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L’ABUSO D’UFFICIO DOPO LA “NOVELLA” Assolto il responsabile di un Servizio Tecnico comunale, assistito dall’Avv. Francesco DAL PIAZ, da accuse di abuso d’ufficio e abuso edilizio in relazione a procedimenti autorizzativi riguardanti la riqualificazione e l’ampliamento di un importante impianto sportivo.

 

Il caso

La vicenda giudiziaria involge una complessa situazione di fatto ed autorizzativa a seguito della quale è stata contestata la legittimità di alcuni titoli edilizi[1]rilasciati dal Comune di Maggiora (NO), in persona del responsabile tecnico, ai committenti privati per la riattivazione, a partire dal 2012, del sito motoristico denominato “Maggiora Park” (polo di fama mondiale per gli appassionati di motocross, e sede delle maggiori manifestazioni a livello nazionale e mondiale sin dagli anni ‘70).

Di qui l’accusa ex art. 323 c.p., per il tecnico comunale, di aver indebitamente favorito i soggetti privati.

L’Avv. Francesco DAL PIAZ ha posto in luce, invece, la legittimità dell’operato del tecnico comunale, offrendo al Giudice una ricostruzione “storica” del quadro tecnico-autorizzativo e della normativa ambientale ed urbanistica applicabile nella fattispecie, tanto da escludere la sussistenza di qualsivoglia condotta illecita ai sensi dell’art. 323 c.p..

Il reato di abuso d’ufficio alla luce della novella del 2020

Il reato di abuso d’ufficio è stato oggetto, negli anni, di plurimi interventi legislativi[2], volti a definire sufficientemente la fattispecie delittuosa e, quindi, limitare il sindacato del Giudice Penale rispetto alla discrezionalità della Pubblica Amministrazione[3].

La recente riscrittura della norma[4], con l’approvazione del D.L. n. 76/2020 (c.d. “Decreto Semplificazioni”, convertito con L. n. 120/2020), ne ha ristretto l’area di rilevanza penale, apportando una modifica sostanziale alla modalità di realizzazione della fattispecie, consistente nella violazione di legge da parte del pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio “nello svolgimento delle funzioni o del servizio”.

In particolare, la novella legislativa del 2020 ha realizzato tre fondamentali modifiche al reato di abuso d’ufficio previsto all’art. 323 c.p..

1)  Innanzitutto, il legislatore ha escluso che la condotta incriminata possa realizzarsi mediante violazione di regolamenti.

Sul punto, la Suprema Corte, con una recente pronuncia[5], ha statuito che, anche a seguito della riforma normativa in esame, la violazione di norme contenute in regolamenti può rilevare nel caso in cui esse, operando quali norme interposte, si risolvano nella specificazione tecnica di un precetto comportamentale già compiutamente determinato nella norma primaria, e purché questa sia conforme ai canoni della tipicità e tassatività propri del precetto penale.

Per l’effetto, rileva ai fini dell’integrazione della fattispecie incriminatrice la violazione del regolamento, qualora lo stesso assolva ad un funzione di mera specificazione di un precetto comportamentale già compiutamente definito nella norma primaria.

2) E’ stata limitata la violazione di legge ex art. 323 c.p. alle sole “regole di condotta” espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge.

3) Infine, il reato in esame può configurarsi solamente in ipotesi di assoluta mancanza di discrezionalità della P.A..

La nuova formulazione del reato di abuso d’ufficio, pertanto, non trova applicazione nel caso di atti amministrativi connotati da un “margine di discrezionalità tecnica”, in cui la scelta dell’Amministrazione si compie attraverso un complesso giudizio valutativo condotto alla stregua di regole tecniche.

Infatti, la ratio della riforma deve essere ricondotta alla volontà del legislatore di ricercare il giusto equilibrio tra l’esigenza di controllo giurisdizionale a garanzia della legalità dell’agire amministrativo, ed il riconoscimento di una sfera di discrezionalità ed opportunità della Pubblica Amministrazione, che sia libera da ingerenze esterne.

Ne è quindi derivata una parziale abolitio criminis in relazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della riforma, realizzati mediante violazione di norme regolamentari o di norme di legge generali ed astratte, dalle quali non siano ricavabili regole di condotta specifiche ed espresse o che comunque lascino residuare margini di discrezionalità dell’agire dell’Amministrazione.

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Nel caso giudiziario, alla luce della precitata novella, stante l’esistenza di molteplici, successivi, e contraddittori atti amministrativi degli Enti preposti (tra l’altro) alla verifica dell’assoggettabilità del progetto “Maggiora Park” alla procedura di VAS nonché alla VIA, è risultato palese il carattere di “discrezionalità tecnica” della materia, con conseguente inapplicabilità della fattispecie delittuosa alla condotta del funzionario comunale.

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1] Per mancato rispetto della fascia di vincolo ad inedificabilità assoluta ex art. 29, comma 1, lett. B), L. R. Piemonte n. 56/1977 (“Tutela ed uso del suolo”) ed ex art. 37 del Piano Regolatore Generale comunale vigente; esclusione della fase di verifica VAS e della VIA ex D.Lgs n. 152/2006 (“Norme in materia ambientale”) ed ex art. 21 della L.R. n. 40/1998 (“Disposizioni concernenti la compatibilità ambientale e le procedure di valutazione”).

[2] L. n. 86/1990; L. n. 234/1997.

[3] Prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 76/2020, l’art. 323 c.p. sanzionava, con la pena della reclusione da uno a quattro anni, “il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto”.

[4] Art. 323 c.p.: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio  che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità.”

[5] Cass. Pen., Sez. VI, Sent. n. 33240/2021.

 

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