- Evoluzione normativa in materia codici di comportamento dei dipendenti pubblici ed etica pubblica.
Con il parere n. 93 del 19 gennaio 2023 il Consiglio di Stato si è pronunciato sullo Schema di Decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell’art. 4 D.L. n. 36 del 2022, convertito con modificazioni dalla L. n. 79 del 2022, recante modifiche al D.P.R. n. 62 del 2013 (“Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”, a norma dell’articolo 54 del D.Lgs. 30 marzo 2001 n.165).
In particolare, il menzionato D.P.R. n. 62 del 2013 è stato adottato per disciplinare espressamente i doveri di diligenza, lealtà, imparzialità e buona condotta che devono essere rispettati da tutti i dipendenti pubblici sia in servizio che fuori. L’intervento è stato, a suo tempo, ritenuto necessario anche al fine di garantire una migliore e più rigorosa prevenzione dei fenomeni di corruzione, introducendo ipotesi di responsabilità disciplinare e sanzioni di natura civile, amministrativa e penale in caso di accertata violazione dei doveri ivi contenuti.
Invero, all’art. 54, comma 3,D. Lgs. n.165 del 2001,come modificato dall’art.1, comma 44, L. n. 190 del 2012, è stabilito che “La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all’attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l’applicazione della sanzione di cui all’articolo 55-quater, comma 1”, ossia del licenziamento disciplinare.
Con L. n.190 del 2012, inoltre, è stato introdotto un sistema di “doppio livello” di Codici di comportamento dei pubblici dipendenti con la previsione, da un lato, di un Codice nazionale destinato ad essere applicato ai dipendenti di tutte le pubbliche amministrazioni (di cui all’art. 1, comma2, D. Lgs. n. 165 del 2001), e, dall’altro, dei Codici che ciascuna pubblica amministrazione è tenuta a definire, “con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione”, integrando e specificando le previsioni del Codice generale.
Con la recente Delibera n. 177 del 19 febbraio 2020,infine, l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha introdotto le c.d. “Linee guida in materia di Codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche”, stabilendo che queste ultime sono chiamate a definire i doveri di comportamento alla luce della realtà organizzativa e funzionale della singola amministrazione e dei suoi procedimenti e processi decisionali, in modo da garantire il rispetto dei doveri costituzionalmente previsti per i dipendenti, in stretto collegamento con il sistema generale di prevenzione della corruzione.
- I contenuti dello Schema di Decreto sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato.
Come chiarito nella Relazione illustrativa, lo Schema di Decreto sottoposto al vaglio del Consiglio di Stato è finalizzato a dare attuazione all’art.4 del D.L. n.36 del 2022 – convertito, con modificazioni, dalla L. n.79 del 2022 e approvato al fine di introdurre “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” – teso a modificarel’art.54 del D. Lgs. n.165 del 2001, dedicato al Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, del quale ha disposto l’aggiornamento entro il 31 dicembre 2022.
In particolare, lo Schema in oggetto ha integralmente sostituito l’art. 3, comma 4,D.P.R. n. 62 del 2013, introducendo una nuova norma che mira a valorizzare i principi di tutela ambientale, ecosostenibilità e contenimento del consumo energetico (“Il dipendente esercita i propri compiti nel rispetto dei principi di economicità, efficienza ed efficacia. La gestione di risorse pubbliche ai fini dello svolgimento delle attività amministrative deve seguire una logica di contenimento dei costi e del consumo energetico, dell’ecosostenibilità e di rispetto dell’ambiente, che non pregiudichi la qualità dei risultati dell’azione amministrativa.”).
L’art. 11-bisD.P.R. n. 62 del 2013, introdotto ex novo, disciplina l’utilizzo delle tecnologie informatiche, mediante la previsione di una pluralità di azioni esercitabili dall’amministrazione, attraverso i propri responsabili di struttura, tra cui in particolare: la facoltà di svolgere gli accertamenti necessari e adottare ogni misura atta a garantire la sicurezza e la protezione dei sistemi informatici, delle informazioni e dei dati; il divieto per i dipendenti di utilizzare account istituzionali per fini diversi da quelli connessi all’attività lavorativa o ad essa riconducibili nel caso in cui l’utilizzo possa compromettere la sicurezza o la reputazione dell’amministrazione; il divieto di utilizzo degli strumenti informatici forniti dall’amministrazione per fini diversi da quelli connessi all’attività lavorativa o ad essa riconducibili, nel caso in cui l’utilizzo possa compromettere la sicurezza o la reputazione dell’amministrazione stessa.
