Il dibattito, ormai di lunga data, inerente il rinnovo delle concessioni demaniali marittime a finalità turistico-ricreative è stato recentemente oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali. La materia delle concessioni demaniali marittime si trova, infatti, in uno stato di grande incertezza, conseguenza del contrasto del regime delle proroghe automatiche previsto dalla normativa nazionale con la disciplina prospettata dal diritto “euro-unitario”.
Ricostruzione diacronica del quadro normativo
Il diritto europeo
In ambito europeo, l’istituto delle concessioni demaniali marittime è sottoposto alla disciplina prevista dagli artt. 49 e 56 TFUE, che mira a garantire la mobilità delle imprese e dei professionisti all’interno dell’Unione europea, attraverso l’espresso divieto di porre restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, al fine di ottenere la libera prestazione dei servizi imprenditoriali, professionali o comunque attività economiche diverse dal lavoro dipendente. Tali disposizioni, in quanto incondizionate e sufficientemente precise[1], sono dotate di effetto “diretto”; ne consegue la necessaria disapplicazione delle norme nazionali che comportano un ostacolo alla libertà di circolazione dei cittadini e delle imprese.
In attuazione di tali principi, l’Unione europea ha adottato la “famosa” Direttiva Bolkestein, 123/2006/CE, volta ad incrementare la libera circolazione dei “servizi”, nel significato ampio del termine, comprensivo di qualsiasi attività economica non salariata fornita normalmente dietro retribuzione.
Nello specifico, l’art. 12 della Direttiva 123/2006/CE prevede che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri, per rilasciare l’autorizzazione, sono tenuti ad adottare una procedura imparziale e trasparente di selezione dei candidati, con il divieto di procedure di rinnovo automatico ovvero di qualsivoglia vantaggio nei confronti del prestatore uscente o persone che con tale prestatore abbiano particolari legami.
Il diritto nazionale
Per quanto concerne il diritto nazionale, il quadro normativo delle concessioni demaniali marittime è stato oggetto di numerose modifiche.
Innanzitutto, il testo originario dell’art. 37 del Codice della navigazione, che introduceva nel nostro ordinamento il c.d. “diritto di insistenza”, ossia il diritto di preferenza dei concessionari uscenti (“Al fine della tutela dell’ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. È altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”) si poneva chiaramente in contrasto con i principi di concorrenza e di libertà di stabilimento.
Quindi, è stato emanato il D.L. 30 dicembre 2009 n. 194, che prevedeva l’abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell’art. 37 del Codice della Navigazione e la proroga del termine di durata delle concessioni demaniali marittime in essere alla data di entrata in vigore dello stesso Decreto ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015, fino a tale data. Tuttavia, in sede di conversione, attraverso l’adozione della seguente clausola di salvezza “delle disposizioni di cui all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494” è stato ripristinato il c.d. “diritto di insistenza”, sino all’emanazione della Legge 17 dicembre 2010 n. 217, con la quale il legislatore ha abrogato tali disposizioni.[2]
Successivamente, è stato introdotto il D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, che, all’art. 34, ha modificato l’art. 1, comma 18, del D. L. n. 194 del 2009, spostando il termine di durata delle concessioni al 31 dicembre 2020.
Nel 2018, timoroso della vicina scadenza, il Parlamento italiano ha riproposto l’ozioso meccanismo di proroga automatica, impedendo così, nuovamente, l’applicazione di procedure di selezione competitiva in materia. Infatti, con l’art. 1, commi 682, 683, 684, della L. 30 dicembre 2018 n. 145, è stata introdotta l’estensione della durata delle concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo per 15 anni; dunque, fino al 31 dicembre 2033.
Infine, recentemente il legislatore, con la L. 17 luglio 2020 n. 77, ha riproposto la proroga automatica delle concessioni del demanio marittimo, confermando la scadenza previamente stabilita al 2033.
IL RAPPORTO TRA DIRITTO EUROPEO E NORMATIVA ITALIANA
Il regime giuridico delle proroghe automatiche: la ricostruzione interpretativa della giurisprudenza maggioritaria
Alla luce di quanto esposto, la disciplina delle concessioni demaniali marittime si presenta incerta e claudicante.
La giurisprudenza comunitaria ha progressivamente privilegiato l’interpretazione favorevole alla disapplicazione del regime delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime, di cui all’art. 1, commi 682, 683,684, della L. n. 145 del 2018, poiché ritenuto in contrasto con l’ordinamento “euro-unitario”.
