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IL SILENZIO-ASSENSO “ORIZZONTALE” NELL’AMBITO DEL PROCEDIMENTO DI RILASCIO DELL’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA.
Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. n. 8610/2023

 

Il Consiglio di Stato ammette l’applicabilità del silenzio-assenso cosiddetto “orizzontale” ex art. 17 bis L. n. 241/1990 nell’ambito di un procedimento di autorizzazione paesaggistica e, in particolare, al parere paesaggistico reso tardivamente nel corso di una conferenza di servizi indetta ai sensi dell’art. 14 bis L. n. 241/1990.

Il caso.

La vicenda giudiziaria in merito alla quale si è pronunciato il Consiglio di Stato trae origine dal ricorso promosso da un proprietario di un terreno ricompreso in area assoggettata a tutela paesaggistica ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. f) D.Lgs. n. 42/2004 e del D.M. 10.10.1967, il quale aveva richiesto il rilascio del permesso di costruire per l’edificazione di una residenza turistico-alberghiera e formulato domanda di autorizzazione paesaggistica.

L’Amministrazione comunale interessata aveva indetto la conferenza di servizi decisoria, in forma semplificata e con modalità asincrona ex art. 14 bis L. n. 241/1990, al fine di acquisire tutti i necessari atti di assenso, compreso il parere della competente Soprintendenza.

Tuttavia, la Soprintendenza aveva espresso il parere contrario ben oltre il termine assegnato dall’Amministrazione procedente la quale, dopo aver riattivato l’istruttoria procedimentale, cui è seguita la conferma del parere contrario da parte della Soprintendenza, rilevava che il dissenso espresso non era superabile senza apportare modifiche sostanziali alla decisione oggetto della conferenza, così come rappresentato nel parere contrario della Soprintendenza.

Il proprietario, quindi, adiva il competente Tribunale Amministrativo Regionale per impugnare la decisione del Comune; il giudizio si era concluso con l’accoglimento del ricorso: in particolare, il TAR aveva rilevato che “…agli atti risulta evidentemente inosservato il termine legalmente previsto per l’adozione del richiesto atto consultivo da parte dell’Autorità Tutoria; la circostanza dianzi acclarata, ossia l’intempestività dell’intervento consultivo da parte dell’autorità tutoria statale, ha finito per generare la formazione del silenzio assenso “orizzontale” o “interno” ex art. 14 bis, comma 4, della l. n. 241/1990 (di recente modificato dall’art. 12, comma 1, lett. g, del d.l. n. 76/2020, conv. in l. n. 120/2020) sull’istanza di autorizzazione paesaggistica relativa al progetto controverso e per implicare l’inefficacia ex art. 2, comma 8 bis, della l. n. 241/1990 del parere soprintendentizio negativo”.

Avverso la Sentenza di prime cure il Ministero della Cultura ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato eccependo che, per costante indirizzo giurisprudenziale, l’art. 17 bis L. n. 241/1990, in materia di silenzio-assenso endoprocedimentale, si applica solo ai rapporti orizzontali tra Amministrazioni e non anche al procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, posto che trattasi di procedimento mono-strutturato in cui prevale la volontà di una singola Pubblica Amministrazione.

Pertanto, il Ministero appellante ha sostenuto che il parere tardivo della Soprintendenza non sarebbe tamquam non esset e che di esso il Comune deve comunque tenere conto ai fini della determinazione in ordine al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Il quadro normativo-giurisprudenziale.

Anteriormente alla “riforma Madia” del 2015, ai sensi dell’articolo 146 D.Lgs. n. 42/2004 in materia di autorizzazione paesaggistica, l’Autorità competente alla gestione del vincolo doveva provvedere sulla domanda del privato entro 60 giorni, acquisito il parere del Soprintendente (obbligatorio e vincolante fino alla conformazione o all’adeguamento dello strumento urbanistico alla nuova pianificazione paesaggistica), da rendere entro 45 giorni dalla ricezione degli atti; in caso di inutile decorso del predetto termine si configurava il cosiddetto silenzio devolutivo: in sostanza, in mancanza del parere della Soprintendenza, il Comune procedente aveva il dovere funzionale di decidere autonomamente sulla domanda.

In questa ipotesi, il potere della Soprintendenza di esprimere il proprio parere veniva meno solo nel momento in cui il Comune avrebbe definito il procedimento con l’adozione dell’autorizzazione paesaggistica, non consumandosi automaticamente allo scadere del termine di 45 giorni: il parere ministeriale “tardivo”, dunque, non era nullo o annullabile, ma perdeva solo la sua efficacia vincolante e veniva degradato a mero parere obbligatorio, da dover comunque essere preso in considerazione dal Comune che non avesse ancora provveduto. Il Comune avrebbe poi dovuto obbligatoriamente motivare l’eventuale adozione di un provvedimento contrastante con il parere della Soprintendenza.

In tale contesto, assumeva particolare rilievo la distinzione tra silenzio devolutivo e silenzio-assenso: i) il primo imputava l’autorizzazione paesaggistica esclusivamente all’Ente territoriale che l’aveva rilasciata; ii) il secondo riconduceva il provvedimento (in co-decisione) ad entrambe le Amministrazioni.

