetto alla realizzazione dello specifico intervento pubblico.
Le modalità attraverso le quali la consultazione pubblica deve avvenire possono essere stabilite a livello nazionale, demandando ad una specifica Autorità/Ministero il compito di adottarle (vedi, ad esempio, il dibattito pubblico ex art. 22 del D. Lgs. n. 50/2016), ovvero rimesse all’autonomia organizzativa e regolamentare degli enti (come in questo caso).
Il Comune, dunque, avrebbe dovuto attivare, con modalità dallo stesso liberamente individuate, forme di consultazione della comunità amministrata sullo schema di atto deliberativo e avrebbe, quindi, dovuto darne piena conoscenza al Consiglio Comunale ed alla Giunta per le valutazioni conseguenti, nonché ai cittadini mediante pubblici avvisi.
Il secondo profilo richiamato dalla Corte dei Conti, con riferimento agli accertamenti prodromici all’approvazione della Deliberazione consiliare in esame, è riferito al rispetto della disciplina prevista dall’art. 5, comma 2, prima parte, del T.U.S.P. secondo cui: “L’atto deliberativo di cui al comma 1 dà atto della compatibilità dell’intervento finanziario previsto con le norme dei trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese”.
Per l’effetto, la valutazione dell’Amministrazione in merito alla compatibilità dell’intervento con le norme dei Trattati europei e, in particolare, con la disciplina europea in materia di aiuti di Stato alle imprese (artt. 107 e 108 TFUE) avrebbe dovuto essere supportata da un’adeguata attività istruttoria, “tesa ad evidenziare l’assenza di potenziali rischi di lesione della concorrenza che il legislatore intende presidiare” (cfr., ad esempio, Corte Cost.n. 142/2018).
1.2. L’accertamento della necessità del ricorso alla forma societaria per il perseguimento delle finalità istituzionali (artt. 4 e 5 T.U.S.P.).
Ai sensi dell’art. 5, comma 1, T.U.S.P. l’atto deliberativo di costituzione di una società ovvero di acquisto di partecipazioni, anche indirette, in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società di perseguire le finalità istituzionali di cui all’art. 4 T.U.S.P. evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta. Sul punto, la Corte Costituzionale nella sentenza n. 201/2022 ha chiarito che “tale articolata previsione, che impone all’ente di esporre – con un onere “rafforzato” di motivazione soggetto al sindacato giurisdizionale – le ragioni della partecipazione (anche minoritaria), è infatti indicativa di un’ulteriore «cautela verso la costituzione e l’acquisto di partecipazioni di società pubbliche»” (cfr. anche Corte Cost. n. 100/2020).
In particolare, l’art. 4, commi 1 e 2, T.U.S.P. stabilisce che le “amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”.
La norma statuisce, dunque, che la costituzione di società da parte di soggetti pubblici ovvero l’acquisizione o il mantenimento di partecipazioni societarie sia giustificabile solo se l’oggetto dell’attività sociale – la produzione di beni e servizi – è strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente.
A tale vincolo segue, poi, quello introdotto con l’art. 4, comma 2, secondo cui le società a costituzione e partecipazione pubblica possono svolgere «esclusivamente» le attività ivi espressamente indicate, ovvero: a) produzione di un servizio di interesse generale; b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra P.A.; c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica o di un servizio d’interesse generale, attraverso un contratto di partenariato; d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti, o allo svolgimento delle loro funzioni; e) servizi di committenza. A tali espresse finalità si aggiunge anche l’espressa ammissibilità di partecipazioni in società aventi per oggetto sociale prevalente la produzione di energia da fonti rinnovabili (art. 4, comma 7).
Quindi, ai fini dell’assolvimento dell’onere motivazionale di cui all’art. 5, comma 1, T.U.S.P., il Comune è tenuto, anzitutto, a valutare e motivare analiticamente la coerenza della partecipazione societaria con le proprie finalità istituzionali (c.d. “principio della funzionalizzazione”) oltre all’indispensabilità dello strumento societario per il conseguimento di tali fini.
La carenza di motivazione contestata, nel caso de quo, al Comune di Montevarchi riguarda la non rinvenibilità di una motivazione analitica riferita al perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’art. 4 T.U.S.P.
