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PNRR E NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI:
ILLEGITTIMA LA LIMITAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ ERARIALE PER COLPA GRAVE

 

La Corte dei Conti, con il Contributo scritto n. 19 del febbraio 2023[1], ha espresso un giudizio complessivo sullo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari.

In particolare, la Corte ha evidenziato alcuni aspetti che caratterizzano, in maniera innovativa rispetto al passato, l’impianto normativo del testo di Decreto Legislativo: un maggiore sforzo nella direzione della semplificazione normativa (oggetto della Parte I del Codice), la centralità assunta dalla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti (cd. e-procurement cui è dedicata la Parte II del Libro I del Codice) ed il crescente interesse rivolto alla fase preliminare di programmazione dei lavori (rinvenibile nella Parte III del Codice ed in specifiche tipologie contrattuali).

E’ interessante constatare come tali disposizioni, che dirigono l’attenzione non solo sul “come” stipulare un contratto pubblico ma sul “perché” occorra addivenire alla realizzazione di un’opera ovvero all’acquisto di beni e servizi[2], rendano possibile una maggiore consapevolezza da parte delle amministrazioni in ordine a tempi e modi di spendita del denaro pubblico e concorrano, pertanto, alla trasparenza del mercato.

L’interesse pubblico primario del nuovo Codice è, invero, individuabile nel principio di risultato (articolo 1 del Codice), in base al quale, coerentemente con il principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost., la finalità principale che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono sempre assumere nell’esercizio delle loro attività consiste nell’affidamento del contratto e nella sua esecuzione con la massima tempestività ed il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

Secondo quanto efficacemente sottolineato nella Relazione illustrativa al Codice[3], fondamentale è il nesso tra “risultato”, inteso come fine, e “concorrenza”, intesa come metodo; l’obiettivo che l’Amministrazione in materia di appalti deve perseguire, nel contesto della legalità e della concorrenza, è la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività (coerentemente con il paradigma della cd. “amministrazione di risultato”). Soprattutto, il principio del risultato è valorizzato quale parametro per valutare responsabilità ed incentivi del personale pubblico. In questa logica, nella nuova previsione di cui all’articolo 1, comma 4, lett. a) del Codice il raggiungimento del risultato diviene elemento da valutare in sede di responsabilità (amministrativa e disciplinare), a favore del personale impiegato nei delicati compiti che vengono in rilievo nella “vita” del contratto pubblico: dalla programmazione fino alla sua completa esecuzione[4].

In forte connessione con il principio del risultato, per la sua “natura fondante” il nuovo Codice dei contratti pubblici, l’articolo 2 disciplina l’innovativo principio della fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle pubbliche amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici. Attraverso la codificazione di tale principio è stato sottolineato come il nuovo Codice intenda promuovere un segnale di cambiamento profondo rispetto al passato, in netta discontinuità rispetto alla logica della sfiducia connotante la cd. “burocrazia difensiva”, valorizzando lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici. A tal fine viene introdotta una “rete di protezione” rispetto all’alto rischio che accompagna l’operato degli amministratori pubblici, fermo restando che ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle rispettando la legalità formale e tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività[5].

Invero, come emblematicamente riportato dalla Corte dei Conti nel proprio contributo “nel sistema costituzionale non vi è potere senza responsabilità” (Cassazione, Sezioni Unite, n. 2370 del 25.01.2023)[6], ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale) presuppone la fiducia dell’ordinamento giuridico verso l’organo destinatario dell’attribuzione: “esplicitare a livello normativo questo presupposto costituzionale e giuridico promuove il senso di appartenenza all’Amministrazione dello Stato-comunità, scongiura l’inerzia, valorizza le capacità e orienta verso il rispetto della legalità sostanziale[7].

Fortemente correlata al principio della fiducia è la disciplina della colpa grave, quale elemento soggettivo, unitamente al dolo, della responsabilità erariale.

LA RESPONSABILITA’ ERARIALE PER COLPA GRAVE NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI

La responsabilità amministrativo-contabile (anche denominata responsabilità erariale[8]) è la responsabilità patrimoniale in cui incorrono i pubblici funzionari che, in presenza di un rapporto di impiego, per inosservanza dolosa o colposa degli obblighi di servizio, hanno causato un danno economico alla pubblica amministrazione[9].

Essa costituisce parte integrante di un sistema volto ad ottenere dai funzionari pubblici comportamenti coerenti con il buon andamento e, ora, con i fondamentali principi del risultato e della fiducia che connotano il nuovo Codice dei contratti pubblici.

In particolare, il comma 3 dell’articolo 2 del codice stabilisce che ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave:

  • la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi;
  • la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza;
  • e l’omissione di cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze ed in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento ad indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.

