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CONSIGLIO DI STATO – ADUNANZA PLENARIA n. 4 del 24.01.2023
L’appellabilità dell’ordinanza resa nel corso del giudizio sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116, secondo comma, c.p.a.

 

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è pronunciata sul quesito posto dal TAR per il Lazio relativo all’appellabilità (o meno) dell’ordinanza resa in materia di accesso agli atti nel corso del giudizio.

Il caso

Con ricorso presentato innanzi al TAR per il Lazio, Sede di Roma, alcuni avvocati appartenenti all’ufficio consulenza legale di CONSOB hanno chiesto l’annullamento della deliberazione con la quale CONSOB aveva approvato il regolamento del personale.

Nell’ambito del giudizio, i ricorrenti hanno proposto istanza ex art. 116, comma 2, c.p.a. chiedendo al Giudice l’annullamento di una nota con la quale CONSOB aveva parzialmente respinto una richiesta di accesso agli atti, ritenendo che si trattasse di documentazione esclusa dal diritto di accesso, ai sensi dell’art. 24, comma 1, lett. c), della L. n. 241/1990.

Con Ordinanza n. 10020 in data 15.07.2022 il TAR ha accolto l’istanza ed ordinato alla CONSOB di consentire l’accesso alla documentazione richiesta.

Avverso tale ordinanza la CONSOB ha presentato ricorso in appello, chiedendo la sospensione degli effetti del provvedimento ed il rigetto della domanda di accesso.

Innanzi al Consiglio di Stato i ricorrenti di primo grado hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello sostenendo che l’ordinanza non fosse autonomamente impugnabile poiché avrebbe natura meramente istruttoria.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha parzialmente accolto la domanda cautelare[1] e, con separata ordinanza, ha deferito il ricorso all’esame dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, rilevando il contrasto interpretativo in ordine all’appellabilità dell’ordinanza resa sull’accesso agli atti nel corso del giudizio e ponendo il seguente quesito: “se, nei confronti delle ordinanze con le quali il giudice di primo grado si pronuncia separatamente su di un’istanza di accesso proposta ai sensi dell’art. 116, comma 2, c.p.a., sia ammesso l’appello dinanzi al Consiglio di Stato, prima che il giudizio di primo grado sia definito con sentenza”.

Il pronunciamento dell’Adunanza Plenaria

In via preliminare, l’Adunanza Plenaria ha esaminato alcune questioni generali in merito alla disciplina dell’accesso documentale, ai mezzi di impugnazione ed ai mezzi di prova nel processo amministrativo.

L’accesso documentale, ai sensi della L. n. 241/1990, può avere natura procedimentale o autonoma. Nel primo caso la domanda è proposta al fine di consentire la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento amministrativo, ai sensi dell’art. 10 della menzionata Legge. Quando invece la domanda è proposta fuori da un procedimento amministrativo, ai sensi degli artt. 22 ss. della L. n. 241/1990, riveste natura autonoma. In questa seconda ipotesi, la conoscenza del documento è strumentale alla tutela di una situazione giuridica e, pertanto, ha finalità difensiva indipendentemente dall’instaurazione di un giudizio.

Il ricorso in materia di accesso agli atti è un rito speciale regolato dall’art. 116 c.p.a.: consiste in un’azione di annullamento del provvedimento espresso o tacito di diniego all’accesso, con richiesta di condanna all’esibizione dei documenti. All’esito il Giudice si pronuncia con una sentenza in forma semplificata, che può essere oggetto di ricorso in appello innanzi al Consiglio di Stato e di azione di ottemperanza in caso di mancata esecuzione.

In merito ai mezzi di impugnazione, le decisioni appellabili espressamente previste dal legislatore sono le sentenze e le ordinanze cautelari adottate dai TAR. Sono altresì “implicitamente” appellabili le decisioni che hanno un contenuto idoneo ad incidere su situazioni giuridiche e suscettibili di passare in giudicato ovvero di risolvere “in contraddittorio tra le parti una specifica controversia[2].

Relativamente ai mezzi istruttori, le parti possono rivolgere richieste istruttorie direttamente al Giudice e senza che queste siano notificate alle altre parti del giudizio, fermo restando che spetta alle parti l’onere di fornire i mezzi di prova che rientrano nella loro disponibilità. Il Giudice può disporre, anche d’ufficio, l’acquisizione di informazioni e documenti utili nella disponibilità della Pubblica Amministrazione, nonché l’ispezione e l’esibizione di documenti in possesso di terzi.

Le ordinanze istruttorie hanno rilevanza solamente all’interno del giudizio nel quale vengono pronunciate, non potendo pregiudicare la decisione della causa e, perciò, non sono autonomamente appellabili. Tali provvedimenti possono unicamente essere revocati o modificati dal medesimo Giudice che li ha adottati.