Invero, l’Ente si sarebbe limitato a richiamare gli obiettivi climatici ed energetici e la disciplina europea e nazionale (legislativa e amministrativa) di settore, affermando che “il ruolo delle amministrazioni locali assume estrema rilevanza all’interno delle CER, come punto di riferimento iniziale per la nascita della CER, per essere considerati enti aggregatori di tutta la comunità territoriale”, senza offrire, ad avviso dei magistrati contabili “alcun puntuale ancoraggio della decisione di costituire la società alle finalità enucleate nell’art. 4 del T.U.S.P.”.
Sul punto, la Corte ha riconosciuto che la partecipazione dei cittadini, degli operatori economici privati e delle autorità locali a progetti nell’ambito delle energie rinnovabili attraverso le Comunità Energetiche può comportare un notevole valore aggiunto in termini di diffusione di tali fonti di produzione a livello locale e di accesso a capitali privati aggiuntivi, con incremento degli investimenti sul territorio, delle possibilità di scelta per i consumatori, nonché di una maggiore partecipazione dei cittadini alla transizione energetica (cfr. anche il Considerando n. 70 della Direttiva (Ue) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio in data 11 dicembre 2018).
Ciononostante, i magistrati contabili hanno precisato che “le finalità meritorie, cui le comunità energetiche sono volte, non possono tuttavia ritenersi di per sé sufficienti a suffragare le ragioni relative alla costituzione della società in esame. A conforto di ciò milita, in primo luogo, il dato testuale: nessuna previsione della legislazione europea e nazionale, né il T.U.S.P. esonerano l’Amministrazione procedente dall’onere motivazionale rafforzato di cui all’art. 5, comma 1, e all’art. 4 T.U.S.P. Le valutazioni devono essere quindi condotte avendo riguardo allo specifico oggetto sociale della società costituenda e non al “modello astratto” di comunità energetica, coniato dal legislatore.”.
Inoltre, dalla disamina dello Statuto della società è stato rilevato che la C.E.R. Montevarchi – Valdarno S.c.a.r.l. avrebbe previsto lo svolgimento di attività ulteriori rispetto a quelle proprie delle Comunità Energetiche (“La Società consortile potrà svolgere anche le seguenti attività, sia direttamente che mediante terzi: la promozione e la collaborazione nell’ambito di attività di ricerca, anche in collaborazione con istituzioni scientifiche e accademiche, su tematiche coerenti con il proprio oggetto sociale; (omissis) il supporto alle attività di ricerca nel settore delle fonti energetiche rinnovabili, anche in collaborazione con enti e istituzioni pubblici e privati; la pianificazione territoriale per l’energia, anche a beneficio di altri enti territoriali, azioni per la promozione di politica energetica sui territori, messa in opera e assistenza di progetti pilota per la valorizzazione delle Fonti Energetiche Rinnovabili (F.E.R.)”. Veniva sottolineato altresì che l’assenza di una chiara distinzione tra le attività principali (o prevalenti) e quelle sussidiarie non consentiva di sussumere con un sufficiente grado di certezza l’operazione in una delle attività di cui all’art. 4 del T.U.S.P., richiamando, a titolo esemplificativo, alcune previsioni statutarie.”).
Sul punto, la Corte dei Conti chiarisce che, sebbene l’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 non richieda una “distinzione tra attività principali e sussidiarie”, il vaglio della stessa Corte deve essere finalizzato a ricostruire l’iter logico-motivazionale dell’Ente “ai fini della sussunzione dell’operazione societaria in una delle fattispecie normative di cui all’art. 4 del T.U.S.P, tra le quali figura anche quella di cui al comma 7, 2° parte. Quest’ultima fattispecie, però, si ritiene integrata solo qualora la produzione di energia da fonti rinnovabili costituisca l’oggetto sociale prevalente della società; da qui, l’importanza di comprendere se lo Statuto disponesse una gradazione della rilevanza delle attività in esso elencate”.
Per l’effetto, è stato rilevato che la produzione di energia da fonti rinnovabili – qualificata in giurisprudenza come attività d’interesse pubblico (cfr., Cons. St., sez. VI, n. 1201/2016; Cons. St., sez. IV, n. 2983/2021; Cons. St., sez. IV, n. 2242/2022) – la condivisione, l’accumulo e la vendita della stessa – purché avvenga nel rispetto dell’art. 31 del D. Lgs. n. 199/2021 – ed alcune attività connesse (quali: gestire i rapporti con il GSE; monitorare produzione e consumi dei propri soci con finalità di verifica e rendicontazione; accedere agli incentivi e ai rimborsi connessi alla condivisione dell’energia tra i soci) sono da ritenersi tendenzialmente in linea con le attività delle Comunità Energetiche ex art. 31 D. Lgs. n. 199/2021.