In particolare, la nota sentenza della Corte di Giustizia UE, “Promoimpresa”, del 14 luglio del 2016, ha segnato profondamente il dibattito dottrinario e giurisprudenziale in materia, statuendo che la normativa nazionale (vigente ratione temporis), che prevedeva la proroga ex lege delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali per le attività turistico-ricreative in assenza di procedure di selezione aperta, fosse in contrasto con l’art. 12 della Direttiva Bolkestein. Le concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo rientrano, infatti, nel campo di applicazione della suindicata Direttiva, restando rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” o meno della risorsa naturale attribuita in concessione. Con la pronuncia in questione, la Corte di Giustizia UE ha collegato indissolubilmente la disciplina delle concessioni del demanio marittimo alla Direttiva 123/2006/CE, dalla quale scaturisce l’obbligo di procedere attraverso procedure ad evidenza pubblica al fine di assegnare le concessioni in scadenza.
Allo stesso modo, la Corte di Giustizia ha affermato che l’art. 49 TFUE si ponesse in contrasto con “…una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”.
Tuttavia, nonostante l’influenza della presente pronuncia, il Parlamento italiano ha continuato ad estendere i termini di scadenza delle concessioni, da ultimo, come detto, con l’art. 1, commi 682,683,684, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.
Per tale motivo, con l’approssimarsi delle stagioni estive si assiste al proliferare di pronunce giurisprudenziali nazionali volte a risolvere l’annoso problema di compatibilità con il diritto comunitario delle normative nazionali in tema di rinnovo delle concessioni demaniali.
La giurisprudenza amministrativa maggioritaria afferma il contrasto del regime nazionale dell’art. 1, commi 682 e ss., della L. n. 145 del 2018, con l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE, nonché con gli artt. 49 e 56 del TFUE, in quanto suscettibile di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno, determinando una disparità di trattamento tra operatori economici mediante preclusioni o ostacoli alla gestione dei beni demaniali oggetto di concessione.
Per l’effetto, la recente giurisprudenza statuisce che la proroga legislativa delle concessioni balneari fino al 2033 debba essere disapplicata.[3]
A tal proposito, il Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 2002 del 9 marzo 2021, ha ribadito che il rilascio della concessione demaniale marittima ad uso turistico ricreativo, in ragione della normativa disciplinante il settore, non può sottostare ad un rinnovo automatico, essendo necessaria una selezione tra gli aspiranti concessionari.[4]
Inoltre, il novellato art. 37, comma 2, del Codice della Navigazione stabilisce che “Al fine della tutela dell’ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili”. Pertanto, con l’abrogazione del c.d. “diritto di insistenza” ed in conformità ai principi di concorrenza, corretto funzionamento dei mercati, nonché libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, “il titolare del titolo concessorio in questione può vantare un mero interesse di fatto a che l’amministrazione proceda ad una nuova concessione in suo favore e non già una situazione qualificata in qualità di concessionario uscente, con conseguente inconfigurabilità di alcun obbligo di proroga ex lege o da parte dell’amministrazione”.[5]
Peraltro, anche la Corte Costituzionale, con la recente sentenza del 29 gennaio 2021 n. 10, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una norma di legge regionale che prevedeva un meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime in essere, poiché comportava la sottrazione della materia alla disciplina concorrenziale.
Ne consegue che la proroga automatica delle concessioni demaniali in assenza di gara non può avere cittadinanza nel nostro ordinamento in quanto contrastante con i principi “euro-unitari”.
A tal proposito, appare inevitabile il richiamo alla storica sentenza “Costa contro Enel” del 15 luglio 1964, con la quale la Corte di Giustizia ha sancito il principio del primato del diritto comunitario sulla disciplina nazionale, stabilendo che, in caso di contrasto fra una norma interna e una norma europea, quest’ultima prevale al fine di garantire l’uniforme applicazione del diritto europeo in tutti gli Stati membri.
Inoltre, con la celebre sentenza “Simmenthal” del 9 marzo 1978, la Corte di Giustizia UE ha affermato il potere dei giudici ordinari di disapplicare la normativa nazionale in contrasto con le norme comunitarie direttamente applicabili, dichiarando che “in forza del principio della preminenza del diritto comunitario, il giudice nazionale, incaricato di applicare le disposizioni del diritto comunitario ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando, all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”.
