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IL COMPLESSO MECCANISMO DEGLI “EXTRAPROFITTI” AL VAGLIO DELLA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA

 

Al fine di fronteggiare lo straordinario aumento del costo dell’energia e finanziare gli aiuti sul caro bollette, nell’anno 2022 sono state adottate dal legislatore alcune misure di natura impositiva a carico delle aziende energetiche, recentemente sottoposte all’attenzione del Giudice Amministrativo.

Le primissime pronunce intervenute in materia sono particolarmente interessanti perché permettono di intravedere l’instaurarsi di un nuovo filone di contenzioso, che vede in primo piano le aziende energetiche.

Inoltre, il recente passaggio in Parlamento del Disegno di Legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per il 2023 (Legge di Bilancio 2023) impone alcune riflessioni sul complesso meccanismo degli extraprofitti, che si sta rivelando carico di implicazioni dal punto di vista del diritto costituzionale, amministrativo, energetico e tributario.

Il meccanismo di compensazione “a due vie”

Il meccanismo di compensazione “a due vie’”, introdotto dall’art. 15-bis D.L. 4/2022 (conv. con modificazioni in Legge 28 marzo 2022 n. 25), è così denominato perché legato all’andamento del prezzo di mercato dell’energia elettrica, che viene rapportato ad un prezzo cd. ‘di riferimento’, calcolato come media aritmetica dei prezzi definiti per ciascuna zona geografica di mercato[1]. Quando il prezzo di mercato dell’energia elettrica è superiore rispetto al prezzo di riferimento, i produttori sono tenuti a restituire gli “extraprofitti” ottenuti dalla vendita dell’energia elettrica. Viceversa, nel caso in cui il prezzo medio di riferimento sia superiore al prezzo di mercato dell’energia, il GSE eroga il relativo importo al produttore. 

La disciplina di riferimento è stabilita dall’articolo 15-bis D.L. 4/2022 e dalla Delibera dell’Autorità di regolazione per l’energia, reti e ambiente (ARERA) n. 266/2022 del 21 giugno 2022 recante “Attuazione dell’articolo 15-bis del Decreto-Legge 27 Gennaio 2022, n. 4, in merito a interventi sull’elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili”.

Il meccanismo di compensazione a due vie trova applicazione dal 1° febbraio 2022 fino al 31 dicembre 2022, in riferimento all’energia elettrica immessa in rete da “a) impianti  fotovoltaici  di  potenza  superiore  a  20  kW  che beneficiano  di  premi  fissi  derivanti  dal  meccanismo  del Conto Energia, non dipendenti dai prezzi di mercato; b) impianti di potenza superiore a  20  kW  alimentati  da  fonte solare, idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica che non accedono a meccanismi  di  incentivazione,  entrati   in   esercizio   in   data antecedente al 1° gennaio 2010, ivi inclusi gli impianti non incentivati che cedono l’energia al GSE tramite il ritiro dedicato o lo scambio sul posto (…)” (art. 2.1. della Delibera ARERA 266/2022). Sono inclusi nell’ambito di applicazione anche gli impianti di produzione inclusi in sistemi di autoconsumo o sistemi di distribuzione chiusi in relazione all’energia immessa in rete.

Inoltre, il meccanismo di compensazione non si applica all’energia oggetto di contratti di fornitura conclusi prima del 27 gennaio 2022,  a  condizione che  essi “non  siano  collegati all’andamento  dei  prezzi  dei  mercati  spot  dell’energia  e  che, comunque, non siano stipulati a un prezzo medio superiore del 10  per cento rispetto al valore di cui al comma 3, lettera a), limitatamente al periodo di durata dei predetti contratti” (art. 15-bis, comma 7, D.L. 4/2022).

Condizione di applicazione di tale complesso sistema è che gli stessi produttori interessati trasmettano  al  Gestore dei servizi energetici – GSE S.p.A. (GSE) le informazioni necessarie a verificare l’inclusione o meno dei rispettivi impianti nel perimetro dell’art. 15-bis D.L. 4/2022.