Invero, tali attività ben possono assolvere ad una finalità pubblica purché la motivazione dimostri “che si tratta di attività di produzione e fornitura di un bene (nel caso di specie, l’energia elettrica) che, in relazione al territorio di riferimento, non sarebbe svolta dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbe espletata a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, e che il Comune, nell’ambito delle competenze attribuite dalla legge (cfr. art. 3 e 13 del d.lgs. n. 267 del 2000), assume come necessaria per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento” (es. Corte dei Conti, Sez.Reg. di Controllo per la Lombardia, Deliberazione n. 201/2017/PAR).
A diversa conclusione è, invece, pervenuta la Corte con riguardo allo svolgimento delle attività di ricerca (e quelle ad essa connesse), previste dallo Statuto della C.E.R. Montevarchi – Valdarno S.c.a.r.l., poiché tali attività non risulterebbero immediatamente riconducibili alle finalità istituzionali di un Ente comunale.
Criticità sono emerse, in sede istruttoria, anche in ordine alla necessaria motivazione analitica circa l’infungibilità dello strumento societario e, in particolare, del tipo “società consortile a responsabilità limitata” rispetto ad altri moduli organizzativi previsti per Legge, oltre che sulla “partecipazione pulviscolare” da parte dell’Ente locale alla costituenda C.E.R., in quanto inidonea a consentire all’Ente di incidere sugli indirizzi gestionali, con conseguenti dubbi sulla compatibilità di tali partecipazioni con l’impianto del D. Lgs. n. 175/2016 in termini di stretta necessità del modulo societario.
La complessità della scelta di una forma giuridica coerente con le finalità di Comunità Energetiche caratterizzate dalla partecipazione di Enti locali è certamente aggravata dal quadro regolamentare di riferimento, caratterizzato dalla sovrapposizione di una pluralità di disposizioni legislative di cui alcune riferibili alle caratteristiche proprie del modello astratto “Comunità Energetiche Rinnovabili”, altre di portata generale prescritte dal T.U.S.P., ma tutte cogenti per le Amministrazioni procedenti non essendo previsto alcun regime derogatorio delineato dal legislatore.
In particolare, nel caso de quo è stato rilevato che il Comune si sarebbe limitato a ritenere che “la forma associativa società consortile a responsabilità limitata Scarl sia lo strumento idoneo a rispondere alla duplice esigenza di unitarietà d’azione fra soci e miglior coordinamento e sinergia nelle attività di indirizzo e controllo, nonché di agevolare il reperimento di risorse finanziarie senza gravare sulla finanza pubblica”.
Secondo i magistrati, tuttavia, l’esigenza di garantire (e motivare analiticamente) il rispetto della disciplina di settore in materia di C.E.R. (es. art. 31 D. Lgs. n. 199/2021) così come di quella generale in materia di società pubbliche (es.D. Lgs. n. 175/2016) rende necessario l’esperimento di una valutazione volta ad accertare se il modulo organizzativo societario sia il modello strettamente necessario per la Comunità Energetica (anche considerato il principio di neutralità della “forma” coniato dalla legislazione europea e replicato in quella nazionale),e quindi ad individuare il “tipo” societario – tra quelli consentiti dall’art. 3, comma 1, T.U.S.P. – più funzionale alle esigenze emergenti nel caso concreto (ossia, nella fattispecie, le caratteristiche proprie di una Comunità Energetica), in base alla normativa di settore (ad esempio, autonomo soggetto giuridico, principio di libera entrata e uscita dei membri della Comunità, ecc.).
Tali valutazioni dell’Ente, devono, inoltre, essere integralmente riportate nell’atto deliberativo, eventualmente anche attraverso la tecnica della motivazione per relationem.
1.3. La scelta della veste giuridica delle C.E.R. e le criticità della forma consortile prescelta dal Comune di Montevarchi.
Al fine di procedere alla necessaria valutazione circa l’indispensabilità della partecipazione societaria, la Corte dei Conti ha ritenuto opportuno muovere dalla considerazione che la disciplina europea, nazionale e regionale in materia non hanno indicato espressamente alcuna “veste giuridica” da attribuire alle C.E.R., lasciando così libertà di forme, ma determinando, al contempo, un onere di motivazione particolarmente stringente in capo alle Pubbliche Amministrazioni.