L’orientamento giurisprudenziale contrario
Totalmente discorde alla ricostruzione interpretativa suesposta è la recente e singolare decisione del T.A.R. Puglia -Lecce, adottata con sentenza n. 1321 del 27 novembre 2020, da ultimo confermata con la pronuncia n. 268 del 15 febbraio 2021.
La Sezione di Lecce del T.A.R. Puglia, infatti, ritiene che la Direttiva Bolkestein non sia qualificabile come “self-executing”, in quanto non possiede i requisiti oggettivi dell’auto-esecutività: pertanto, non è suscettibile di diretta ed immediata applicazione, necessitando di una specifica normativa nazionale attuativa. Dunque, la qualifica della Direttiva “servizi”, quale esente da diretta applicazione, ha condotto il T.A.R. Puglia – Lecce a respingere la disapplicazione dell’art. 1, commi 682 e ss., della L. n. 145 del 2018, ritenuta ingiustificata poiché la materia non sarebbe regolata da una norma concorrente superiore.
CONCLUSIONI
Gli incostanti approdi della giurisprudenza amministrativa sul tema delle concessioni del demanio marittimo per finalità turistico-ricreative comportano evidenti conseguenze sulla certezza della normativa realmente applicabile, sull’attività imprenditoriale e, naturalmente, sulla tutela del bene demaniale stesso.
La richiamata scelta del legislatore di estendere nuovamente il termine di scadenza delle concessioni demaniali marittime rafforza un meccanismo ozioso e controproducente, cui il Parlamento italiano è particolarmente affezionato. L’inadeguato quadro normativo disciplinante la materia, necessita, dunque, di una rapida e consapevole riforma.
Infatti, al netto degli ovvi interessi economici di parte, sinora molto tutelati dalle istituzioni nazionali e locali italiane, le proroghe automatiche delle autorizzazioni demaniali marittime dovrebbero essere, una volta per tutte, eliminate, poiché sottraggono l’istituto dalle procedure di selezione competitiva, ponendosi in conflitto con i principi comunitari di concorrenza, corretto funzionamento del mercato, trasparenza, imparzialità, nonché libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi.
Per di più, lo stato attuale di grande incertezza della materia delle concessioni del demanio marittimo non è di interesse per l’ordinamento italiano, in quanto la violazione del diritto comunitario può comportare, come noto, l’ennesimo avvio di una procedura formale di infrazione con conseguenti gravi sanzioni pecuniarie a carico del nostro Stato.
Studio Legale Dal Piaz
[1] Cfr. in proposito, Corte di Giustizia, sentenza 5 aprile 1979, Ratti, 148/78, punto 23, “Ne consegue che il giudice nazionale cui il singolo amministrato che si sia conformato alle disposizioni di una direttiva chieda di disapplicare una norma interna incompatibile con detta direttiva non recepita nell’ordinamento interno dello Stato inadempiente deve accogliere tale richiesta, se l’obbligo di cui trattasi è incondizionato e sufficientemente preciso”; Corte di Giustizia, sentenza 1 luglio 2010, Gassmayr, C‑194/08, punto 45, “Una disposizione del diritto dell’Unione è incondizionata se sancisce un obbligo non soggetto ad alcuna condizione né subordinato, per quanto riguarda la sua osservanza o i suoi effetti, all’emanazione di alcun atto da parte delle istituzioni della Comunità o degli Stati membri. Essa è sufficientemente precisa per poter essere invocata da un singolo ed applicata dal giudice allorché sancisce un obbligo in ter- mini non equivoci”.
[2] R. Trudu, La nuova “proroga” delle concessioni demaniali marittime deve essere disapplicata, in Azienditalia, 2019, 6, 889 (commento alla normativa).
[3] Cfr. T.A.R. Toscana Firenze Sez. II, 08 marzo 2021, n. 363; T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 29 gennaio 2021, n. 265.
[4] Cfr. Cons. St. Sez. VI, 17 luglio 2020, n. 4610; Cons. St. Sez. VI, 18 novembre 2019, n. 7874; Cons. St. Sez. VI, 6 giugno 2018, n. 3412.
[5] Cfr. T.A.R. Toscana Sez. II, 08 marzo 2021, n. 363; T.A.R. Campania – Salerno Sez. II, 29 gennaio 2021, n. 265; T.A.R. Campania – Napoli Sez. VII, 16 giugno 2020, n. 2432; T.A.R. Campania – Salerno Sez. II, 10 febbraio 2020, n. 221.