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LA DETERMINAZIONE DEL DIES A QUO PER IMPUGNARE L’AGGIUDICAZIONE: LA SOLUZIONE DELL’ADUNANZA PLENARIA

 

ADUNANZA PLENARIA

DEL CONSIGLIO DI STATO

12 DEL 2 LUGLIO 2020

 

 

LA DETERMINAZIONE DEL DIES A QUO PER IMPUGNARE L’AGGIUDICAZIONE: LA SOLUZIONE DELL’ADUNANZA PLENARIA

 

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, in una pronuncia in materia di appalti dello scorso 2 luglio[1], ha elencato cinque principi di diritto relativi alla decorrenza del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione e alle dilazioni temporali che intervengono in caso di proposizione di un’istanza di accesso.

Tale pronuncia pone fine al lungo ed acceso dibattito sul tema, dal quale si sono sviluppati due orientamenti giurisprudenziali di segno opposto, di seguito esposti.

 

Nel caso preso in esame dalla sentenza, al termine della procedura di gara, la ricorrente ha impugnato l’atto di aggiudicazione chiedendone l’annullamento per violazione dell’art. 95 del D.Lgs. 50/2016, dell’art. 7.2 del capitolato d’oneri e per eccesso di potere.

In primo grado, il TAR ha dichiarato il ricorso irricevibile[2], a seguito dell’eccezione di tardività avanzata dalla convenuta, in quanto presentato 38 giorni dopo la pubblicazione dell’atto di aggiudicazione sul “Portale acquisti in rete PA nel sistema s.d.a.p.a.”.

Nell’argomentare la propria decisione, il TAR ha interpretato l’art. 120, V comma, del C.P.A. (Codice Processo Amministrativo) alla luce dei principi generali sul termine per l’impugnazione dei provvedimenti amministrativi e delle regole previste per l’impugnazione degli atti delle procedure di affidamento di appalti pubblici.

In particolare, il Giudice amministrativo ha chiarito che il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell’atto ai sensi dell’art. 41, II comma, del C.P.A., anche qualora non siano rispettate le forme della comunicazione ex art. 79 D.Lgs. 163/2006, espressamente richiamato dall’art. 120, V comma, C.P.A..

Inoltre, l’Amministrazione aggiudicatrice avrebbe fornito prova certa della piena conoscenza dell’aggiudicazione da parte della ricorrente.

 

La ricorrente ha quindi impugnato la sentenza chiedendo che il ricorso di I grado fosse dichiarato ricevibile, in quanto fondato, e deducendo i seguenti motivi.

  1. Mancanza della prova certa della piena conoscenza dell’aggiudicazione. A riguardo, non sussiste la prova dell’invio della comunicazione dell’atto di aggiudicazione (non essendo stato allegato alcun indirizzo mail del destinatario), né è dimostrata la correlazione tra la “M. S. a socio unico” ed un indirizzo mail della Società ricorrente.
  2. La mera comunicazione dell’aggiudicazione tramite sistema s.d.a.p.a. non è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione del ricorso, dal momento che, ai sensi dell’art. 120, V comma, C.P.A., l’unica forma di comunicazione rilevante ai fini processuali è quella a mezzo PEC. Dal momento che tale comunicazione via PEC è avvenuta solamente in data 6 novembre 2018, la notificazione del ricorso in data 6 dicembre 2018 risulta dunque tempestiva.
  3. Anche la mera conoscenza dell’aggiudicazione non è, di per sé, idonea a far decorrere il termine per il ricorso, poiché la conoscenza dei vizi relativi agli atti di gara è possibile solamente a seguito di accesso agli atti, che nella presente vicenda è stato concesso solo in data 13 novembre 2018.

 

La Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha individuato tre questioni controverse, concernenti, rispettivamente, le forme e le modalità di comunicazione dell’atto di aggiudicazione di un appalto, la data di inizio della decorrenza del termine per l’impugnazione del medesimo e i casi in cui, in mancanza di formale comunicazione, ne rilevi la piena ed effettiva conoscenza.