Pertanto, ai sensi dell’articolo 2.5 della Delibera ARERA 266//2022 del 21 giugno 2022, entro il 10 luglio 2022 il GSE ha trasmesso ai produttori la “Comunicazione di inclusione nel perimetro degli impianti interessati dall’art. 15-bis del DL 27 gennaio 2022, n. 4 cd ‘Sostegni ter’”.

In base a tale comunicazione, i produttori avrebbero dovuto inviare al GSE le informazioni richieste entro e non oltre il 10 agosto 2022 (articolo 3 della Delibera), tramite dichiarazione resa ai sensi del D.P.R. 445/2000. Decorso inutilmente tale termine, si presume che non siano presenti contratti di fornitura e, conseguentemente, l’impianto si intende incluso integralmente nel meccanismo di compensazione previsto dall’art. 15-bis del Decreto.

A seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 15-bis, alcune imprese produttrici di energia da fonte rinnovabile hanno promosso ricorso avverso la Delibera ARERA, recante attuazione dell’art. 15 bis D.L. 4/2022, e gli atti conseguenti assunti da GSE per la restituzione della differenza tra prezzo di mercato e prezzo di riferimento, sollevando anche questioni di incostituzionalità e di incompatibilità di tale meccanismo con il diritto europeo.
Con le recentissime sentenze del T.A.R. Lombardia – Milano del 01.12.2022 nn. 2675, 2676, 2677 (di cui è stato pubblicato, finora, solo il dispositivo e non la motivazione integrale), è stata annullata la Deliberazione ARERA del 21 giugno 2022 n. 266/2022/R/EEL, attuativa dell’articolo 15-bis D.L. 4/2022, sulla cui base GSE ha adottato la Comunicazione di inclusione nel perimetro di impianti interessati dall’art. 15-bis.

Tali sentenze di annullamento, per la cui compiuta analisi si attende la pubblicazione della motivazione, sembrano dunque porre ora in discussione l’obbligo di restituzione delle somme richieste dal GSE ed il diritto di quest’ultimo di applicare il prezzo di riferimento imposto dall’art. 15-bis.

Al tempo stesso, tuttavia, occorre considerare che l’art. 15-bis del D.L. 4/2022 è considerata in dottrina norma “auto-applicativa”, in quanto descrive compiutamente il meccanismo di compensazione a due vie. L’intervento di ARERA e di GSE, infatti, pare limitato esclusivamente a descrivere le modalità di determinazione degli extraprofitti da restituire. Pertanto, in assenza di uno scrutinio di legittimità costituzionale che investa la legittimità del meccanismo di compensazione istituito e regolato dall’art. 15-bis appare per ora difficile ritenere il pagamento delle fatture inviate dal GSE come non dovuto.

Il contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario

Parallelamente, l’art. 37 del D.L. 21 marzo 2022 n. 21 (cd. “Taglia prezzi”, convertito con modificazioni in Legge 20 maggio 2022 n. 51) ha introdotto una nuova misura impositiva straordinaria, dovuta solo per l’anno 2022, definita come “contributo a titolo di prelievo solidaristico straordinario” al fine di finanziare gli aiuti contro il caro bollette.

L’ambito di applicazione di tale contributo è più ampio rispetto a quello individuato per il meccanismo di compensazione a due vie. Soggetti passivi di tale misura sono, invero, le imprese che esercitano l’attività di produzione di energia elettrica, di gas metano o di estrazione di gas naturale, i soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale o che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi; nonché i soggetti che, per la successiva rivendita, importano a titolo definitivo energia elettrica, gas naturale o gas metano, prodotti petroliferi o che introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea. 

A differenza di quanto previsto dal meccanismo di compensazione a due vie, quindi, sono inclusi, oltre ai produttori di energia da fonti rinnovabile, anche i produttori di energia da fonti fossili. Per questa ragione, è stato da subito paventato il rischio di una doppia imposizione a carico delle imprese produttrici di energia da fonte rinnovabile, derivante dal combinato disposto dell’art. 15-bis del D.L. 4/2022 e dell’art. 37 D.L. 21/2022[2].