Sempre in tema di utilizzo dei mezzi di informazione e di social media, il nuovo art. 11-ter stabilisce che il dipendente debba utilizzare gli account dei social media di cui è titolare in modo che le opinioni espresse ed i contenuti pubblicati non siano attribuibili all’amministrazione di appartenenza o possano lederne il prestigio o l’immagine.
Lo stesso articolo riconosce alle amministrazioni la facoltà di dotarsi di una “social media policy” per ciascuna tipologia di piattaforma digitale, al fine di adeguare alle proprie specificità la disciplina così introdotta.
Con il nuovo art. 11-quater viene, poi, introdotta una disciplina finalizzata alla tutela ambientale, secondo cui “Il dipendente conforma la sua condotta sul luogo di lavoro al rispetto dell’ambiente e per contribuire agli obiettivi di riduzione del consumo energetico, della risorsa idrica e più in generale dei materiali e delle risorse fornite dall’amministrazione per l’assolvimento dei propri compiti, nonché per la riduzione dei rifiuti e per il loro riciclo, in piena aderenza alle direttive impartite dall’amministrazione di appartenenza”.
L’art. 11-quinques, infine, interviene sul tema del rispetto della persona e del divieto di discriminazione, stabilendo che ogni dipendente debba improntare la sua condotta sul luogo di lavoro al rispetto della personalità, della dignità e dell’integrità fisica e psichica degli altri dipendenti e degli utenti. Il dipendente, in particolare, “ha l’obbligo di astenersi da azioni arbitrarie che abbiano effetti negativi sugli altri dipendenti o che comportino, nei confronti di questi ultimi, discriminazioni basate su genere, nazionalità, origine etnica, lingua, religione o credo, convinzioni personali o politiche, appartenenza a una minoranza nazionale, disabilità, condizioni sociali o di salute o di fragilità, età e orientamento sessuale”.
- Il parere del Consiglio di Stato e le censure sollevate nei confronti delle nuove norme.
In via preliminare, il Consiglio di Stato ha rilevato come lo Schema di Decreto introduca nuove regole di condotta che vanno oltre quanto previsto dall’art. 4 della L. n. 79 del 2022.
In particolare, il Consiglio di Stato ha precisato come il menzionato Schema sollevi numerose criticità ove propone prescrizioni che non trovano titolo nella norma di legge che intende attuare, esprimendo conseguente perplessità in merito all’introduzione di regole di condotta, ovvero di divieti e di comandi, di per sé capaci di incidere sulle situazioni giuridico-soggettive dei dipendenti pubblici, ma prive di fondamento nella disciplina primaria, come richiesto – al contrario – dal principio di legalità che, costituzionalmente, governa l’azione e l’organizzazione amministrativa.
Allo stesso modo, il Collegio ha espresso riserve anche con riferimento alle “nuove” regole di condotta che trovano astrattamente titolo nell’art.4 della L. n.79 del 2022 “quali sono quelle riferibili all’area dei doveri concernenti la tutela dell’immagine della pubblica amministrazione, sottesa all’utilizzo delle tecnologie informatiche, dei mezzi di informazione e dei social media”.
Invero, nei nuovi art.11-bis e 11-ter, dedicati rispettivamente all’ “Utilizzo delle tecnologie informatiche” e all’“Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media”, viene introdotta, secondo il Consiglio di Stato, la codificazione di una pluralità di regole “connotate da un elevato dettaglio casistico, ma al contempo da una indeterminatezza delle condotte sanzionabili, favorita anche dall’utilizzo di espressioni linguistiche, molte delle quali tratte dal linguaggio tecnico e lasciate prive di definizioni atte a esplicitarne il significato”.
Pertanto, il Consiglio di Stato ha espressamente invitato il Ministero a garantire un maggiore approfondimento degli effetti che le norme introdotte con lo Schema di Decreto esaminato produrranno sull’intero sistema organizzativo pubblico, anche mediante la realizzazione una “più estesa istruttoria”, specie con riferimento alle restrizioni e dalle limitazioni introdotte relativamente all’uso degli strumenti informatici.
Simili norme, invero, andando ad incidere su condotte “comunque funzionali anche alla manifestazione del pensiero” dei singoli dipendenti, “non possono fondarsi solo su assunti non confermati o non provati dall’esperienza, sia quanto, appunto, alla determinatezza tipologica sia quanto alla soglia di rilevanza e diffusione”.
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