Con la recentissima Sentenza non definitiva n. 2228 del 07.03.2024 la Seconda Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria il quesito su “quale sia la disciplina giuridica applicabile alle opere parzialmente eseguite in virtù di titolo edilizio decaduto e che non siano state oggetto di intervento di completamento a seguito di un nuovo titolo edilizio”.
Il caso
Alla base della pronuncia n. 2228/2024 del Consiglio di Stato vi è una complessa vicenda relativa alla realizzazione di un’autorimessa interrata.
Per la realizzazione della suddetta opera, l’impresa esecutrice dei lavori ha ottenuto un permesso di costruire, successivamente decaduto (ma mai annullato dall’Amministrazione comunale competente) per mancata ultimazione dei lavori entro il termine previsto nel titolo edilizio.
L’Amministrazione comunale, in ragione dell’infruttuoso spirare del termine di ultimazione dei lavori, ha dichiarato, con proprio provvedimento, la decadenza del permesso di costruire rilasciato all’impresa e, di conseguenza, ha ordinato il ripristino dello stato dei luoghi come risultante in via antecedente all’esecuzione delle opere parzialmente eseguite in forza del permesso di costruire.
Il TAR, adito dall’impresa esecutrice dei lavori che ha impugnato l’ordine di demolizione, ha rigettato il ricorso di primo grado.
In particolare, il Giudice di prime cure ha affermato, posto che il permesso è decaduto per il decorso il termine di ultimazione dei lavori, che il mantenimento delle opere già realizzate presuppone comunque la possibilità di portare a compimento quanto iniziato (nel caso di specie, l’impresa non aveva potuto ultimare i lavori in quanto Il Comune per due volte aveva rigettato il progetto di completamento): a detta del TAR, diversamente opinando, dovrebbe ammettersi la possibilità per il privato titolare di un permesso di costruire di abbandonare l’opera incompiuta (specie se funzionalmente non autonoma) con conseguente ingiustificato deturpamento del contesto circostante.
Nel ricorso in appello, l’impresa ha sostenuto che le opere eseguite in virtù di un titolo edilizio valido, ma poi decaduto, non potrebbero essere oggetto di ordine di demolizione ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E. – Testo Unico Edilizia), posto che tale norma sarebbe applicabile alle sole opere eseguite completamente sine titulo ovvero in difformità dello stesso.
La Sentenza non definitiva n. 2228/2024 del Consiglio di Stato
Il Collegio, con la Sentenza in esame, ha osservato, in primo luogo, che sulla predetta questione si è ripetutamente espressa la giurisprudenza dello stesso Consiglio nei seguenti termini.
i) La decadenza dal titolo edilizio per mancata ultimazione dei lavori nei termini, cioè per fatto imputabile al titolare e relativo alle modalità di utilizzo / inutilizzo del titolo, ha efficacia ex nunc e non ex tunc e, quindi, non implica l’obbligo di disporre la demolizione delle opere realizzate nel periodo di validità del titolo edilizio (le quali, perciò, non possono essere ritenute abusive), ove queste risultino conformi al progetto approvato con il permesso di costruire, ma comporta semplicemente la necessità, per il titolare decaduto, di chiedere un nuovo permesso per l’esecuzione delle opere non ancora ultimate.
Infatti, a detta del Consiglio di Stato, in una corretta interpretazione dell’art. 15 del D.P.R. n.380/2001, “la decadenza impedisce solo l’ulteriore decorso dei lavori ma non determina illiceità urbanistica di quanto già realizzato nella vigenza del titolo edificatorio” (Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 8605/2019).
ii) In mancanza di proroga o rinnovo del titolo, gli interventi effettuati successivamente alla decadenza del titolo risultano abusivi, con conseguente legittimità dell’ordine di demolizione solo per quanto realizzato successivamente all’intervenuta decadenza, ma non per quanto ultimato in precedenza (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, Sentenza n. 5258/2022).
iii) Il D.P.R. n. 380/2001 ha previsto un regime giuridico differente per gli interventi eseguiti in assenza o in totale difformità del permesso di costruire e per quelli eseguiti in base a permesso di costruire annullato. Infatti, nel primo caso, l’art. 31 del predetto Decreto prevede l’ingiunzione alla rimozione o alla demolizione, mentre nel secondo caso l’art. 38 stabilisce la possibilità che, in luogo dell’ingiunzione a demolire, possa essere applicata dall’Amministrazione una sanzione pecuniaria (che, quindi, lasci salve le opere eseguite). Nello specifico, il Consiglio di Stato ha evidenziato che l’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 si ispira ad un principio di tutela degli interessi del privato, mirando ad introdurre un regime sanzionatorio più mite proprio per le opere edilizie conformi ad un titolo abitativo successivamente rimosso, rispetto invece ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, sì da ottenere la conservazione del bene (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, Sentenza n. 2155/2018).
Alla luce di tali considerazioni, prevedere la demolizione ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 di opere eseguite in conformità a un titolo decaduto non sarebbe rispondente ai criteri di graduazione del trattamento sanzionatorio.
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Tuttavia, il Consiglio di Stato, nella Sentenza n. 2228/2024, pur ribadendo che, in carenza di una norma che espliciti il regime delle opere parzialmente eseguite cui non faccia seguito il completamento dei lavori in virtù di un nuovo titolo, come nel caso de quo, andrebbe esclusa l’applicazione analogica di una disciplina sanzionatoria espressamente circoscritta ad opere eseguite completamente sine titulo o in difformità dallo stesso, ha comunque ritenuto non irragionevole il citato orientamento del Giudice di prime cure, considerato che l’opera parziale costituisce un manufatto difforme dall’intervento edilizio autorizzato e che, quindi, potrebbe essere precluso il mantenimento della stessa.
Tale ultima tesi, ponendosi in contrasto con gli orientamenti giurisprudenziali precedentemente richiamati, ha comportato dunque la decisione, da parte della Sezione Seconda del Consiglio di Stato, di deferire la questione all’Adunanza Plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a., di cui si attende il fondamentale parere.
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