Secondo il Collegio, peraltro, la scelta adottata dal Comune di Montevarchi di ricorrere alla forma della Società consortile a responsabilità limitata (S.c.a.r.l.) solleverebbe vari dubbi di ammissibilità, proprio in considerazione delle caratteristiche strutturali tipiche del prototipo “Comunità Energetica Rinnovabile”.
Invero, i magistrati contabili hanno sottolineato le criticità della forma societaria consortile nel garantire la partecipazione libera e volontaria dei membri della comunità, considerato che ai sensi dell’art. 2615-ter c.c. tali forme societarie hanno, come scopo sociale, quello tipico del contratto di consorzio ex art. 2602 c.c. (es. l’istituzione di un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese) e che l’atto costitutivo può stabilire l’obbligo dei soci di versare contributi in denaro (cfr. art. 2615-ter, comma 2, c.c.).
Il Collegio ha osservato che le società consortili ex art. 2615 ter c.c., in forma di S.r.l. o di società azionaria, sono strutture societarie cd. “a capitale fisso”. In queste fattispecie, l’ingresso dei nuovi soci può avere luogo solo attraverso (i) il trasferimento della partecipazione già in circolazione in quanto detenuta da un socio, ovvero (ii) la delibera di aumento di capitale anche mediante offerta di quote di nuova emissione a terzi e sottoscrizione dello stesso (o di una parte) ad opera del nuovo socio, da liberarsi mediante conferimento in denaro o natura, con modifica dell’atto costitutivo. In tale ultimo caso e con specifico riguardo alla società a responsabilità limitata, l’ingresso di nuovi soci nella compagine sociale potrebbe trovare un ostacolo nell’esercizio, da parte di uno o più quotisti, del diritto di opzione (diritto di sottoscrizione) riconosciuto dall’art. 2481-bis c.c. a tutela del carattere personalistico della società a responsabilità limitata.
Le regole di “ingresso” di nuovi soci nella compagine sociale dettate per le società a capitale fisso non sembrano, dunque, per i magistrati contabili, idonee a garantire il principio della partecipazione aperta e volontaria prevista, nel quadro delineato dal legislatore nazionale ed europeo, per il modello delle C.E.R. concepite espressamente come “un’entità giuridica autonoma caratterizzata da un alto livello di fluidità in ingresso e uscita dei soci, con una significativa riduzione degli oneri amministrativi”.
Quindi, secondo la Corte, il Comune avrebbe dovuto effettuare un’analisi comparata con altri modelli organizzativi, potenzialmente più funzionali rispetto alle caratteristiche della costituenda Comunità Energetica. Al contrario, il Comune ha cercato di “piegare” la forma tipica della società cortile prescelta alla natura delle Comunità Energetiche, mediante l’introduzione di norme tipiche dei modelli propri delle società cd. a capitale variabile, quali le società cooperative che hanno scopo mutualistico. Per queste ultime, in particolare, l’art. 2528 c.c. disciplina le modalità d’ingresso dei nuovi soci, informandole al principio delle cd. “porte aperte”.
Nelle forme della cooperativa, invero, la mancanza di una determinazione fissa del capitale sociale consente l’ingresso di un nuovo socio nella compagine sociale senza dover procedere ad una modifica dell’atto costitutivo, essendo allo scopo sufficiente l’adozione di apposita deliberazione da parte degli amministratori, a seguito della domanda dell’interessato.
L’art. 2528 c.c., tuttavia, non può trovare applicazione alla società consortile ex art. 2615-ter c.c., che rinvia espressamente alla disciplina del tipo prescelto (S.r.l. o società azionaria). L’inserimento nello Statuto di clausole tipiche di differenti forme societarie, dunque, porta a “snaturare” i connotati fondamentali del tipo societario prescelto, rendendone dubbia la riconoscibilità rispetto al corrispondente modello legale.
Analoghe considerazioni sono state svolte dai magistrati contabili con riferimento alle previsioni statutarie che introducono un regime di responsabilità dei soci non in linea con la struttura del “tipo” prescelto, dotato di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale perfetta. Il riferimento è, in particolare, alla previsione statutaria secondo cui “Per le obbligazioni assunte dagli organi sociali per conto dei singoli soci, questi ultimi ne rispondono in proprio in via esclusiva”.
Da ultimo, il Collegio ha osservato che al Comune è stato riservato, a livello statutario, l’acquisto di una partecipazione “pulviscolare” nella C.E.R. Montevarchi-Valdarno S.c.a.r.l., posto che la società è sottoposta al controllo di diritto dell’altro socio Energy Montevarchi S.r.l. per il 99,99% delle quote.
