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ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO SENTENZA 09.12.2021 N. 22

 

LA VICINITAS QUALE CRITERIO DI LEGITTIMAZIONE PER IMPUGNARE I TITOLI EDILIZI

Con la recentissima pronuncia del 9 dicembre 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato fa chiarezza sull’idoneità o meno della vicinitas a fondare insieme l’interesse e la legittimazione a ricorrere in materia edilizio-urbanistica, intese quali condizioni dell’azione amministrativa di annullamento.

La vicinitas nell’evoluzione giurisprudenziale

La vicinitas è un elemento fisico-spaziale inteso come collegamento stabile tra un determinato soggetto e il territorio o l’area sul quale sono destinati a prodursi gli effetti del provvedimento contestato.

In giurisprudenza, il concetto di vicinitas emerge a seguito dell’entrata in vigore della Legge n. 765/1967 (c.d. “Legge ponte”), il cui art. 10, comma 9, consentiva a “chiunque” di ricorrere avverso la concessione edilizia rilasciata a terzi “in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore generale e dei piani particolareggiati di esecuzione”.

Al di là del dato letterale, da cui alcuni pretendevano di far discendere una actio popularis che realmente consentisse a “chiunque” di ricorrere contro il rilascio di titoli edilizi altrui, nella prassi si è presto richiesto, ai fini della legittimazione ad agire in giudizio avverso un titolo rilasciato contra legem, che i soggetti ricorrenti fossero titolari diin un proprio interesse all’insediamento abitativo, ossia alla “radicazione in loco” dei propri “interessi di vita”, familiari, economici o relativi ad altri “qualificati e consolidati rapporti sociali” (Consiglio di Stato, sez. V, n. 523/1970, secondo un orientamento poi consolidatosi con l’Adunanza Plenaria n. 23/1977).

Si affermava in tal modo il concetto di vicinitas quale criterio di differenziazione atto a legittimare l’impugnazione del titolo edilizio da parte del terzo non coinvolto nel procedimento amministrativo né menzionato nel provvedimento finale ampliativo della sfera di altri soggetti privati. Un criterio elastico, la cui concreta individuazione era ed è tuttora rimessa al prudente apprezzamento giurisprudenziale, da misurarsi sulla base della specifica situazione di fatto, del tipo di provvedimento contesto e dell’ampiezza e rilevanza delle aree coinvolte.

I principi di diritto enunciati dall’Adunanza Plenaria

Con Ordinanza 27 luglio 2021, n. 759, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia ha deferito all’Adunanza Plenaria alcune questioni inerenti l’idoneità della vicinitas a fondare l’azione amministrativa di annullamento[1], in particolare in tema di violazione di distanze legali tra immobili confinanti.

Come preliminarmente chiarito dall’Adunanza Plenaria, una volta accertata la pacifica idoneità di detto criterio a fondare una posizione giuridica qualificata e differenziata in astratto configurabile come interesse legittimo (Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2021 n. 4650), la questione si pone avuto essenziale riguardo all’interesse a ricorrere.

Secondo la ricostruzione offerta dal Giudice remittente, il quadro giurisprudenziale di riferimento in tema vede contrapporsi due orientamenti:

    • l’orientamento maggioritario che riconosce la vicinitas quale criterio idoneo a legittimare l’impugnazione di singoli titoli edilizi, assorbendo il profilo dell’interesse a ricorrere;

    • l’orientamento minoritario, ma diffuso, per il quale la vicinitas di per se sola non è sufficiente a fondare anche l’interesse al ricorso, dovendo a tal fine il ricorrente fornire anche la prova concreta del pregiudizio sofferto.

Al primo orientamento risulta peraltro aver aderito la Corte di Cassazione, che riconosce nella vicinitas la potenzialità di radicare insieme la legittimazione attiva e l’interesse a ricorrere avverso la realizzazione di un’opera, senza che occorra la prova puntuale della concreta pericolosità della stessa, né ricercare un soggetto collettivo che assuma la titolarità della corrispondente situazione giuridica, non potendosi pretendere la dimostrazione di un sicuro pregiudizio all’ambiente o alla salute ai fini della legittimazione e dell’interesse a ricorrere (Corte di Cassazione, Sez. Unite, Ordinanze 30 giugno 2021 n. 18493 e 27 agosto 2019 n. 21740).

Nel dirimere il contrasto, l’Adunanza Plenaria riconduce il concetto di vicinitas entro gli schemi generali ricavabili dal c.p.a..

Riaffermata dunque la distinzione e l’autonomia tra la legittimazione e l’interesse a ricorrere quali condizioni dell’agire amministrativo, il Collegio chiarisce che anche in materia urbanistico-edilizia il ragionamento intorno all’interesse si lega all’utilità ricavabile dalla tutela di annullamento e, pertanto, all’utilità ricavabile dall’effetto demolitorio-ripristinatorio.

La predetta utilità si pone a sua volta quale specchio del pregiudizio sofferto, generalmente identificato in giurisprudenza, a fronte di un intervento edilizio contra legem, con il possibile deprezzamento dell’immobile, confinante o comunque contiguo, ovvero con la compromissione dei beni della salute e dell’ambiente in danno di coloro che sono in durevole rapporto con la zona interessata.

Ne discende che l’interesse ad agire dovrebbe, ad esempio, escludersi nelle ipotesi di impugnazione di titoli edilizi affetti da vizi meramente formali o procedurali, sicuramente emendabili, quand’anche ne fosse possibile l’annullamento o, ancora più in radice, laddove al rilascio illegittimo del titolo edilizio non fosse poi seguita alcuna attività e nel frattempo fosse maturato il termine di decadenza del titolo stesso.

Quindi, l’Adunanza Plenaria afferma in via di principio la necessaria sussistenza della legittimazione ad agire e dell’interesse a ricorrere intese quali condizioni distinte ed autonome dell’azione processuale amministrativa, dovendosi per contro escludere che la vicinitas, quale elemento di differenziazione, valga da sola ed in automatico a soddisfare anche il requisito dell’interesse.

Proprio ai fini dell’interesse, inoltre, l’Adunanza precisa come lo specifico pregiudizio derivante dall’intervento edilizio che si assume illegittimo possa ricavarsi anche in termini di mera prospettazione dall’insieme delle allegazioni contenute nel ricorso, in ogni caso suscettibili di ulteriore precisazione allorché la mancata sussistenza dell’interesse stesso fosse oggetto di censura dalle controparti ovvero rilevato d’ufficio dal Giudice ex art. 73, comma 3, c.p.a..

Enunciati i predetti principi generali, l’Adunanza Plenaria delimita il campo di applicazione della vicinitas in tema di mancato rispetto delle distanze legali tra immobili confinanti, oggetto della fattispecie concreta sottesa alla pronuncia in esame: a tal proposito, il Collegio chiarisce che non solo la violazione della distanza legale con l’immobile confinante con quello del ricorrente ma anche quella tra detto immobile ed una terza costruzione può essere rilevante ai fini dell’accertamento dell’interesse al ricorso nella misura in cui da tale violazione possa discendere, con l’annullamento del titolo edilizio, un effetto ripristinatorio concretamente utile per il ricorrente e non meramente emulativo.

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Come noto, secondo l’impostazione già propria del processo civile, l’azione amministrativa si fonda sulle due distinte condizioni della legittimazione ad agire e dell’interesse a ricorrere: la prima si identifica con la titolarità di una posizione giuridica qualificata e qualificante, mentre il secondo con la prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente, oltre che con l’effettiva utilità che lo stesso potrebbe ricavare dall’accoglimento della domanda giudiziale.

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