La base imponibile del contributo solidaristico straordinario è individuata dal comma 2 dell’art. 37 del D.L. 21/2022 nell’incremento del saldo tra le operazioni attive e le operazioni passive IVA, riferito al periodo dal 1 ottobre 2021 al 30 aprile 2022, rispetto al saldo delle medesime operazioni del periodo dal 1 ottobre 2020 al 30 aprile 2021. Il contributo si applica nella misura del 25 per cento nei casi in cui il suddetto incremento sia superiore ad euro 5.000.000; il contributo non è dovuto se l’incremento è inferiore al 10 per cento.

Anche in tale caso, la definizione degli adempimenti, anche dichiarativi, e le modalità di versamento del contributo sono stati demandati ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, adottato (sentita l’ARERA) con provvedimento prot. n. 221978 del 17 giugno 2022, recante “Definizione degli adempimenti, anche dichiarativi, e delle modalità di versamento del contributo straordinario, ai sensi dell’articolo 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21. Definizione delle modalità per lo scambio delle informazioni con la Guardia di finanza”, ed alla successiva Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 22/E del 23 giugno 2022.

Il sistema non è nuovo, in quanto simile a quello già introdotto dalla cd. “Robin Hood Tax” (introdotta con D.L. 112/2008), dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 10/2015 per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Avverso il provvedimento adottato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, nonché di tutti gli atti e le circolari ad esso connessi, è stato proposto ricorso dinnanzi al T.A.R. per il Lazio – Roma da numerose imprese energetiche, deducendo, anche in questo caso, profili di illegittimità costituzionale della norma e di incompatibilità con il diritto dell’Unione Europea. 

Tali ricorsi sono stati oggetto, anche in questo caso, di alcune recentissime sentenze pubblicate in data 17.11.2022[3].

Il T.A.R. ha dichiarato inammissibili i ricorsi, partendo dal presupposto che il contributo in esame costituisca un prelievo di natura tributaria, in quanto ne sussisterebbero tutti gli indicatori correntemente indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza, individuati: nella matrice legislativa della prestazione imposta, nella finalizzazione a procurare una decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo, nell’assenza di un rapporto sinallagmatico e nella destinazione delle conseguenti risorse a sovvenire pubbliche spese. 

Gli atti impugnati, attuativi della disciplina di rango legislativo, sono pertanto stati ritenuti non assoggettabili alla giurisdizione amministrativa. Particolarmente interessante, a questo proposito, è la constatazione secondo cui la delega prevista dal comma 5 dell’art. 37 al Direttore dell’Agenzia delle Entrate non contemplerebbe in alcun modo il potere di incidere sugli elementi strutturali dell’imposta, limitandosi a definire gli adempimenti anche dichiarativi e le modalità di versamento del tributo. Analogamente è stato riconosciuto carattere meramente “ricognitivo” alle circolari adottate dall’Agenzia delle Entrate.

In sostanza, il T.A.R. Lazio ha escluso la natura regolamentare (per assenza dei requisiti di innovatività) e di atti amministrativi generali (per assenza di requisiti di novità in punto di organizzazione e di regolazione minuta delle attività dell’Amministrazione finanziaria e dei contribuenti) del Provvedimento adottato dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate. Inoltre, è stato precisato come la circolare non costituisca atto impugnabile né innanzi al Giudice Amministrativo, non essendo un atto generale di imposizione, né innanzi al Giudice Tributario, non essendo atto di esercizio di potestà impositiva.  

Analogamente a quanto già osservato in relazione al meccanismo di compensazione a due vie, è stata quindi riconosciuta la natura “auto-applicativa” delle disposizioni introdotte dall’art. 37 D.L. 21/2022, tale per cui “non è dubitabile che la eventuale eliminazione dal mondo giuridico degli atti gravati lascerebbe intatto l’obbligo tributario, con i medesimi presupposti di imposta, i medesimi soggetti passivi, la medesima base imponibile e i medesimi importi e termini di versamento già tutti prescritti dall’art. 37 del decreto legge n. 21 del 2022 come convertito in legge” (par. 3 della Sentenza).

