PARTNERSHIP

Descrizione dell'immagine

IL CONSENSO INFORMATO NON PRESTATO DAL PAZIENTE RISARCIBILITA’ DEI DANNI.

 

Con la Sentenza n. 165 del 13.02.2023 la Corte d’Appello di Catanzaro affronta il tema della risarcibilità dei danni derivanti dalla mancata acquisizione del consenso informato del paziente.

Il consenso informato

Il consenso informato del paziente trova fondamento nei diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti dagli artt. 2, 13 e 32 della Costituzione, che prevedono il diritto all’autodeterminazione, l’inviolabilità della persona – intesa quale libertà di disporre del proprio corpo – ed il diritto alla salute.

Ai sensi dell’art. 1, comma 6, della L. n. 219/2017[1], senza il consenso del paziente il medico non può sottoporlo ad accertamenti sanitari, cure mediche, interventi chirurgici, neppure quando la prestazione sanitaria sia indispensabile per salvargli la vita.

Infatti, il diritto all’autodeterminazione del paziente si sostanzia nella possibilità concessa al singolo di scegliere liberamente in merito agli atti che coinvolgono il proprio corpo ed alle proprie aspettative di salute e di vita, ad eccezione dell’ipotesi in cui le legge preveda l’obbligo di un determinato trattamento sanitario (art. 32, comma 2, Cost.).

Quindi, gli unici limiti all’autodeterminazione del paziente sono quelli connessi all’urgenza dell’intervento sanitario, tale da precludere la possibilità di un consenso informato, nonché al pubblico interesse.

Inoltre, affinché possa ritenersi integrata la prestazione di un valido consenso (sempre revocabile fin quando l’atto medico cui si riferisce non sia stato eseguito) è necessario che l’assistito venga preventivamente, correttamente, chiaramente ed esaustivamente informato sulle proprie condizioni di salute, sulle alternative diagnostiche e terapeutiche disponibili e, quindi, su esiti, rischi e benefici di ciascuna (art. 1, comma 3, L. n. 219/2017).

In caso di inadempimento ai predetti obblighi informativi, e, quindi, di lesione del diritto all’autodeterminazione che compete al paziente, l’esercente le professioni sanitarie potrà incorrere in responsabilità, ancorché il trattamento medico sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto (ex multis, Cass. Civ., Sentenza n. 9887/2020).

Il fatto

I familiari superstiti di un paziente deceduto a seguito di un trattamento radioterapico hanno adito il Tribunale al fine di ottenere la condanna solidale al risarcimento dei danni (iure proprio e iure hereditatis) del medico oncologo e della struttura sanitaria asserendo il verificarsi di un episodio di malpractice medica.

In particolare, i parenti del defunto hanno lamentato la mancanza di un valido consenso alla chemioterapia da parte del parente, che, a detta loro, avrebbe certamente rifiutato la prestazione sanitaria qualora avesse avuto contezza degli effetti collaterali.

Tuttavia – aderendo alla contestazione del medico che ha eccepito l’insussistenza di un nesso causale tra l’omesso consenso informato ed il danno lamentato – il Tribunale ha rigettato le domande risarcitorie degli attori evidenziando la mancata allegazione e la mancata prova di un danno-conseguenza apprezzabile derivante dalla lesione alla libertà di autodeterminazione.

La decisione della Corte di Appello

La Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la decisione del Giudice di prime cure.

Infatti, nella parte motiva della Sentenza il Collegio ha ribadito un principio di diritto già oggetto di un consolidato orientamento giurisprudenziale[2]: “in materia di responsabilità sanitaria, l’inadempimento dell’obbligo di acquisire il consenso informato del paziente assume diversa rilevanza causale a seconda che sia dedotta la violazione del diritto all’autodeterminazione o la lesione del diritto alla salute posto che, se, nel primo caso, l’omessa o insufficiente informazione preventiva evidenzia “ex se” una relazione causale diretta con la compromissione dell’interesse all’autonoma valutazione dei rischi e dei benefici del trattamento sanitario, nel secondo, invece, l’incidenza eziologica del deficit informativo sul risultato pregiudizievole dell’atto terapeutico correttamente eseguito dipende dall’opzione che il paziente avrebbe esercitato se fosse stato adeguatamente informato ed è configurabile soltanto in caso di presunto dissenso, con la conseguenza che l’allegazione dei fatti dimostrativi di tale scelta costituisce parte integrante dell’onere della prova – gravante sul danneggiato – del nesso eziologico tra inadempimento ed evento dannoso”.

Inoltre, la giurisprudenza di merito esclude la sussistenza di un danno “in re ipsa” anche quando la domanda risarcitoria si fondi sulla violazione del diritto alla autodeterminazione: infatti, non dovendosi confondere la lesione del diritto con le conseguenze pregiudizievoli che in concreto da esso derivano, è indispensabile allegare specificamente quali altri pregiudizi, diversi dal danno alla salute eventualmente derivato, il danneggiato abbia subito.

Secondo la Corte d’Appello, nel caso di specie gli appellanti non hanno allegato prove dalle quali ricavare il dissenso presunto del paziente rispetto alla terapia in concreto somministratagli; infatti i parenti si sono limitati ad evidenziare le circostanze verificatesi successivamente al trattamento medico (le sofferenze del paziente e l’accelerazione dell’evento morte), senza alcuna allegazione in ordine a circostanze utili a ricostruire la scelta che presumibilmente il paziente avrebbe effettuato ex ante, se correttamente ed esaustivamente informato.

Quindi, l’assenza di una valida alternativa terapeutica e, comunque, di ulteriori elementi dai quali desumere la volontà del defunto hanno indotto il Collegio a ritenere che “tra il non curare affatto e il curare mediante trattamento farmacologico […] il paziente avrebbe optato per questa seconda scelta”.

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]“Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.
[2]Ex multis, Cass. Civ., Ordinanza n. 24471/2020.

Share This

Copy Link to Clipboard

Copy