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Il nuovo Codice dei contratti pubblici ed il divieto di ribasso dei costi della manodopera: primi contrasti giurisprudenziali.

 

L’art. 41, comma 14, del D.Lgs. n. 36/2023 è uno degli articoli del nuovo Codice che più ha suscitato dubbi ed incertezze in ordine alla sua corretta interpretazione e conseguente applicazione, sia in dottrina sia in giurisprudenza.

La disciplina

 

L’art. 41, comma 14, del D.Lgs. n. 36/2023 dispone che: “nei contratti di lavori e servizi, per determinare l’importo posto a base di gara, la stazione appaltante o l’ente concedente individua nei documenti di gara i costi della manodopera secondo quanto previsto dal comma 13. I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso. Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.

La norma ribadisce l’obbligo, già previsto dal previgente D.Lgs. n. 50/2016 all’art. 23, comma 16, per la Stazione appaltante o l’Ente concedente di individuare, nei contratti di lavori o servizi, il costo della manodopera nei documenti di gara. Lo stesso comma contiene l’indicazione, in accordo con quanto disposto dalla L. n. 78/2022 ed in parziale modifica del previgente disposto del D.Lgs. n. 50/2016, che oltre ai costi della sicurezza anche quelli della manodopera devono sempre essere scorporati dagli importi soggetti a ribasso.

Tale disposizione riprende, dunque, quanto già affermato dall’art. 82, comma 3 bis, del D.Lgs. n. 163/2006 in ordine alla cui applicazione l’AVCP, con atto di segnalazione n. 2 del 19 marzo 2014, aveva duramente criticato la norma, segnalando al Governo e al Parlamento che “il costo complessivo del personale, per ciascun concorrente, è da ritenere che si determini in base alla reale capacità organizzativa d’impresa che è funzione della libera iniziativa economica ed imprenditoriale (art. 41 Cost.) e come tale non può essere in alcun modo compressa mediante predeterminazioni operate ex ante”[1]. Conformemente con quanto affermato dall’AVCP nel citato atto di segnalazione, il vigente art. 41, comma 14, contiene una clausola di chiusura secondo la quale è possibile per l’operatore economico dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale.

L’ interpretazione di ANAC e MIT

Secondo l’ANAC, la lettura sistematica del comma 14 dell’art. 41 induce a ritenere che il costo della manodopera sia parte integrante dell’importo posto a base di gara, seppur quantificato ed indicato separatamente, su cui applicare il ribasso offerto[2]. Infatti, la prima parte del menzionato articolo stabilisce la scorporabilità dei costi della manodopera dall’importo assoggettato al ribasso, mentre la seconda parte riconosce all’operatore economico concorrente la possibilità di dimostrare che il ribasso sia conseguenza di una più efficiente organizzazione aziendale.

L’interpretazione della norma data da ANAC “consente un adeguato bilanciamento tra la tutela rafforzata della manodopera – che costituisce la ratio della previsione dello scorporo dei costi della manodopera, evincibile dal criterio contenuto nella lett. t) dell’art. 1, comma 1, della legge delega (L. n. 78/2022) – con la libertà di iniziativa economica e d’impresa, costituzionalmente garantita […]”[3]. Inoltre, l’Autorità ha sottolineato che solo questa interpretazione permette di integrare la previsione di cui all’art. 41 con quanto previsto dagli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36/2023. Tali norme stabiliscono, rispettivamente, l’obbligo per l’operatore economico di indicare i costi della manodopera a pena di esclusione dalla gara e l’inclusione dei costi della manodopera dichiarati dal concorrente tra gli elementi specifici in presenza dei quali la Stazione appaltante avvia il procedimento di verifica dell’anomalia.

Dello stesso avviso è anche il MIT, secondo il quale l’offerta economica presentata dall’operatore economico non è unicamente costituita dal ribasso operato sull’importo al netto della manodopera, posto che il valore della manodopera deve essere già incluso al suo interno; invero, tale importo non può essere considerato come aggiuntivo ma è parte integrante dell’offerta ed è soggetto a verifica[4].

La giurisprudenza

La questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 41, comma 14, ha interessato anche la giurisprudenza che, in più di un’occasione, si è pronunciata in merito alla citata norma.

Il Consiglio di Stato nella Sentenza n. 5665/2023, in una controversia alla quale si applicava ratione temporis il previgente D.Lgs. n. 50/2016, ha fatto riferimento all’art. 41, comma 14, del Codice vigente affermando che una clausola contenuta nella lex specialis che impone il divieto all’operatore economico di effettuare un ribasso sui costi della manodopera è in netto contrasto con l’art. 97, comma 6, D.Lgs. n. 50/2016 e con il più generale principio di libera concorrenza nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici.

