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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO Sez. I, Sentenza in data 10.12.2020

 

Edizioni del Roma S.c.r.l. ed Edizioni del Roma S.r.l. / Italia.

 

Con l’interessante sentenza in commento la Corte Europea dei diritti dell’uomo ha, in primo luogo, ritenuto sussistente – alla luce dei c.d. “criteri Engel” – la natura penale della sanzione pecuniaria irrogata dall’AGCom a due società italiane, con conseguente assoggettabilità della stessa ai criteri previsti dall’art. 6 della Convenzione EDU.

La Corte ha, inoltre, ribadito la sussistenza dei caratteri di indipendenza ed imparzialità, ex art. 6 CEDU, in capo al Giudice Amministrativo.

 

La natura penale della sanzione irrogata

alla luce dei criteri c.d. “Engel

 

I ricorsi promossi dalle società italiane operanti nel settore dell’editoria – successivamente riuniti – riguardavano la sanzione pecuniaria irrogata dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) in conseguenza dell’indebita fruizione da parte delle medesime dei contributi per l’editoria previsti dalla L. n. 416/1981.

In particolare, la sanzione amministrativa comminata ammontava ad € 103.000,00, accompagnata dal divieto di accesso ad ulteriori forme di finanziamento (circostanza, questa, che ha provocato il fallimento di una delle società).

La Corte di Strasburgo, investita della questione, richiamando la propria consolidata giurisprudenza, ha statuito che al fine di determinare la “natura penale” della sanzione, occorre prendere in considerazione i tre criteri c.d. “Engel”[1], tra di loro alternativi e non cumulativi: “la qualificazione giuridica della misura in questione nel diritto nazionale, la natura stessa di quest’ultima, e la natura e il grado di severità della «sanzione»”.

Inoltre, al fine di determinare l’integrazione di “un’accusa in materia penale”, è sufficiente che l’illecito in questione abbia esposto l’interessato ad “una sanzione che, per natura e livello di gravità, rientra in linea generale nell’ambito della «materia penale»”.

Nel caso di specie, la Corte, rilevando il grado di severità della pena inflitta dall’AGCom, le significative conseguenze patrimoniali patite dalle società ricorrenti, e lo scopo – sia preventivo che repressivo – delle norme da cui la pena trae fondamento, ha ritenuto sussistente il carattere “penale” della stessa, con conseguente applicabilità del profilo penale dell’art. 6, par. 1, CEDU, e, in particolare, della necessità del carattere pubblico del procedimento sanzionatorio.

 

L’equità del procedimento

innanzi all’AGCom

 

Circa l’equità del procedimento svolto dall’AGCom, la Corte Europea dei diritti dell’uomo, alla luce delle prescrizioni contenute nell’art. 6 della Convenzione EDU, ha statuito che in tale procedimento non sono state rispettate tutte le esigenze prescritte dalla norma, “soprattutto per quanto riguarda la parità delle armi tra accusa e difesa e lo svolgimento di un’udienza pubblica che [permetta] un confronto orale”.

Infatti, nel caso di specie, nonostante sia stato concesso alle società romane il termine (“non […] manifestamente insufficiente”) di trenta giorni per il deposito di eventuali memorie di replica con cui proporre le proprie difese, la decisione finale dell’autorità amministrativa si è basata su un rapporto della Guardia di Finanza cui le resistenti non hanno mai avuto accesso.

Inoltre, nonostante l’obbligo di tenere un’udienza pubblica non abbia carattere assoluto, la Corte ha ritenuto che, considerato il grado di severità della pena comminata ed il pregiudizio professionale conseguentemente patito, la suddetta pubblicità – ed oralità – del procedimento era necessaria.

Ad ulteriore riprova della mancanza di imparzialità ed equità del procedimento sanzionatorio instaurato innanzi all’AGCom, la Corte ha rilevato anche la sussistenza di un ingiusto cumulo tra funzioni di indagine e di giudizio, in quanto il responsabile incaricato delle indagini e la commissione chiamata ad adottare il provvedimento finale operavano sotto l’autorità e la supervisione di un medesimo presidente: tale circostanza risulta assolutamente incompatibile con le garanzie prescritte dall’art. 6 della Convenzione.

 

Le garanzie di indipendenza ed imparzialità

del Giudice Amministrativo

 

Stante l’accertata mancata equità del procedimento sanzionatorio svolto dall’Autorità amministrativa per le garanzie nelle comunicazioni, la Corte ha ritenuto necessario che la decisione assunta venga sottoposta “a un controllo a posteriori da parte di un organo giudiziario con piena giurisdizione”, in grado di “riformare interamente, in fatto e in diritto, la decisione emessa da un organo di grado inferiore”.

Nel caso concreto, invero, le società ricorrenti avevano impugnato le sanzioni inflitte dall’AGCom innanzi al T.A.R. ed al Consiglio di Stato: entrambi gli organi giurisdizionali avevano respinto le censure promosse.

La Corte di Strasburgo, ha, quindi, esaminato le caratteristiche del Giudice Amministrativo adito, e la possibilità di affermare la “piena giurisdizione” dello stesso alla luce dei criteri individuati dall’art. 6 CEDU.

In particolare, in merito alla nozione di indipendenza del tribunale, la Corte, ha statuito che “è necessario esaminare […] le modalità di designazione e la durata del mandato dei suoi componenti, l’esistenza di una tutela contro le pressioni esterne e se vi sia o meno una apparenza di indipendenza”.

Invece, relativamente al carattere di imparzialità richiesto dal precitato art. 6 della Convenzione EDU, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte[2] questa deve valutarsi sia secondo un approccio soggettivo, “tenendo conto della convinzione personale e del comportamento del giudice”, sia secondo un approccio oggettivo, “che consiste nel determinare se il tribunale offrisse, soprattutto attraverso la sua composizione, delle garanzie sufficienti per escludere qualsiasi dubbio legittimo circa la sua imparzialità”.

Nel caso di specie, stante la forma pubblica delle udienze che “ha permesso un confronto orale tra le parti e il rispetto del principio della parità tra le armi”, ed il controllo effettuato volto ad esaminare in concreto la fondatezza e la proporzionalità delle sanzioni dell’AGCom, la Corte ha dichiarato che non è ravvisabile alcuna violazione dell’art. 6, par. 1, CEDU, in quanto “il T.A.R. e il Consiglio di Stato rispettano i requisiti di indipendenza e di imparzialità che il «tribunale» deve possedere”.

Una curiosità: secondo la Corte il possesso di tali caratteristiche da parte del Giudice Amministrativo non è stato messo in discussione nemmeno dal doppio ruolo rivestito dal presidente dell’AGCom, nominato anche Presidente onorario del Consiglio di Stato, poiché lo stesso in realtà non aveva mai esercitato concrete funzioni giudiziarie presso il predetto organo.

Studio Legale Dal Piaz

[1] Sentenza Engel e altri / Paesi Bassi, n. 22/1976.

[2] Sentenza Kyprianou / Cipro, n. 73797/01; Sentenza Micallef / Malta, n. 17056/06; Sentenza Morice / Francia n. 29369/10.

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