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FIDEIUSSIONE OMNIBUS: LA NULLITA’ DELLE CLAUSOLE PER CONTRARIETA’ ALLA NORMATIVA ANTITRUST

 

La fideiussione omnibus e l’orientamento della Banca d’Italia

Gli istituti di credito nei rapporti con la clientela spesso ricorrono a schemi negoziali predisposti dall’ABI[1]. Uno di questi attiene alle fideiussioni, largamente utilizzate negli ultimi decenni dalle banche, a garanzia dei debiti contratti da famiglie ed imprese nel tentativo di accedere al credito. 

Tali fideiussioni, dette “omnibus”, rientrano nel novero delle garanzie personali ed hanno quale caratteristica principale l’obbligo per il fideiussore di provvedere al pagamento della totalità dei debiti, presenti e futuri, che il debitore principale ha assunto (o assumerà) nei confronti del creditore. Non a caso tale istituto è stato plasmato sulla falsariga della fideiussione per obbligazioni future (disciplinata dall’art. 1938 c.c.). 

La problematica più rilevante che presenta tale tipologia di fideiussione attiene alle clausole contrattuali aventi la finalità di addossare al fideiussore eventuali conseguenze sfavorevoli derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza dell’istituto di credito o dall’invalidità dell’obbligazione principale. Tali clausole, ove applicate in modo uniforme, risultano in contrasto con la normativa in materia di concorrenza (Antitrust[2]), e risultano pertanto nulle. 

A tal proposito la Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 ha censurato, dichiarandoli nulli, gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie, poiché in contrasto con il disposto di cui all’art. 2, comma 2, lett. a) della L. 287/1990[3] in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza. In particolare, la lesione della concorrenza deriva dalla circostanza che le clausole del citato schema ABI determinano un chiaro ed ingiustificato squilibrio a svantaggio del garante.  

La Banca d’Italia ha infatti precisato che “tali clausole […] hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa[4]

Nel dettaglio, i citati articoli attengono alle seguenti tre clausole:

– clausola c.d. “di reviviscenza”, grazie alla quale il fideiussore è vincolato alla restituzione all’istituto delle somme che dallo stesso fossero state incassate in pagamento per obbligazioni garantite, restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca degli stessi pagamenti;

– clausola c.d. “di sopravvivenza”, in virtù della quale si prevede la sussistenza della fideiussione nel caso in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide (il debitore pertanto dovrà restituire le somme erogate in relazione al debito principale anche se lo stesso viene dichiarato nullo);

– clausola c.d. “di deroga”, mediante la quale il debitore rinuncia al termine di decadenza disposto in suo favore dall’art. 1957, comma 1[5], c.c.[6].

A seguito del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 sono sorti migliaia di contenziosi nei quali i fideiussori hanno proposto opposizioni avverso ai decreti ingiuntivi azionati dagli istituti di credito. 

L’intervento dirimente delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

Sul tema, un importante principio è stato sancito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, le quali hanno risolto un forte contrasto giurisprudenziale tramite la Sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021. 

La vicenda riguardava una società che ha stipulato un contratto di conto corrente ed un contratto di mutuo con una banca. A garanzia dei citati contratti, uno dei soci aveva sottoscritto due distinte fideiussioni per un valore eccedente il doppio di quello dei  suddetti contratti. Successivamente, l’istituto di credito aveva comunicato al debitore principale la volontà di procedere alla risoluzione dei contratti chiedendo la restituzione degli importi scoperti. Stante il rifiuto, il creditore otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti del fideiussore relativamente agli importi delle menzionate fideiussioni. L’ingiunto proponeva opposizione ed il Giudice, su istanza dell’opponente, sospendeva il giudizio in quanto nelle more veniva instaurato un ulteriore giudizio nel quale il fideiussore citava l’istituto chiedendo che fossero dichiarati nulli i contratti di fideiussione per violazione della disciplina Antitrust. 

Nella Sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021, dando ragione al fideiussore, le Sezioni Unite hanno disposto che le clausole facenti parte del contratto di fideiussione riconducibili a dinamiche anticoncorrenziali sono affette da nullità parziale ai sensi dell’art. 1419 c.c.. Pertanto, l’inefficacia si produce limitatamente alle clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI in quanto contrastanti con la normativa Antitrust. La peculiarità è che tale inefficacia non si ripercuote sulla totalità del contratto, il quale rimane quindi pienamente valido ed efficace. 

Tale soluzione risulta un compromesso in grado di bilanciare due interessi: la tutela dei consumatori e quello della stabilità del sistema bancario. 

Secondo le Sezioni Unite trova applicazione il rimedio della nullità parziale poiché, qualora nel contratto di fideiussione siano presenti le clausole già menzionate, opera il “principio di conservazione” degli atti negoziali[7]

Pertanto, il contratto di fideiussione a valle risulta nullo limitatamente alle clausole riproduttive dello schema illecito. 

In conclusione, la ragione posta alla base della nullità deriva dall’illecito realizzato all’origine dall’intesa anticoncorrenziale, il quale si propaga alle clausole fideiussorie rendendole nulle.

A seguito della Sentenza n. 41994/2021, molti Tribunali hanno seguito il predetto orientamento pronunciando, anche di recente, la nullità parziale delle suddette clausole fideiussorie (ex multis Trib. Roma Sent. n. 12414/2022). 

Tuttavia, tale orientamento lascia alcune perplessità. La più significativa attiene al fatto che la nullità delle clausole fideiussorie contrarie alla normativa Antitrust ha (di fatto) carattere “speciale”, in quanto non esiste una disposizione nel codice civile che prevede detta fattispecie di nullità: come evidenziato dalla più attenta dottrina, la ragione della nullità deriva dunque da una “regola di comportamento” che segue la lettura organica delle norme Antitrust. 

Peraltro la nullità parziale rimane una soluzione “di mediazione”, posto che la dichiarazione di nullità totale delle suddette clausole avrebbe provocato l’inefficacia generalizzata delle fideiussioni già stipulate, con conseguente rischio di collasso del sistema creditizio.

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Associazione Bancaria Italiana: associazione di settore finalizzata alla tutela degli interessi del mondo “banking”, priva di potere esecutivo e decisionale nei confronti dei singoli istituti di credito.
[2]Si noti che l’interesse protetto dalla normativa Antitrust è in linea generale la tutela del mercato e delle dinamiche concorrenziali, il quale va oltre quello del singolo contraente, che risulta comunque tutelato dalla normativa stessa qualora subisca una lesione rilevante del proprio interesse.
[3]A mente del quale “sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”.
[4]Provvedimento ABI n. 55 del 2 maggio 2005 “Condizioni generali di contratto per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie”, IX. conclusioni, pt. 96.
[5]Tale comma dispone che “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate”.
[6]Cfr. G. Stella, “Fideiussioni predisposte su modello uniforme ABI dichiarato parzialmente nullo dall’autorità garante della concorrenza: quali rimedi a favore del fideiussore?”, p. 385.
[7]Per l’inverso, risulterà nullo l’intero contratto (in deroga al principio di conservazione) unicamente laddove sia effettivamente dimostrata la diversa volontà delle parti.

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