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IL C.D. “PRELIMINARE DI PRELIMINARE” E LA NOZIONE DI “AFFARE CONCLUSO”: Corte di Cassazione, Sez. II, Sentenza n. 31431/2023

 

Con la recentissima Sentenza n. 31431 del 13 novembre 2023 la Corte di Cassazione affronta il tema dell’idoneità del c.d. “preliminare di preliminare” a fondare il diritto alla provvigione (ex art. 1755 c.c.)  in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti.

Il contratto preliminare ed il c.d. “preliminare di preliminare”

Il contratto preliminare è il negozio giuridico con cui le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto definitivo, del quale deve essere già determinato il contenuto essenziale, pena l’invalidità per indeterminatezza.

In caso di inadempimento del preliminare, oltre all’integrazione di responsabilità contrattuale cui consegue la condanna al risarcimento dei danni, la Legge pone a disposizione della parte che vi ha interesse la facoltà di ottenere una sentenza costitutiva che produce gli effetti che avrebbe prodotto il contratto definitivo (esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto ai sensi dell’art. 2932 c.c.).

Una questione particolarmente discussa in giurisprudenza attiene all’ammissibilità di un contratto preliminare con il quale le parti si vincolano a perfezionare non un contratto definitivo, bensì – per ragioni che possono nascere dalla natura complessa della trattativa – un altro contratto preliminare, al quale poi dovrebbe seguire la stipulazione del contratto definitivo.

Con la Sentenza n. 4628/2015, le Sezioni Unite hanno finalmente sancito la validità e l’efficacia del contratto preliminare di preliminare, a condizione che il secondo contratto non sia meramente ripetitivo del primo, ma realizzi un interesse concreto delle parti meritevole di tutela.

In particolare, rientra nella nozione in esame il contratto che è caratterizzato da “una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l’accordo è irrevocabilmente raggiunto, [mentre restano] da concordare secondo buona fede ulteriori punti”.

La Suprema Corte ha inoltre statuito che “La violazione [del c.d. “preliminare di preliminare”], in quanto contraria a buona fede, è idonea a fondare, per la mancata conclusione del contratto stipulando, una responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale”.

Quindi, a mero titolo esemplificativo, il soggetto che non adempie alle disposizioni vincolanti contenute nelle lettere di intenti (LOI) ovvero nei c.d.memorandum of understanding (MOU) – documenti preparatori che rilevano nella fase di negoziazione contrattuale – oppure interrompe improvvisamente le trattative, è soggetto al predetto regime di responsabilità.

Il quadro giurisprudenziale

Sulla base della citata pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte, la giurisprudenza, inizialmente, ha affermato che la stipulazione di un contratto preliminare di preliminare è idonea a costituire il presupposto della “conclusione dell’affare” previsto dall’art. 1755 c.c., e, di conseguenza, a fondare il diritto del mediatore a conseguire la provvigione delle parti contraenti.

In particolare, poiché l’affare è inteso “come qualsiasi operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti”, allora, “anche una proposta di acquisto integrante “preliminare di preliminare” può far sorgere il diritto alla provvigione” (testualmente, Cass. Civ., Sentenza n. 923/2017) […]

Tuttavia, a far data dalla Sentenza n. 30083 del 19.11.2019, il predetto orientamento è stato riformato.

Infatti, posto che i)la conclusione dell’affare rileva solamente quando tra le parti “si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c.”, e che ii) il c.d. “preliminare di preliminare” costituisce  “un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. […] ma soltanto [idoneo a fondare] la responsabilità contrattuale della parte inadempiente per il risarcimento dell’autonomo danno […]” , la conclusione di un accordo a contenuto essenzialmente preparatorio, secondo la Suprema Corte, non è idoneo a vincolare le parti né ad assicurare una tutela specifica alla parte non inadempiente, e, quindi, non fa sorgere in capo al mediatore (eventualmente intervenuto per la sottoscrizione del negozio giuridico) il diritto alla provvigione ai sensi dell’art. 1755 c.c. (testualmente, Cass. Civ., Sentenza n. 30083/2019; ex multis, Cass. Civ., Ordinanze nn. 8879/2022, 7781/2020, 39377/2021).

Il caso

Nella Sentenza n. 31431 del 13.11.2023la Suprema Corte effettua un’interessante ricostruzione dell’evoluzione giurisprudenziale sul tema delle conseguenze giuridiche che derivano dalla stipulazione di un contratto preliminare di preliminare, partendo dall’esame del principio di diritto enunciato nella Sentenza delle Sezioni Unite n. 4628/2015.

La Corte, innanzitutto, rileva che le Sezioni Unite hanno individuato la causa del c.d. “preliminare di preliminare” nell’esigenze delle parti, in particolari e complesse trattative, di “riservare il consenso vincolante […] a verifiche che sono da valutare soggettivamente”.

In tale prospettiva, il contratto in esame costituisce un obbligo di contrattare, la cui violazione è sanzionabile come responsabilità da inadempimento di un’obbligazione di natura contrattuale, e non, invece, un obbligo di contrarre, come invece avviene nel caso di stipulazione di un contratto preliminare vero e proprio.

Quindi, “Dal “preliminare di preliminare” […] viene a scaturire il solo vincolo a non interrompere, violando la clausola di buona fede e correttezza, l’ulteriore trattativa finalizzata a pervenire alla definizione completa dell’operazione negoziale, pena l’insorgere di un obbligo meramente risarcitorio per violazione di un’obbligazione riconducibile alla terza delle categorie elencate dall’art. 1173 c.c.[1].

Il Collegio, dunque, censura l’orientamento giurisprudenziale che attribuisce alla stipulazione del contratto preliminare di preliminare l’idoneità a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore, in quanto basato sull’erroneo convincimento che la decisione delle Sezioni Unite abbia equiparato il contratto in esame ad un contratto pienamente vincolante e sottoposto, in caso di inadempimento, ad esecuzione coattiva.

In definitiva, la Suprema Corte ha cassato la Sentenza della Corte territoriale emessa nell’ambito di una mediazione immobiliare, affermando il seguente principio di diritto: “il c.d. “preliminare di preliminare”, pur essendo vincolo valido ed efficace se rispondente ad un interesse meritevole di tutela delle parti, risulta idoneo unicamente a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dell’affare, senza abilitare le parti medesime ad agire per la esecuzione specifica del negozio, nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato e, conseguentemente, non viene a costituire un “affare” idoneo, ex artt. 1754 e 1755 c.c., a fondare il diritto alla provvigione in capo al mediatore che abbia messo in contatto le parti medesime.

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1] L’art. 1173 c.c., rubricato “Fonti delle obbligazioni”, dispone che “Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”.

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