Sebbene la titolarità di una simile partecipazione pulviscolare sia stata ritenuta ammissibile dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale(sul punto cfr. Corte Cost., sentenza n. 201/2022), la scelta impone di motivare in modo ancora più rigoroso la determinazione assunta dall’Ente, posto che l’esiguità della partecipazione renderebbe impossibile qualunque intervento concreto sulle decisioni della società ed una reale influenza per il conseguimento del c.d. fine pubblico; né potrebbe essere sanata, secondo la Corte, dalle previsioni statutarie che attribuiscono al Comune la designazione di due componenti del Consiglio di Amministrazione (Presidente e consigliere di amministrazione).
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2. I parametri “economici” del controllo ed il perimetro di sindacato della Corte dei Conti (art. 5, commi 1 e 3, T.U.S.P.).
Tra i profili di carattere economico-finanziario che, in base all’art. 5, commi 1 e 3, T.U.S.P. devono integrare il tessuto motivazionale degli atti in questione, un ruolo centrale è rivestito dai principi di sostenibilità finanziaria e convenienza economica, cui si collegano le valutazioni relative alle possibilità alternative della gestione diretta o esternalizzata e alla compatibilità della scelta comunale con i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa. Rispetto a tali requisiti l’Amministrazione è chiamata ad effettuare i necessari approfondimenti istruttori, che devono sorreggere la scelta e confluire nella motivazione analitica dell’atto deliberativo conclusivo.
Il Collegio ha rilevato che, in tali ambiti, l’Amministrazione esercita un potere caratterizzato da “discrezionalità tecnica”, essendo chiamata a fare applicazione di criteri, regole e canoni propri di conoscenze specialistiche diverse dalla scienza giuridica, richiamati in modo diretto dalle norme. Nel caso di specie, in particolare, è stato ritenuto necessario fare riferimento ai giudizi tecnici basati su competenze del settore aziendalistico e finanziario, caratterizzati da margini di opinabilità in quanto non suffragati da scienze esatte o da relazioni universalmente accettate.
Con particolare riguardo al sindacato della magistratura contabile sui parametri economici, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, nella Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “nell’esame previsto dall’art. 5, comma 3, del TUSP sui parametri della sostenibilità finanziaria e della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa, la competente Sezione della Corte dei conti verifica la completezza e l’adeguatezza degli approfondimenti condotti dall’amministrazione, anche in ragione della complessità dell’operazione sottoposta ad esame, nonché l’affidabilità e attendibilità delle stime effettuate, ai fini di una valutazione complessiva di coerenza, ragionevolezza e compatibilità delle conclusioni cui perviene l’amministrazione”.
2.1. Onere analitico di motivazione della sostenibilità finanziaria (art. 5, commi 1 e 3, TUSP).
Con riferimento al parametro della “sostenibilità finanziaria”, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno affermato che “il concetto di sostenibilità finanziaria assume una duplice accezione: una di tipo oggettivo, concernente le caratteristiche proprie dell’operazione di investimento societario che l’amministrazione intende effettuare; l’altra di carattere soggettivo, tesa a ponderarne gli effetti in relazione alla situazione finanziaria specifica dell’ente pubblico interessato”.
La sostenibilità finanziaria oggettiva si riferisce alla capacità della società di garantire, in via autonoma ed in un adeguato lasso temporale di previsione, l’equilibrio economico-finanziario attraverso l’esercizio delle attività che ne costituiscono l’oggetto sociale.
Tra gli strumenti cui l’Amministrazione pubblica, nell’ambito del proprio iter istruttorio, deve fare ricorso rientra, senza dubbio, la realizzazione di un approfondito business plan(o forme analoghe di analisi di fattibilità) dell’attività di impresa che si intende avviare o proseguire.
Nel documento devono essere riportati, in particolare, tutti gli elementi descrittivi dell’operazione societaria che si intende eseguire: nel caso di acquisto di partecipazioni, è necessario un quadro della società in cui si intende investire, con l’evoluzione operativa ed economica degli ultimi esercizi; nel caso di costituzione di nuova società, è richiesta la definizione delle linee generali del progetto, con particolare riferimento al contesto del mercato di riferimento in termini di domanda potenziale e di offerta già esistente, ed al posizionamento strategico che la società si prefigge di conseguire.