In questa prospettiva, il T.A.R. Lazio ha ‘svelato’ la natura di “lis ficta” del ricorso, volto a proporre in via principale, e non incidentale, una questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata. Il ricorso è stato dunque ritenuto inammissibile anche in considerazione del fatto che il Giudice Amministrativo, non essendo dotato di giurisdizione sugli atti impugnati, non potrebbe, neppure dopo un’eventuale dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 37 D.L. 21/2022, regolare la controversia annullando gli atti medesimi.

La Sentenza in esame ha accertato non solo il difetto di legittimazione del Giudice Amministrativo, ma anche dello stesso Giudice Tributario, trattandosi di atti che “non determinano, in concreto, in capo alle aziende ricorrenti, alcuna imposizione tributaria diversa che quella specificamente e minutamente direttamente disposta dall’art. 37 citato” (par. 5 della Sentenza), e, quindi, meramente ripetitivi. In conclusione, è stato affermato che la giurisdizione tributaria sussisterà solo nei confronti dell’eventuale avviso di accertamento  per omesso o parziale versamento, oppure in ragione dell’eventuale diniego del rimborso di quanto versato.

In tal senso, l’inammissibilità dei ricorsi al T.A.R. Lazio non è stata considerata[4] una vittoria né per l’Erario, poiché non appena saranno emanati gli avvisi di accertamento verosimilmente sarà possibile riproporre tutti i motivi di ricorso non esaminati dal Giudice amministrativo, né per le imprese energetiche, comunque tenute ad accantonare gli extraprofitti per poi, eventualmente, versarli su semplice richiesta delle Agenzie fiscali.

***

L’analisi delle sentenze del T.A.R. Lazio può ritenersi particolarmente interessante in considerazione degli esiti interpretativi appena riportati; occorre infatti domandarsi se e in quali limiti essi siano ‘trasponibili’ anche alle controversie sottoposte all’esame del T.A.R. Lombardia, anche se giunto a conclusioni opposte. Invero, sarebbe possibile sostenere che anche gli atti adottati da ARERA e da GSE assumano carattere ricognitivo rispetto ad una disciplina già di per sé compiutamente regolata dal legislatore (se non per le indicazioni di carattere tecnico e di dettaglio).

In ogni caso, occorre dare atto che il complesso quadro normativo in materia di “extraprofitti” delle imprese energetiche è in via di continuo mutamento. Il Disegno di Legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2023 prevede, all’art. 28, un “Contributo di solidarietà temporaneo” per l’anno 2023 per i soggetti che producono, importano, distribuiscono o vendono energia elettrica, gas naturale o prodotti petroliferi, al fine di contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi e delle tariffe del settore energetico per le imprese ed i consumatori. Se l’ambito di applicazione appare equivalente rispetto a quello dell’art. 37 D.L. 21/2022, l’aliquota è determinata nella misura del “50 per cento sulla quota del reddito complessivo conseguito nel periodo di imposta antecedente al 1°gennaio 2023, determinato ai fini IRES, che eccede, per almeno il 10 per cento, la media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi di imposta precedenti (….)”.

L’introduzione di un nuovo contributo straordinario anche per l’anno 2023 sembra lasciare presagire nuovi ricorsi ed impugnazioni da parte delle aziende energetiche che, in ogni caso, dovranno tenere conto delle acquisizioni della giurisprudenza amministrativa ormai formatasi in materia per l’anno 2022.

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Ossia per le zone in cui è suddivisa la rete di trasmissione elettrica ed alle quali possono connettersi gli impianti.
[2]Cfr. pag. 7 e pag. 12 Delibera ARERA 266/2022.
[3]Da ultimo si richiama la Sentenza T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 17.11.2022 n. 15278.
[4]Cfr. G. SAPORITO, “Extraprofitti, il TAR Lazio: inammissibile il ricorso delle società energetiche” in Il Sole24Ore, Norme e Tributi, 16.11.2022.

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