Secondo quanto riportato nella Relazione Illustrativa[10], la norma è stata ritenuta necessaria perché in passato il labile confine tra colpa lieve e colpa grave aveva generato incertezze interpretative, contribuendo a quella forma di “burocrazia difensiva” che il principio della fiducia si propone di superare. La disposizione in esame, in particolare, codifica il diritto vivente formatosi nell’ambito delle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti, che ha cercato di rivenire nelle condotte attive ed omissive del responsabile i tratti distintivi della gravità della colpa, aderendo ora ad un modello penalistico (per il quale è grave la condotta connotata dalla prevedibilità dell’evento dannoso e da un comportamento improntato alla massima negligenza e imprudenza), ora ad un modello civilistico (facente riferimento alla violazione dei doveri di comportamento che anche il tipo umano medio intende tali)[11].

La difficoltà di individuare criteri astratti ed univoci che consentano di definire la colpa grave, differenziandola dalla colpa lieve, si ritiene[12] sia dipesa dalla sua relatività, poiché la gravità o meno di una condotta non può mai prescindere dalla considerazione di una molteplicità di elementi, oggettivi e soggettivi, desumibili, volta per volta, dal caso concreto.

Alla luce di tale considerazione, è stato evidenziato[13] come la giurisprudenza contabile più evoluta sia attestata su una concezione essenzialmente normativa del giudizio in ordine alla sussistenza della colpa grave, che impone al Giudice una doppia valutazione. In primo luogo, occorre individuare il fondamento normativo della regola cautelare che esprime in termini di prevedibilità, prevenibilità ed evitabilità, la misura della condotta (diligente, perita e prudente) sulla quale il legislatore ha riposto affidamento per prevenire ed evitare il rischio di conseguenze negative per l’Erario. Successivamente, è necessario accertare il grado di esigibilità della condotta normativamente prevista in ragione delle condizioni concrete della gestione (cfr. Corte conti, Sez. II App., n. 662/2014).

Tali canoni sono stati dunque codificati nella disposizione di cui all’articolo 2, comma 3, dello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici. Inoltre, lo stesso comma 3 della norma in esame prevede espressamente che non costituisca mai colpa grave la violazione o l’omissione che sia stata determinata dal riferimento ad indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti (coerentemente con le previsioni di cui all’art. 69, comma 2, e dall’art. 95, comma 4, del codice di giustizia contabile).

Alla luce di tali considerazioni, secondo il giudizio espresso dalla Corte dei Conti, il nuovo Codice dei contratti pubblici sembra realizzare un “virtuoso” compromesso fra l’esigenza di ridurre le incertezze interpretative in materia e la necessità di un’impostazione coerente con l’istituto della responsabilità erariale, rispetto al quale permane in ogni caso “la assoluta necessità di valutare il grado della colpa sulla base del caso concreto, sia pure percorrendo l’iter argomentativo delineato dalla giurisprudenza e ripreso dalle disposizioni in esame”[14].

ILLEGITTIMITA’ DELLA LIMITAZIONE DELLA RESPONSABILITA’ ERARIALE CON ESCLUSIONE DELLA COLPA GRAVE

All’interno del Contributo scritto al nuovo Codice grande rilevanza rivestono le considerazioni espresse dalla Corte dei Conti su una scelta legislativa recente, costituita dalla disposizione transitoria di cui all’art. 21 del D.L. n. 76/2020 (convertito con modificazione nella L. n. 120/2020) che, sul fondamento dell’eccezionalità dell’emergenza sanitaria, ha circoscritto la responsabilità erariale ai soli casi di dolo, con esclusione della colpa grave, sia pure per i soli danni erariali cagionati da condotte attive.

In merito, è stato sottolineato come tale soluzione legislativa, parimenti contenuta nell’ambito di discipline connesse all’attuazione degli impegni assunti dal Governo Italiano con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), diversamente dalla previsione normativa dell’articolo 2 del Codice dei contratti pubblici, appaia priva di fondamento logico e giuridico ed illegittima sia sul piano euro-unitario sia sul piano costituzionale.

L’attenuazione del regime della responsabilità contabile introdotta dalla disciplina emergenziale contrasta, in primo luogo, con il quadro normativo euro-unitario istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d.“recovery plan”) (Reg. 2021/241)[15].

Il Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021, che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d.“recovery plan”), dedica particolare attenzione proprio al controllo sulla corretta gestione dei fondi.

In quest’ambito particolare attenzione è data al profilo del recupero di fondi indebitamenti versati, attraverso azioni recuperatorie e risarcitorie. Pertanto, è stato evidenziato[16] come una “bolla di impunità” per i casi di mala gestio gravemente colposa delle risorse pubbliche risulti del tutto incoerente rispetto alla necessità di mantenere e garantire gestioni virtuose in un panorama in cui il nostro Stato è esposto, sul piano europeo, anche ad eventuali procedure di infrazione.