Alla luce dei principi di certezza dei rapporti giuridici, di stabilità dell’atto di aggiudicazione e dell’effettività della tutela giurisdizionale – ed in assenza di una giurisprudenza univoca sulle questioni rilevate – la Sezione Quinta ha sottoposto all’Adunanza Plenaria, con Ordinanza n. 2215 del 2020, l’esame e la soluzione dei seguenti quesiti:

a) Se il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione possa decorrere di norma dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del D.Lgs. n. 50 del 2016;

b) Se le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del D.Lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di vere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri consentano la sola proposizione dei motivi aggiunti, eccettuata l’ipotesi da considerare patologica – con le ovvie conseguenza anche ai soli fini di eventuale responsabilità erariale – della omessa o incompleta pubblicazione prevista dal già citato articolo 29;

 

  1. c) Se la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara non sia giammai idonea a far slittare il termine per la impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, che decorre dalla pubblicazione ex art. 29 ovvero negli altri casi patologici dalla comunicazione ex art. 76, e legittima soltanto la eventuale proposizione dei motivi aggiunti, ovvero se essa comporti la dilazione temporale almeno con particolare riferimento al caso in cui le ragioni di doglianza siano tratte dalla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni da questi rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
  2. d) Se dal punto di vista sistematico la previsione dell’art. 120, V comma, C.P.A., che fa decorrere il termine per l’impugnazione degli atti di gara, in particolare dell’aggiudicazione dalla comunicazione individuale (ex art. 78 del D.Lgs. n. 50 del 2016) ovvero dalla conoscenza comunque acquisita del provvedimento, debba intendersi nel senso che essa indica due modi (di conoscenza) e due momenti (di decorrenza) del tutto equivalenti ed equipollenti tra di loro, senza che la comunicazione individuale possa ritenersi modalità principale e prevalente la conoscenza aliunde modalità secondaria o subordinata e meramente complementare;
  3. e) Se in ogni caso, con riferimento a quanto considerato in precedenza sub d), la pubblicazione degli atti di gara ex art. 29 del D.Lgs. n. 50 del 2016 debba considerarsi rientrante in quelle modalità di conoscenza aliunde;
  4. f) Se idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione debbano considerare quelle forme di comunicazione e pubblicità individuate nella lex specialis di gara e accettate dagli operatori economici ai fini della stessa partecipazione alla procedura di gara”.

 

In materia di decorrenza del termine, l’Adunanza Plenaria ha distinto fra la disciplina generale ex art. 41, II comma, C.P.A. e la disciplina speciale ex art. 120, V comma, C.P.A..

Con riferimento a quest’ultima, l’Adunanza Plenaria ha rilevato che il comma V dell’art. 120 C.P.A. individua, come momento iniziale della decorrenza del termine per l’impugnazione, una “data oggettivamente riscontrabile”, da determinarsi secondo tre regole stabilite dallo stesso articolo, al fine di evitare ricorsi cd “al buio”:

  1. per l’impugnazione di atti “concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture”, incluse le aggiudicazioni, il termine decorre dalla data delle comunicazioni di cui all’art. 79 del D.Lgs. 163/2006;
  2. per l’impugnazione dei bandi e degli avvisi “con cui si indice una gara, autonomamente lesivi”, trova applicazione l’art. 66, VIII comma, D.Lgs. 163/2006, relativo alle modalità di pubblicazione;
  3. in ogni altro caso, la decorrenza del termine inizia dalla conoscenza dell’atto.

L’Adunanza Plenaria ha specificato, in relazione alle regole sub a) e b), che la decorrenza del termine per l’impugnazione dipende dal compimento delle “informazioni” e “pubblicazioni” cui l’Amministrazione aggiudicatrice è tenuta.