Nella motivazione, invero, il Collegio ha richiamato il disposto dell’art. 41, comma 6, del nuovo Codice quale supporto interpretativo, affermando che la norma dispone che “in ogni caso che i costi della manodopera e della sicurezza siano sempre scorporati dagli importi assoggettati a ribasso” al fine di consentire al concorrente la possibilità di dimostrare che un ribasso sui costi della manodopera sia conseguenza di una più efficiente organizzazione aziendale, in accordo con quanto stabilito dall’art. 41 della Costituzione[5].

Recentemente è tornato sulla questione il T.A.R. per la Toscana, che con la Sentenza n. 120/2024 ha stabilito che il comma 14 dell’art. 41 del Codice vigente deve essere interpretato in conformità a quanto previsto dagli artt. 108, comma 9, e 110, comma 1, del D.Lgs. n. 36/2023. Nello specifico, il comma 9 dell’art. 108 prevede che il concorrente debba indicare, a pena di esclusione, nell’offerta economica oltre agli oneri di sicurezza aziendali anche i costi della manodopera, mentre l’art. 110, comma 1, richiama espressamente l’art. 108, includendo i costi della manodopera negli elementi specifici che la Stazione appaltante deve valutare in caso di anomalia dell’offerta.

Per l’effetto, il T.A.R. ha affermato che se l’intenzione del legislatore fosse stata quella di prevedere costi della manodopera fissi e invariabili “non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta”[6]. Inoltre, il Giudice amministrativo ha ribadito che l’assoluta inderogabilità dei costi della manodopera comporterebbe un’illegittima compressione della libertà di impresa, in netto contrasto con la disciplina costituzionale.

In conclusione, a conferma di quanto statuito, Il T.A.R. ha richiamato il precedente del Consiglio di Stato sopra riportato nonché i citati pareri di ANAC e MIT.

Da ultimo si è diversamente pronunciato il T.A.R. per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, su una controversia relativa ad una proposta di aggiudicazione di un appalto integrato, sulla base di una graduatoria che la Stazione appaltante aveva stilato senza tener conto che l’importo ribassato comprendeva anche i costi della manodopera.

Secondo il T.A.R. in questione, al contrario di quanto affermato nelle pronunce precitate, l’art. 41, comma 14, D.Lgs. n. 36/2023 “contiene il riferimento a due concetti distinti e, come si vedrà, non (sono) sovrapponibili ovvero “l’importo posto a base di gara”, nell’individuare il quale la stazione appaltante deve prevedere anche il cd. costo della manodopera, e l’“importo assoggettato al ribasso” dal quale, invece, “i costi della manodopera”, devono essere scorporati” [7].

Il Giudice ha stabilito dunque che i costi della manodopera non possono essere inclusi nell’importo soggetto a ribasso, pur rientrando nel costo posto a base d’asta, al fine di non sottostimare le retribuzioni dei lavoratori impiegati nell’esecuzione delle commesse pubbliche.

Tuttavia, è fatta salva per gli operatori economici la possibilità, separatamente rispetto all’importo soggetto a ribasso, di prevedere costi della manodopera inferiori rispetto a quelli stabiliti ex ante dalla Stazione appaltante nell’importo posto a base di gara. Il ribasso “indiretto” dei costi della manodopera deve però essere giustificato con una più efficiente organizzazione aziendale, circostanza che il concorrente avrà l’onere di dimostrare in sede di verifica di anomalia dell’offerta, che nella fattispecie la Stazione appaltante aveva doverosamente promosso.

Sono sorti, quindi, i primi contrasti giurisprudenziali in merito all’interpretazione del disposto di cui al comma 14 dell’art. 41 del nuovo Codice; si spera che, in tempi celeri, il Consiglio di Stato provveda ad uniformare la giurisprudenza in materia onde consentire alle Stazioni appaltanti di definire correttamente l’importo effettivamente ribassabile posto a base di gara.

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1] Cfr. AVCP, atto di segnalazione n. 2 del 19.03.2014 (https://www.anticorruzione.it/documents/91439/211596/Atto+di+segnalazione+n.+2+del+19+marzo+2014.pdf/ce37d44f-426d-1d14-11b2-e08dcfd15be1?t=1586424440970)
[2] Delibera ANAC n. 528 del 15.11.2023 (https://www.lavoripubblici.it/normativa/20231115/Delibera-ANAC-15-novembre-2023-n-528-27077.html#).
[3] Ibidem.
[4] Parere MIT n. 2154 del 19.07.2023 (https://www.lavoripubblici.it/documenti2023/lvpb4/parere-mit-19072023-2154.pdf).
[5] Così, Cons. Stato, Sez. V, 09.06.2023, Sentenza n. 5665.
[6] Cfr. T.A.R. Toscana, Sez. IV, 29.01.2024, Sentenza n. 120.
[7] Così, T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 08.02.2024, Sentenza n. 119.

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