Le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno precisato che “tali elementi costituiscono le ipotesi di fondo sulla base delle quali devono essere sviluppate le previsioni finanziarie, sia di conto economico (quindi riportando le stime dei costi e dei ricavi) sia relative ai cash flow complessivi, ossia ai flussi finanziari derivanti dalle varie aree gestionali (attività operativa, attività di investimento e attività di finanziamento come definiti nel principio contabile OIC 10 “Rendiconto finanziario”). Parimenti, l’esercizio di previsione deve riguardare la situazione patrimoniale prospettica della società che ci si accinge a costituire o partecipare, delineandone l’evoluzione delle attività (liquide, correnti o immobilizzate) e delle relative fonti di finanziamento (passività e patrimonio netto)”.
Le previsioni dello studio di fattibilità devono essere accompagnate da apposite note esplicative che, nel rispetto dei principi di trasparenza e chiarezza, ne espongono le ipotesi di sviluppo. In particolare, la Corte ritiene che debba essere esplicitata la natura dei ricavi (es. se consistenti in trasferimenti pubblici o ricavi da prestazioni di beni e servizi) e la relativa struttura (es. le ipotesi circa la determinazione del fatturato in termini di volumi ed i prezzi dei prodotti/servizi resi) e descritta la composizione ed evoluzione dei costi, sia variabili sia fissi, con specifico riguardo a quelli strutturali, quali le esigenze di personale e gli oneri finanziari, anche al fine di mettere in luce il momento di pareggio aziendale (c.d. “break even point”) in cui il flusso atteso di ricavi sia in grado di garantire la copertura dei costi complessivi stimati.
Nella prospettiva della trasparenza e della semplificazione, le proiezioni economico-finanziarie del business plan possono essere, inoltre, accompagnate dall’elaborazione di alcuni indicatori di bilancio, idonei ad offrire informazioni sui principali aspetti gestionali, tra cui la redditività, la liquidità e l’indebitamento, oltre ad individuare i rischi principali legati all’iniziativa in grado di incidere sulle proiezioni finanziarie sviluppate.
La verifica realizzata dalla Corte dei Conti sul piano finanziario sviluppato dall’Amministrazione deve valutarne espressamente la completezza e l’adeguatezza di approfondimento.
Sul punto, le Sezioni Riunite in sede di Controllo, con Deliberazione n. 16/SSRRCO/2022/QMIG, hanno precisato che “il requisito della completezza implica la verifica che l’istruttoria condotta dall’amministrazione contenga tutti gli elementi informativi per la comprensione del progetto deliberato. Il parametro dell’adeguatezza, invece, si riferisce alla valutazione dell’intensità degli approfondimenti istruttori richiesti, da modularsi in chiave proporzionale rispetto al grado di complessità dell’operazione societaria deliberata. Ulteriori profili di scrutinio ad opera della competente sezione di controllo della Corte dei conti attengono all’affidabilità e attendibilità del Business Plan o di altra documentazione istruttoria relativa alla fattibilità economico-finanziaria dell’operazione. Il criterio dell’affidabilità attiene al 31 procedimento per la formulazione delle proiezioni del piano, sotto il profilo dei dati utilizzati e del metodo di elaborazione; quello dell’attendibilità, invece, postula una valutazione complessiva di coerenza, ragionevolezza e compatibilità delle conclusioni che l’amministrazione trae in merito alla sostenibilità finanziaria dell’operazione. Nel caso di acquisizione di partecipazioni in realtà societarie già esistenti, il giudizio di attendibilità dovrà altresì tenere in considerazione la coerenza delle previsioni formulate con i dati di bilancio disponibili per il passato”.
A partire dalla menzionata pronuncia, i magistrati contabili toscani hanno rilevato che il Comune di Montevarchi non sarebbe stato in grado di offrire alcuna documentazione finanziaria sulla fattibilità economica dell’operazione e, conseguentemente, hanno ritenuto che l’atto deliberativo fosse privo anche dei minimi elementi motivazionali circa la sostenibilità finanziaria dell’operazione di costituzione della Comunità Energetica.
Né è stato ritenuto possibile ovviare alla carenza delle predette valutazioni con il richiamo fatto dal Comune alla documentazione relativa alla procedura di affidamento mediante Partenariato Pubblico Privato ex art. 180 e ss. D. Lgs. n. 50/2016 disposta per “la realizzazione di impianti di produzione da fonti energetiche rinnovabili e di una comunità energetica rinnovabile nel Comune di Montevarchi” e, in particolare, alla Relazione al Piano Economico Finanziario (cd. PEF).