Quindi, assume valenza dirimente[17] il rinvio all’art. 22 dello Statuto dei funzionari dell’Unione Europea che espressamente richiama la colpa grave per il risarcimento del danno e, oltre all’azione recuperatoria, pare prevedere anche la risarcibilità dei danni arrecati con colpa grave.

Entrambe le azioni, recuperatoria e risarcitoria, chiamano in causa innegabilmente la Giustizia contabile[18] che deve poter contare, con riferimento specifico alle misure da attuare con il recovery fund, su tutti gli strumenti giuridici necessari per adempiere agli obblighi posti dal Regolamento a carico dello Stato italiano.

Sotto un ulteriore profilo, sul piano dell’ordinamento sovranazionale, ai sensi dell’art. 325 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) i Paesi membri sono tenuti a proteggere gli interessi finanziari dell’Unione con i medesimi strumenti con i quali proteggono i propri interessi finanziari. Di conseguenza, l’abbassamento del livello di protezione degli interessi finanziari nazionali, attraverso una restrizione del perimetro della responsabilità amministrativa contabile, determina, di riflesso, l’abbassamento del livello di protezione degli interessi finanziari dell’Unione, e, quindi, un possibile contrasto con le previsioni del Regolamento (UE) 2021/241[19].

Inoltre, la limitazione della responsabilità erariale alle fattispecie dolose risulta anche connotata da “evidenti” profili di illegittimità costituzionale. Invero, secondo l’orientamento della Corte Costituzionale (cfr. C. Cost. n. 37/1998, confermata, fra le altre, da C. Cost. n. 340/2001), la limitazione della responsabilità per sola colpa grave corrisponde “ad un corretto equilibrio fra quanto del rischio dell’attività amministrativa deve restare a carico dell’apparato e quanto a carico del funzionario”[20]. Da tale assetto consegue che una responsabilità erariale solo dolosa non può ritenersi più una responsabilità funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione: azzerando la colpa grave viene meno il parametro su cui valutare il buon andamento della pubblica amministrazione e la sua stessa efficienza, in aperto contrasto con l’art. 97, comma 2, Cost., di cui costituisce attuazione il principio del risultato.

***

In conclusione, nel contesto delineato dallo schema del nuovo codice, secondo il giudizio espresso dalla Corte dei Conti solo il mantenimento di una responsabilità erariale anche per colpa grave risulta compatibile con il principio del risultato e con il principio della fiducia, nonché con i fondamenti costituzionali e sovranazionali che delineano poteri e responsabilità del funzionario pubblico.

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Il “Contributo scritto su atto del Governo n. 19 – Codice dei contratti pubblici” del febbraio 2023 è disponibile al seguente link: https://www.corteconti.it/Download?id=caf9b756-0e99-49a6-b4c4-8271a26ebb79
[2]pag. 16 del Contributo scritto della Corte dei Conti cit.
[3]pag. 13 della Relazione Illustrativa allo schema del nuovo Codice dei contratti pubblici.
[4]pag.13 della Relazione Illustrativa.
[5]pag. 14 della Relazione Illustrativa.
[6]pag. 22 del Contributo della Corte dei Conti al Codice dei contratti pubblici.
[7]pag. 14 della Relazione Illustrativa.
[8]Sul piano etimologico, il testo dell’articolo 2 del Codice dei contratti pubblici e la relazione illustrativa utilizzano il termine “responsabilità amministrativa”, mentre la Corte dei Conti nel proprio Contributo scritto adopera, con rifermento alla medesima disposizione, l’espressione “responsabilità erariale” (spesso i due termini sono usati in maniera equivalente per riferirsi alla medesima tipologia di responsabilità, disciplinata dalla L. n. 20 del 1994).
[9]Definizione tratta da Cass. Sez. Unite n. 2370 del 25.01.2023, par. 8.
[10]Pag. 14 della Relazione Illustrativa
[11]pag. 18 del Contributo scritto al Codice dei contratti pubblici della Corte dei Conti.
[12]Ibidem.
[13]Ibidem.
[14]pag. 19 del Contributo scritto al nuovo Codice dei contratti pubblici della Corte dei Conti.
[15]pag. 20 del Contributo scritto al Codice dei contratti pubblici della Corte dei Conti.
[16]Ibidem.
[17]Ibidem.
[18]pag. 20 del Contributo scritto al Codice.
[19]pag. 21 del Contributo scritto al Codice.
[20]pag. 21 del Contributo scritto al Codice.

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