Secondo tale impostazione, quindi, in presenza di una “comunicazione completa ed esaustiva dell’aggiudicazione”, il ricorso può avvenire entro 30 giorni dalla comunicazione ex art. 79 D.Lgs. 163/2006. In caso di accesso agli atti, una nutrita giurisprudenza[3] riconosce una dilazione del termine (fino a massimo 10 giorni) per consentire la piena conoscenza degli atti e dei loro possibili vizi, qualora non evincibili dalla comunicazione di aggiudicazione.

In mancanza, invece, di una “comunicazione completa ed esaustiva”, il termine decorre dalla conoscenza, da parte dell’interessato, degli elementi tecnici dell’offerta dell’aggiudicatario e degli atti della procedura di gara.

 

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 50/2016, abrogativo del D.Lgs. 163/2006, è stata predisposta una nuova disciplina in materia di accesso, informazione e pubblicazione degli atti, descritta agli artt. 29 e 76 del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Il D.Lgs. 50/2016 non ha tuttavia travolto il richiamo dell’articolo 120 C.P.A. all’art. 79 del precedente Codice dei contratti pubblici, che detta regole, relative alle comunicazioni e all’accesso agli atti, profondamente diverse rispetto a quelle stabilite dai summenzionati artt. 29 e 76 del D.Lgs. 50/2016.
Tale discrasia ha fatto sorgere importanti questioni interpretative concernenti, da un lato, il mantenimento del richiamo all’art. 79 del Codice abrogato all’interno dell’art. 120, V comma, del C.P.A. e, dall’altro, la disciplina sull’accesso, le informazioni e la pubblicità degli atti ex artt. 29 e 76 del vigente Codice dei contratti pubblici.

 

La copiosa giurisprudenza sul tema si è gradualmente ripartita in due orientamenti di senso opposto.

  • La prima tesi ammette la perdurante sussistenza del collegamento ex art. 120, V comma, C.P.A. alla disciplina delle comunicazioni. Tuttavia, tale richiamo non opera più nei confronti del previgente art. 79 del D.Lgs. 163/2006, bensì nei confronti del nuovo art. 76 del D.Lgs. 50/2016. Questo adattamento della disciplina comporta una dilazione temporale del termine per l’impugnazione pari a 15 giorni (e non più pari a 10 giorni) per consentire l’accesso agli atti di gara e, in caso di rifiuto o comportamenti dilatori da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice, la decorrenza del termine per l’impugnazione a partire dal giorno in cui è stato concesso l’accesso.
  • Il secondo orientamento considera invece insussistente il predetto richiamo, con la conseguenza che il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione decorre, in ogni caso, dalla ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione ovvero dalla conoscenza dell’aggiudicazione acquisita aliunde e che non vi è più distinzione tra vizi desumibili dall’atto di aggiudicazione e vizi rilevabili da altri atti, per i quali il termine comincerebbe a decorrere dal momento dell’effettiva conoscenza. Per i vizi conosciuti successivamente alla comunicazione è solamente possibile la proposizione dei motivi aggiunti.

 

L’Adunanza Plenaria, constatando che la questione affonda le proprie radici nel mancato coordinamento tra il nuovo D.Lgs. 50/2016 e le disposizioni del C.P.A. che ancora richiamavano il previgente Codice dei contratti pubblici, ha accolto la prima soluzione, argomentando la propria decisione come descritto in seguito.
L’Adunanza Plenaria ha attribuito un’importanza cruciale al richiamo al previgente art. 79 del D.Lgs. 163/2006, relativo alle informazioni e alle comunicazioni cui è tenuta l’Amministrazione aggiudicatrice, dal momento che siffatti adempimenti coincidono con la “data oggettivamente riscontrabile”, ex art. 120, V comma, del C.P.A., dalla quale decorre il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione.

In altri termini, l’entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici non ha travolto la regola speciale di cui all’art. 120, V comma, del C.P.A., né, quindi, ha sollevato le Amministrazioni aggiudicatrici dai loro incombenti informativi per l’individuazione del dies a quo del termine di impugnazione.