Il quadro normativo, tuttavia, è cambiato con l’avvento della menzionata “riforma Madia”, la quale si è discostata dalla tradizionale attribuzione di una tutela rafforzata degli interessi sensibili (tra i quali la tutela ambientale) nell’ambito del procedimento amministrativo, introducendo il disposto di cui all’art. 17 bis L. n. 241/1990: la norma prevede che nelle ipotesi in cui un’Amministrazione procedente, su uno schema o una proposta di provvedimento, deve acquisire l’assenso, il concerto o il nulla osta, comunque denominati, di altre Pubbliche Amministrazioni, queste devono comunicare la propria determinazione entro un termine tassativo (30 giorni).In caso di inutile decorso di tale termine si forma ope legis il silenzio-assenso. Il comma 3 dell’articolo in questione stabilisce altresì che, in caso di mancata pronuncia, il silenzio-assenso si forma anche nelle ipotesi in cui le Amministrazioni chiamate a pronunciarsi (a fini decisori)siano quelle preposte alla tutela dell’ambiente, del paesaggio, dei beni culturali e della salute.

Nonostante l’innovazione normativa in questione, ricomprendente anche la “riscrittura” della disciplina della conferenza di servizi, parte della giurisprudenza ha comunque continuato ad applicare il modello del parere meramente devolutivo: secondo tale indirizzo interpretativo, in caso di pronuncia tardiva, ma comunque anteriore alla definizione del procedimento ed al rilascio del provvedimento autorizzativo da parte del Comune, il parere della Soprintendenza era da intendersi “dequotato” ad obbligatorio, restando efficace e fondando l’obbligo per l’Amministrazione procedente di esaminarlo e di motivare il proprio provvedimento finale in caso di dissenso.

Aderendo a tale indirizzo interpretativo, in alcune statuizioni anche inerenti l’acquisizione del parere della Soprintendenza nell’ambito di una conferenza di servizi, è stato affermato che la Soprintendenza, esprimendo il proprio parere sulla proposta di autorizzazione paesaggistica, deve ignorare la compresenza di qualsiasi altro interesse pubblico anche di analoga valenza quale, ad esempio, quello della tutela ambientale: le argomentazioni a sostegno di tali assunti muovevano dal presupposto per cui l’autorizzazione paesaggistica costituisce un provvedimento mono-strutturato, posto che il relativo procedimento è attivato ad istanza della parte interessata e non dell’Amministrazione procedente. Pertanto, il rapporto intercorrente tra la Regione, l’Ente locale e la Soprintendenza, nell’ambito del procedimento, è meramente interno e finalizzato a co-gestire la fase istruttoria e non quella decisoria.

Corollario di tale premessa argomentativa è stata l’inapplicabilità del precitato art. 17bis per il parere della Soprintendenza, posto chela norma non riguarda la fase istruttoria del procedimento amministrativo influendo solo sulla fase decisoria attraverso la formazione di un atto di assenso persilentium.

La disciplina del silenzio assenso “orizzontale”, dunque, andrebbe riferita agli assensi da rendere direttamente dall’Amministrazione procedente e non già al parere della Soprintendenza, che si esprime sulla proposta formulata dalla Regione o dall’Ente delegato, e non direttamente sulla compatibilità dell’intervento.

La Sentenza: Consiglio di Stato, Sez. IV, Sent. n. 8610/2023.

Nella lunga e dettagliata Sentenza n. 8610/2023 il Consiglio di Stato ha smentito il richiamato orientamento giurisprudenziale, evidenziando preliminarmente che il procedimento di autorizzazione paesaggistica, anche alla luce dell’art. 146 D.Lgs. n. 42/2004 come novellato dalla riforma del 2011, deve essere più propriamente qualificato come pluristrutturato.

Per l’effetto, l’art. 17bis L. n. 241/1990trova applicazione proprio con riferimento ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza co-decisoria.

Tale conclusione, già rilevata in un precedente parere dello stesso Consiglio di Stato[1],trova conferma non solo nel dettato testuale e nella ratio sottesa al citato art. 17 bis, ma anchenel “nuovo” art. 2, comma 8bis, L. n. 241/1990 il quale, riferendosi espressamente alle fattispecie del silenzio maturato nel corso di una conferenza di servizi ex art. 14bisL. n. 241/1990, afferma inequivocabilmente il principio (che non ammette eccezioni) per il quale le determinazioni tardive sono irrilevanti in quanto prive di effetti nei confronti dell’Autorità competente, e non soltanto prive di carattere vincolante come preteso dall’orientamento giurisprudenziale di segno contrario.

Pertanto, il Consiglio di Stato ha concluso che il silenzio-assenso “orizzontale” si configura anche nell’ambito del procedimento di autorizzazione paesaggistica in seno alla conferenza di servizi, nell’ambito del quale la Soprintendenza è chiamata ad esprimere il parere che, se reso tardivamente, è da considerarsi tamquam non esset.

Infatti, a giudizio del Collegio, la volontà del Legislatore sottesa alle riforme che hanno interessato gli istituti di semplificazione di cui agli artt. 14bis e 17bis L. n. 241/1990 è stata quella di voler raggiungere un delicato punto di equilibrio tra la tutela degli interessi sensibili e l’esigenza di garantire una risposta (positiva o negativa) entro termini ragionevoli all’operatore economico il quale, diversamente, rimarrebbe esposto al rischio dell’omissione burocratica.

Il meccanismo del silenzio-assenso “orizzontale”, dunque, manifestando la contrarietà dell’ordinamento all’inerzia amministrativa, ricollega al silenzio dell’Amministrazione interpellata “la più grave delle “sanzioni” o il più efficace dei “rimedi”, ossia l’equiparazione del silenzio all’assenso con conseguente perdita del potere di dissentire e di impedire la conclusione del procedimento”.

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1] Consiglio di Stato, Adunanza della Commissione speciale del 23 giugno 2016, Parere n. 1640/2016

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