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DECRETO SEMPLIFICAZIONI N. 76/2020 E LEGGE DI CONVERSIONE N. 120/2020 LE NOVITÀ IN MATERIA DI EDILIZIA

 

DECRETO SEMPLIFICAZIONI N. 76/2020

E LEGGE DI CONVERSIONE N. 120/2020

 LE NOVITÀ IN MATERIA DI EDILIZIA

 

Il D.L. “Semplificazioni”, convertito con Legge n. 120/2020, all’art. 10, prevede una serie di disposizioni volte a semplificare i procedimenti in materia di edilizia ed urbanistica[1].

Di seguito le principali novità in materia edilizia.

 

  1. La ristrutturazione edilizia

 

Come noto, l’art. 3, comma 1, lett. d), T.U. Edilizia prevedeva tre distinte ipotesi di ristrutturazione edilizia, generalmente definita come trasformazione di organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente:

1) ripristino o sostituzione di alcune parti dell’edificio, con eliminazione, modificazione ed inserimento di nuovi elementi e di impianti senza demolizione del fabbricato preesistente (ristrutturazione c.d. “conservativa”);

2) demolizione e ricostruzione dell’edificio, con mantenimento della stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica;

3) ripristino di edificio parzialmente od integralmente crollato o demolito, con ricostruzione previo accertamento della preesistente consistenza (ristrutturazione c.d. “ricostruttiva”).

In materia, la giurisprudenza amministrativa è giunta a sancire la possibilità di effettuare interventi di demolizione e ricostruzione anche con diversi sagoma, prospetti, e sedime del fabbricato interessato.

Ex multiis, il Consiglio di Stato, Sez. IV, con Sentenza n. 4728/2017, dopo un’analitica ricostruzione dell’evoluzione legislativa della nozione di ristrutturazione urbanistica, ha statuito infatti che “[…] con particolare riferimento alla ristrutturazione edilizia cd. ricostruttiva, l’unico limite […] previsto è quello della identità di volumetria, rispetto al manufatto demolito, salve “innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”, e ad eccezione degli immobili sottoposti a vincolo ex d. lgs. n. 42/2004, per i quali è altresì prescritto il rispetto della “medesima sagoma di quello preesistente”. Tanto precisato in ordine alla definizione di “ristrutturazione edilizia”, occorre osservare che il nuovo manufatto, se può sottrarsi ai limiti, precedentemente previsti, del rispetto dell’area di sedime e della sagoma, non di meno anche in tali casi è certamente tenuto al rispetto del limite delle distanze dal confine e/o da altri fabbricati, nel rispetto sia delle norme del codice civile sia di quelle previste dai regolamenti edilizi e dalla pianificazione urbanistica”.

Anche la Corte Costituzionale, nella Sentenza n. 70/2020, si è recentemente pronunciata in materia, sancendo l’incostituzionalità dell’art. 2 della L.R. Puglia n. 59/2018 (norma di interpretazione autentica dell’art. 4, comma 1, L.R. Puglia n. 14 del 2009, relativa agli incrementi volumetrici consentiti in caso di demolizione e ricostruzione di edifici preesistenti) ai sensi del quale la ristrutturazione edilizia veniva prevista anche in caso di intervento di demolizione e ricostruzione di un edificio con diversa sistemazione plano-volumetrica e aumento della volumetria preesistente, in applicazione delle norme di cui al Piano Casa regionale.

In particolare, la Corte Costituzionale, a sostegno dell’irragionevolezza della portata innovativa di tale disposizione, aveva stabilito che: “[…] Al momento dell’adozione del “piano casa” da parte delle Regioni […] la normativa statale richiedeva, per la ristrutturazione ricostruttiva, il solo rispetto della volumetria e della sagoma, non l’identità di sedime, limiti da rispettare affinché la ristrutturazione non si traducesse in una nuova costruzione, diversamente regolata dalla legislazione nazionale di settore. Alla luce di tali premesse, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2 della L.R. Puglia n. 59 del 2018 sono fondate per violazione degli artt. 3 e 117, terzo comma, Cost., in relazione agli artt. 36 e 37 del t.u. edilizia e all’art. 5, comma 10, del D.L. n. 70 del 2011 (cosiddetto “decreto sviluppo”)”.

Pertanto, il mantenimento della stessa volumetria a seguito di un intervento di demolizione e ricostruzione è sempre stato considerato il principale elemento distintivo tra la ristrutturazione edilizia e l’intervento di nuova costruzione.

Ora, l’art. 10, comma 1, lett. b), n. 2, D.L. “Semplificazioni”, convertito con Legge n. 120/2020, introduce, diversamente dalle sopracitate ipotesi 2) e 3) (di ristrutturazione c.d. “ricostruttiva”), la possibilità di realizzare interventi di demolizione e ricostruzione anche con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche – secondo un principio già riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa menzionata – e, nei casi previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, gli incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana.

Trattasi di una novità importante in quanto, come detto, la differenza tra le nozioni di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia, per quanto concerne gli interventi di demolizione e ricostruzione, è sempre stato l’incremento volumetrico, che non doveva essere presente in qualsivoglia ipotesi di ristrutturazione edilizia.