In tale documento, infatti, non è previsto alcuno studio di fattibilità specifico sulla costituzione della C.E.R. Montevarchi Valdarno S.c.a.r.l. né alcuna valutazione economica: i riferimenti alla Comunità Energetica sono stati effettuati solo da un punto di vista tecnico-operativo, prescindendo dalle specifiche caratteristiche economico-finanziarie della società.
Pertanto, il Collegio ha ritenuto opportuno porre l’attenzione degli operatori sull’imprescindibile rilevanza che lo studio di fattibilità assume, in quanto perno centrale di ogni valutazione sulla sostenibilità finanziaria di un’operazione societaria, e sulla necessità che lo stesso sia tale da consentire all’Amministrazione interessata di acquisire ogni elemento utile per l’assunzione di decisioni ben ponderate, anche in ordine al contesto del mercato di riferimento, in termini di domanda potenziale e di offerta già esistente, al posizionamento strategico che la società si prefigge di conseguire, ai “ricavi” e ai ”costi”; elementi che non possono essere sottovalutati anche al fine di garantire l’adeguata capitalizzazione della società, nel rispetto del dibattuto principio della “congruità del capitale sociale” per il conseguimento dell’oggetto sociale.
Invero, sebbene l’evoluzione giurisprudenziale e normativa abbiano progressivamente portato a ritenere che l’entità del capitale sociale iniziale non costituisca, di per sé, un indice decisivo per valutare la possibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, nel caso di società pubbliche – anche in considerazione dei peculiari regimi cui ogni finanziamento deve essere informato (es. disciplina in materia di aiuti di stato, divieto di soccorso finanziario, ecc.) -occorre ritenere che “un elemento da cui ex ante può desumersi un difetto di motivazione sotto il profilo della adeguata valutazione sulla sostenibilità finanziaria, è quello di una evidente sottocapitalizzazione della società che l’ente intende costituire. Una società c.d. sottocapitalizzata ha in sé il rischio che la stessa, per esercitare la sua attività d’impresa, dovrà ricorrere a indebitamento presso soggetti terzi che, a loro volta, erogheranno il finanziamento solo a fronte di rilascio di garanzie personali e/o reali da parte dell’Amministrazione socia” (cfr., Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia, Deliberazioni nn. 215/2022/PASP e 161/2022/PASP).
Sulla base delle menzionate considerazioni, dunque, la Corte dei Conti ha richiamato l’attenzione degli operatori sulla necessità di dare piena applicazione alla previsione dell’art. 5 T.U.S.P., ponendo alla base delle eventuali decisioni di acquisizione di partecipazioni o di costituzione di nuove società una robusta analisi economico-finanziaria sulla fattibilità dell’operazione.
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La sostenibilità finanziaria soggettiva dell’operazione di costituzione o di acquisto di partecipazioni societarie deve essere valutata con riguardo alla situazione specifica dell’Amministrazione procedente.
Nel caso de quo, in particolare, il Collegio ha rilevato che l’operazione prevista dal Comune produrrebbe un esborso esiguo a carico del bilancio dell’ente, posto che la partecipazione detenuta dallo stesso è stata quantificata nello 0,01 per cento. Ciononostante, i magistrati hanno ritenuto che l’istruttoria condotta dal Comune non consenta di escludere effetti finanziari indiretti per l’Ente, dovuti all’applicazione di alcune clausole statutarie non pienamente in linea con i principi di sana gestione finanziaria, tra cui – ad esempio – la possibilità prevista dallo Statuto che la società richieda ai propri soci contributi annuali, determinati dall’Assemblea dei Soci su proposta del Consiglio di Amministrazione.
Sebbene lo statuto preveda che per i soggetti pubblici tali contributi siano determinati nei limiti previsti dalla legge e dai rispettivi ordinamenti e bilanci, la Corte ha osservato che nel caso di società pubbliche tale clausola dovrebbe essere accompagnata dall’opportuna fissazione, da parte del socio pubblico, di preventivi limiti alla possibilità di una contribuzione in corso d’esercizio. Invero, tali contributi, seppur legittimi, potrebbero comportare un’ulteriore esposizione finanziaria dell’Ente socio e risultare potenzialmente elusivi del principio di divieto del c.d. “soccorso finanziario” di cui all’art. 14, comma 5, T.U.S.P.; inoltre se “l’entità del contributo non sia ancorata a criteri predeterminati, ma venga deliberata dall’Assemblea dei soci su proposta del Consiglio di Amministrazione(la stessa – n.d.r.) genera ulteriori incertezze sull’esposizione dell’Ente e potrebbe, in ultima istanza, alterare il principio dell’autonomia patrimoniale perfetta”.
