La vicenda giudiziaria trae origine dall’adozione di un’Ordinanza di demolizione con cui l’Amministrazione ha intimato la rimozione di un manufatto abusivamente realizzato in un’area boschiva, all’esito del procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica avviato ai sensi dell’art. 167 D.Lgs. n. 42/2004.
Avverso il suddetto provvedimento è insorto il proprietario responsabile dell’abuso il quale, tra le altre eccezioni, ha contestato in particolare la qualificazione dell’area interessata come “boschiva”, data l’assenza di vegetazione, ed ha censurato l’operato del Comune il quale non ha disposto un accertamento per verificare la concreta sussistenza del bosco, fondante il relativo vincolo legale. Conseguentemente, il ricorrente ha anche contestato l’avvio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica.
Lo Studio Legale DAL PIAZ, innanzi al TAR per il Piemonte, ha posto in luce, invece, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione comunale, rilevando come l’individuazione delle aree da sottoporre a tutela paesaggistica spetti alla Regione, che provvede a distinguerle e normarle mediante il Piano Paesaggistico Regionale (PPR), cui consegue ex lege l’apposizione del vincolo di cui D.Lgs. n. 42/2004(Codice dei beni culturali e del paesaggio). Pertanto, una volta riscontrato il vincolo ed accertata indiscutibilmente la realizzazione di un’opera senza la necessaria autorizzazione paesaggistica, il Comune ha dovuto necessariamente avviare il procedimento di cui all’art. 167 D.Lgs. n. 42/2004 e, in seguito al parere vincolante negativo della Soprintendenza, adottare il provvedimento demolitorio.
La tutela delle aree boschive ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004.
Nel nostro ordinamento la tutela e la valorizzazione del paesaggio, inteso quale “territorio espressivo di identità, il cui carattere deriv dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”, oltre che espressamente enunciata dalla Costituzione (art. 9, comma 2), è disciplinata dagli artt. 131 e ss. D.Lgs. n. 42/2004 (di seguito “Codice”),ed è finalizzata a proteggere il paesaggio nei suoi aspetti e caratteri che costituiscono “rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali” (art. 131, comma 2).
Come stabilito dall’art. 135, comma 1, del Codice, “Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito denominati: “piani paesaggistici”. L’elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143”.
Per espressa previsione normativa, dunque, le Regioni devono predisporre il Piano Paesaggistico Regionale(PPR),il quale costituisce un atto generale a carattere pianificatorio ed a natura composita, nel cui ambito sono riconoscibili previsioni di dettaglio e contenuti programmatici.
L’art. 143 del Codice disciplina il contenuto del Piano Paesaggistico, tra cui la ricognizione, la delimitazione e la rappresentazione delle aree “boschive” di cui all’142, comma 1, lett. g) (“Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposte alle disposizioni di questo Titolo: … g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento … ”), nonché la determinazione delle prescrizioni d’uso intese ad assicurare la conservazione e la valorizzazione dei caratteri distintivi di tali aree.
Peraltro, la definizione di “bosco” dettata dal D.Lgs. n. 42/2004 deve essere integrata con quella recata dal D.Lgs. n. 34/2018 (“Testo unico in materia di foreste e filiere forestali”), il quale all’art. 3, comma 3, prevede che “Per le materie di competenza esclusiva dello Stato, sono definite bosco le superfici coperte da vegetazione forestale arborea,associataomenoaquellaarbustiva,dioriginenaturaleoartificiale in qualsiasi stadio di sviluppo e devoluzione, con estensione non inferiore ai 2.000 metri quadri, larghezza media non inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestalemaggioredel20 per cento”.
La norma menzionata, dunque, individua le altre aree che, rispettando i parametri dimensionali stabiliti, sono ugualmente definite come “bosco” e, quindi, sono sottoposte alla medesima tutela. Tuttavia, l’articolo in questione trova applicazione solo per “Per le materie di competenza esclusiva dello Stato” e non anche per quelle di competenza regionale: infatti, il successivo comma 4 dispone che “Le regioni, per quanto di loro competenza e in relazione alle proprie esigenze e caratteristiche territoriali, ecologiche e socio-economiche, possono adottare una definizione integrativa di bosco rispetto a quella dettata al comma 3, nonché definizioni integrative di aree assimilate a bosco e di aree escluse dalla definizione di bosco di cui, rispettivamente, agli art. 4 e 5, purché non venga diminuito il livello di tutela e conservazione cosi assicurato alle foreste come presidio fondamentale della qualità della vita”.
Infine, il D.Lgs. n. 34/2018specifica anche le aree che, seppur prive di vegetazione, godono in ogni caso della medesima tutela apprestata per le aree boschive: sul punto, l’art. 4 D.Lgs. n. 34/2018 (“Aree assimilate a bosco”) che “Per le materie di competenza esclusiva dello Stato, fatto salvo quanto già previsto dai piani paesaggistici di cui agli art. 143 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono assimilate a bosco: … e) le radure e tutte le altre superfici di estensione inferiore a 2.000 metri quadrati che interrompono la continuità del bosco, non riconosciute come prati o pascoli permanenti o come prati o pascoli aborati”.
Dunque, le Regioni sono i soggetti competenti per l’individuazione dei beni paesaggistici da sottoporre a tutela, anche aumentandone il livello rispetto alle definizioni rese dalla normativa statale.
Pertanto, i singoli Comuni non possono disapplicare le previsioni regionali in quanto immediatamente cogenti né sono tenuti a verificare, di volta in volta, la sussistenza delle caratteristiche dell’area che hanno comportato l’apposizione del vincolo.
Posto che la normativa illustrata consente alle Regioni solo di individuare i beni da tutelare e, tutt’al più, di disciplinarne il loro utilizzo, l’attività regionale assume mera valenza ricognitiva in quanto non è deputata a costituire il vincolo che deriva dalla qualità intrinseca del bene tutelato e che trova quindi automatica applicazione[1].
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Pertanto, il TAR per il Piemonte, Sez. II, nella Sentenza n. 269/2022, in virtù della normativa dettata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha preliminarmente ribadito che la “competenza ad identificare le aree soggette a vincolo è riconosciuta direttamente alla Regione”, ed ha rilevato che il contenuto del PPR “a carattere estremamente puntuale contribuisce alla materiale apposizione del vincolo su determinate aree qualificate come boschive”. Per l’effetto, il Collegio ha respinto il ricorso proposto accogliendo le eccezioni sollevate dal Comune in quanto il PPR non richiede “un accertamento di fatto, sulla permanenza del vincolo, in capo alle autorità procedenti ogni qual volta venga rilasciata una autorizzazione paesaggistica.
Oltre a quanto sopra indicato sulla nozione giuridica di bosco, tale tesi:
– non è coerente con le logiche pianificatorie di cui all’art. 143 citato poiché“ l’esercizio pianificato della tutela paesaggistica ed ambientale costituisce la modalità più corretta di applicazione delle misure che l’esistenza dei relativi vincoli comporta, in mancanza della quale la tutela verrebbe ad essere frazionata dall’applicazione di provvedimenti singoli e quindi puntuali, per ciascuna istanza edilizia o di uso del territorio, intuibilmente esposti a diversità di trattamento con grave incertezza nell’esercizio dei diritti reali e delle attività economiche insistenti sul territorio” (T.A.R. Lazio Roma Sez. II bis, 09/07/2021, n. 8192)”.
Studio Legale DAL PIAZ
[1]LCons. Stato Sez. II, 19.11.2020, n. 7202