Inoltre, l’art. 10, comma 1, lett. e), D.L. “Semplificazioni”, innovando l’art. 10, comma 1, lett. c), T.U. Edilizia, prevede che gli interventi di ristrutturazione edilizia siano sottoposti a permesso di costruire nel caso in cui “portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”. Nella versione precedente, l’art. 10, comma 1, lett. c), T.U. Edilizia prevedeva che il permesso di costruire per interventi di ristrutturazione edilizia dovesse essere richiesto solo in presenza di modifiche ai prospetti.

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Per l’effetto, risultano incentivati gli interventi di riqualificazione degli edifici esistenti anche mediante la loro completa demolizione e ricostruzione.

Peraltro, lo stesso comma 1-ter dell’art. 2 bis citato stabilisce un limite per gli edifici siti nei centri storici o “in ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, prevedendo che in tali ipotesi gli interventi di demolizione e ricostruzione possano essere realizzati esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale”, fatte salve “le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti e i pareri degli enti preposti alla tutela”.

Detto limite risulta assai rilevante, posto che gli interventi di demolizione e ricostruzione degli immobili siti nei centri storici, o di rilevante pregio, possono essere qualificati come interventi di ristrutturazione edilizia, anziché di nuova costruzione, solo se:

– eseguiti con mantenimento di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e senza incremento di volumetria;

– realizzati mediante esecuzione di apposita pianificazione urbanistica, e non mediante titolo edilizio semplice. ​

Il limite in questione è condivisibile e può trovare spiegazione nelle esigenze di tutela dei centri storici nei quali un “indiscriminato” incremento volumetrico comporti una “snaturazione” della consistenza degli immobili e dei quartieri di antica edificazione.

Risulta quindi corretto che, in ipotesi di realizzazione di tali interventi nei centri storici o in ambiti di pregio, al fine di evitare la realizzazione di ulteriori “obbrobri” edilizi (già molto diffusi nel Paese e di cui non si sente affatto la mancanza), gli interventi in esame vengano attuati sotto l’attento controllo dei competenti uffici delle amministrazioni comunali.

 

  1. Deroghe ai limiti di distanza tra fabbricati

 

Il nuovo comma 1-ter dell’art. 2-bis del T.U. Edilizia, così come modificato dall’art. 10, comma 1, lett. a) del D.L. “Semplificazioni”, introduce un’importante deroga alla regolamentazione delle distanze tra fabbricati e dal confine.

La norma, nella versione previgente, consentiva l’esecuzione di tutti gli interventi di demolizione e ricostruzione – anche per ristrutturazione edilizia – nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché venisse conservata la coincidenza dell’area di sedime, del volume e dell’altezza massima dell’edificio ricostruito rispetto a quello demolito.

La nuova formulazione del comma 1-ter prevede invece che, “anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini”, la demolizione e ricostruzione possa eseguirsi nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti anche in caso di incremento volumetrico derivante da applicazione di incentivi, che possono comportare sia “ampliamenti fuori sagoma” sia “il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito”.

 

  1. La manutenzione straordinaria

 

Il nuovo art. 3, comma 1, lett. b) del T.U.E., come modificato dall’art. 10, comma 1, lett. b), n. 1, D.L. “Semplificazioni”, amplia l’ambito di applicazione delle manutenzioni straordinarie, ovvero delle opere e degli interventi necessari per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, “sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici.

A differenza della previgente formulazione, ora integra manutenzione straordinaria anche l’intervento che contempla una modificazione delle destinazioni d’uso, purché “non comporti mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico.

Pertanto, un intervento di manutenzione straordinaria può ora comportare anche la modificazione della destinazione d’uso di un edificio, a condizione che quest’ultima non sia “rilevante” dal punto di vista urbanistico, ossia non integri un incremento di carico urbanistico.

Anche il concetto di destinazione d’uso di un immobile viene ampliato rispetto al testo normativo previgente (art. 23 ter, comma 2, T.U. Edilizia, ai sensi del quale, “La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile), in quanto il D.L. “Semplificazioni” – all’art. 10, comma 1, lett. m) – stabilisce che ora la destinazione d’uso si può desumere da molteplice documentazione, inerente il “[…] titolo abilitativo che ha previsto la costruzione [dell’immobile] o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”[2].

In tal modo, il legislatore consente di individuare la destinazione d’uso di un immobile facendo riferimento non solo al corrente utilizzo prevalente, in termini di superficie utile, ma anche alla destinazione prevista nel titolo abilitativo a seguito del quale l’immobile è stato edificato, come integrata dai successivi titoli edilizi legittimanti ulteriori interventi sullo stesso immobile.

Inoltre, rientrano nel concetto di manutenzione straordinaria anche le modifiche ai prospetti degli edifici legittimamente realizzati necessarie per mantenere o acquisire l’agibilità dell’edificio ovvero per l’accesso allo stesso, che non pregiudichino il decoro architettonico dell’edificio, purché l’intervento risulti conforme alla vigente disciplina urbanistica ed edilizia e non abbia ad oggetto immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.Lgs. n. 42/2004.

Studio Legale DAL PIAZ

[1] Art. 10, comma 1, del D.L. “Semplificazioni”: “Al fine di semplificare e accelerare le procedure edilizie e ridurre gli oneri a carico dei cittadini e delle imprese, nonché di assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo di processi di rigenerazione urbana, decarbonizzazione, efficientamento energetico, messa in sicurezza sismica e contenimento del consumo di suolo, al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono apportate le seguenti modificazioni […]”.

[2] Art. 9 bis, comma 1 bis, T.U. Edilizia, introdotto dall’art. 10, comma 1, lettera d), Legge n. 120 del 2020.