Successivamente l’Adunanza Plenaria ha esaminato la questione dell’appellabilità dell’ordinanza che ha deciso sull’istanza di accesso pronunciata nel corso del giudizio.

Con riferimento al caso di specie, rileva il disposto del secondo comma dell’art. 116 c.p.a., secondo cui il ricorso in materia di accesso può essere proposto in pendenza del giudizio al quale la richiesta di accesso è connessa, previa notificazione all’Amministrazione ed agli eventuali controinteressati. Su tale istanza il Giudice si pronuncia con ordinanza separata rispetto al giudizio principale oppure con sentenza che definisce il giudizio stesso.

Sull’interpretazione di tale disposizione, ha rilevato il Collegio, si sono formati tre orientamenti.

Secondo la tesi della natura decisoria detta istanza configurerebbe una vera e propria domanda di accesso ed i documenti richiesti potrebbero essere rilasciati anche senza verificarne la pertinenza rispetto al giudizio principale. L’ordinanza pronunciata all’esito avrebbe natura decisoria e, pertanto, sarebbe autonomamente appellabile ed oggetto di esecuzione coattiva.

Secondo la tesi della natura istruttoria sia l’istanza che l’ordinanza avrebbero natura istruttoria e, pertanto, il provvedimento non sarebbe appellabile bensì solo suscettibile di modifica o revoca da parte del Giudice che l’ha adottato; inoltre,  sarebbe necessario un rapporto di strumentalità in senso stretto tra i documenti oggetto dell’accesso ed il giudizio principale.

Secondo la tesi della natura variabile le ordinanze sarebbero da distinguere in base alla loro natura. Avrebbero natura decisoria, e sarebbero appellabili, le ordinanze adottate senza passare al vaglio della pertinenza dei documenti in relazione al giudizio in corso; avrebbero invece natura istruttoria, e non sarebbero appellabili, le ordinanze adottate avendo riguardo alla rilevanza della documentazione ai fini della decisione.

L’Adunanza Plenaria ha ritenuto che debba essere applicata la tesi della natura decisoria sulla base di quattro criteri interpretativi.

Secondo l’interpretazione letterale del dato normativo, il richiamo contenuto nel secondo comma dell’art. 116c.p.a. al “ricorso di cui al comma primo” evidenzia la sostanziale unitarietà dei rimedi. Inoltre, la norma prevede che l’istanza debba essere notificata all’Amministrazione ed ai controinteressati, che potrebbero anche non coincidere con le parti del giudizio: il rispetto delle regole sul contraddittorio è coerente con la logica della natura decisoria dell’ordinanza.

In secondo luogo, applicando un criterio di interpretazione storica, la normativa vigente differisce dalla precedente di cui all’art. 17 della L. n. 15/2015, nella quale l’ordinanza era esplicitamente qualificata come “ordinanza istruttoria”.

Dall’applicazione del criterio di interpretazione sistematica l’Adunanza Plenaria ha rilevato che il codice del processo amministrativo disciplina distintamente la fase dell’istruttoria e l’istanza di accesso agli atti nel corso del giudizio, escludendo quindi che detti istituti possano essere sovrapposti.

Infine, sulla base del criterio di interpretazione conforme a Costituzione, il Collegio ha rilevato la necessità del rispetto del diritto alla difesa dell’Amministrazione e dei controinteressati nel caso in cui il Giudice accolga la richiesta di accesso: solo consentendo l’appellabilità dell’ordinanza è possibile evitare eventuali pregiudizi in termini di diritto alla riservatezza; inoltre, dare valenza decisoria al provvedimento consente all’Amministrazione ed ai controinteressati che non siano parte del giudizio principale di impugnarlo autonomamente.

Tale interpretazione è inoltre rispettosa del principio costituzionale del doppio grado di giudizio poiché consente alle parti di proporre appello avverso provvedimenti di contenuto decisorio.

Il principio di diritto

L’Adunanza Plenaria ha dunque concluso che l’ordinanza relativa all’istanza di accesso ha valore decisorio in quanto incide su situazioni giuridiche diverse rispetto a quelle proposte nel giudizio principale, potendosi assimilare ad un ricorso proposto in via autonoma.

Il Collegio ha precisato che:

  • l’accesso difensivo deve essere “qualificato” dalla circostanza che la documentazione richiesta deve essere strumentale alla difesa innanzi al Giudice amministrativo;
  • il Giudice può sempre pronunciarsi sull’istanza con la sentenza che decide il giudizio in virtù della connessione tra la domanda ed il giudizio in corso.

Pertanto, l’Adunanza Plenaria ha formulato il seguente principio di diritto:

l’ordinanza resa nel corso del processo di primo grado sull’istanza di accesso documentale ai sensi dell’art. 116, secondo comma, cod. proc. amm., è appellabile innanzi al Consiglio di Stato”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Consiglio di Stato, sez. VI, 08.09.2022 n. 4444.
[2]Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 24.01.1978 n. 1.

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