Allo stesso modo, la Corte ha rilevato l’assenza di qualsiasi valutazione in ordine alla potenziale esposizione del socio (pubblico) in caso di perdita di esercizio che riduca il capitale sociale di oltre 1/3 ovvero in caso di perdite superiori al capitale sociale, nella parte in cui lo Statuto della C.E.R. prevede che al verificarsi di simili perdite vi provvedano “i due soci fondatori in maniera proporzionale alla propria quota di capitale sociale”.
Sebbene il Comune di Montevarchi detenga una partecipazione esigua, ad avviso della Corte l’inserimento di una simile clausola non sarebbe in linea con il principio del divieto di soccorso finanziario, posto che le operazioni di ricapitalizzazione per coprire perdite societarie strutturali potrebbero influire negativamente sui bilanci pubblici, compromettendone la sana gestione finanziaria, oltre che confliggere con le disposizioni dei Trattati europei (art. 106 TFUE) che escludono che soggetti operanti nel mercato comune possano beneficiare di diritti speciali o esclusivi, o comunque di privilegi in grado di alterare la concorrenza “nel mercato”.
2.2. Onere analitico di motivazione della convenienza economica e di compatibilità della scelta con i principi di efficienza, efficacia ed economicità.
La motivazione analitica dell’atto deliberativo deve offrire le ragioni di convenienza economica poste a fondamento della scelta di fare ricorso allo strumento societario, anche in ipotesi di costituzione di C.E.R., e deve essere idonea a spiegare sia la funzionalità della soluzione prescelta rispetto alle esigenze ed agli obiettivi dell’Amministrazione (efficacia) sia il corretto impiego delle risorse pubbliche (efficienza ed economicità).
Rispetto al principio dell’efficacia, in particolare, la motivazione deve rendere note le finalità perseguite mediante lo strumento societario, non solo sotto il profilo della redditività del capitale investito espressa nello studio di fattibilità ma anche con riguardo ai vantaggi conseguibili in termini di obiettivi di policy, “eventualmente sintetizzabili in indicatori di output e outcome”.
Per i profili di efficienza ed economicità, l’art. 5, comma 1, T.U.S.P. stabilisce espressamente che la valutazione realizzata dal Comune deve avere ad oggetto il confronto con altre soluzioni gestionali, come la gestione diretta o la completa esternalizzazione mediante affidamento del servizio, ove tali strade siano percorribili, anche mediante la comparazione tra i benefici ed i costi attualizzati delle singole soluzioni possibili.
Nella direzione della valutazione di convenienza economica, dunque, lo scrutinio dell’atto deliberativo deve essere finalizzato ad accertare che l’istruttoria dell’Amministrazione abbia confrontato i risultati economici prevedibilmente derivanti dalle varie forme di gestione possibili, tenendo conto della qualità del servizio erogato e del diverso grado di efficienza nello svolgimento attraverso l’uno o l’altro strumento, mediante un calcolo dettagliato dei costi e dei benefici di ciascuno di essi.
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Le valutazioni offerte dalla Corte dei Conti, Sez. Reg. di Controllo per la Toscana, nella Deliberazione n. 77/2023/PASP aprono, certamente, scenari non rassicuranti per gli operatori del settore e per tutte le Amministrazioni Pubbliche, in primis gli Enti locali, che intendano farsi promotori, in via diretta, della costituzione di nuove Comunità Energetiche.
Certamente, non può che ritenersi indispensabile un intervento legislativo finalizzato a chiarire gli spazi di intervento per le Amministrazioni e, ove la loro presenza all’interno delle forme societarie costituite per la gestione delle C.E.R., sia ritenuta auspicabile se non necessaria (come sembrerebbe desumersi dalle posizioni assunte dal legislatore nazionale ed europeo), potrebbe rendersi necessario un intervento normativo finalizzato ad alleggerire gli oneri motivazionali richiesti dal T.U.S.P. o, in ogni caso, ad offrire chiarimenti espressi in merito alla forma giuridica da ritenersi più congrua alle costituente Comunità Energetiche ed agli obiettivi pubblici da perseguire.
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