 

Con riferimento all’accesso agli atti, sul quale l’art. 76 del D.Lgs. 50/2016 tace, l’Adunanza Plenaria ritiene che l’accesso non possa ritenersi precluso a seguito della mancata riproduzione delle relative regole nel nuovo Codice dei contratti pubblici. In virtù del rapporto tra norma generale e norma speciale, deve quindi considerarsi ri-espansa la disciplina generale sull’accesso informale ex art. 5 del D.P.R. 184/2006.

 

Inoltre, l’Adunanza Plenaria precisa che il rifiuto o i comportamenti dilatori dell’Amministrazione aggiudicatrice nell’accesso agli atti hanno l’effetto di far decorrere il termine per l’impugnazione dal momento in cui l’interessato ha conoscenza effettiva degli atti per i quali richiede l’accesso.

Tale precisazione recepisce le indicazioni dell’art. 2-quater della Direttiva CEE/1989/665 e della costante giurisprudenza della Corte di giustizia[4], che avevano delineato i principi della “data oggettivamente riscontrabile” e della piena conoscenza o conoscibilità dell’atto ai fini dell’impugnazione[5].

 

In sintesi, l’Adunanza Plenaria ritiene che per la decorrenza del termine per l’impugnazione debbano essere prese in considerazione:

  1. gli adempimenti cui le Amministrazioni aggiudicatrici sono tenute in tema di Informazione dei candidati e degli offerenti, ex articolo 76 del D.Lgs. 50/2016;
  2. le regole sull’accesso informale ex art. 5 del D.P.R. 184/2006, esercitabile entro il termine di 15 giorni fissato dall’art. 76, II comma, del D.Lgs. 50/2016;
  3. le regole sulla pubblicazione degli atti e dei relativi allegati ‘sul profilo del committente’ ex art. 29 del D.Lgs. 50/2016, che, oltre a far leva sulla diligenza delle imprese interessate, se rispettate, comportano la conoscenza legale di tali atti.

 

Su un’altra delle questioni sollevate dalla Sezione V, ossia sull’applicabilità del principio della piena conoscenza o conoscibilità “anche quando l’esigenza di proporre ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta[6], l’Adunanza Plenaria ha risposto in senso positivo, ritenendo rilevante il tempo necessario per effettuare l’accesso ex art. 76, II comma, del D.Lgs. 50/2016. In tal modo, non si rende più necessario un ricorso cd “al buio”, seguito dalla proposizione dei motivi aggiunti per i vizi emersi dopo l’accesso.

 

Data la rilevanza della questione e l’incertezza interpretativa che l’ha contraddistinta per molto tempo, l’Adunanza Plenaria ha, infine, enunciato i seguenti principi di diritto:

a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del D.Lgs. n. 50 del 2016;

  1. b) le informazioni previste, dufficio o a richiesta, dall 76 del D.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
  2. c) la proposizione dellistanza di accesso agli atti di gara comporta la dilazione temporalequando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano lofferta dellaggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nellambito del procedimento di verifica dellanomalia dellofferta;
  3. d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
  4. e) sono idonee a far decorrere il termine per limpugnazione dellatto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.

 

L’ANALISI DELLA QUESTIONE NELLA SENTENZA DEL TAR LIGURIA N. 371/2020

 

Il problema relativo alla decorrenza del termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione è stato precedentemente sollevato in occasione della controversia sorta tra il Policlinico di Monza S.p.a. (ricorrente), rappresentato dallo Studio Legale Dal Piaz, e la Regione Liguria (insieme a Regione Liguria – Stazione Unica Appaltante Regionale e Regione Liguria – Direzione Centrale Organizzazione – Settore Affari Generali)[7], nonché la controinteressata Istituto Ortopedico Galeazzi S.p.a. (Gruppo San Donato).

 

Nella vicenda in questione, il Policlinico ha impugnato e chiesto l’annullamento di tutti gli atti, provvedimenti, documenti e verbali di gara relativi ad una gara per l’affidamento in regime di concessione della gestione dei presidi ospedalieri Ospedale S. Charles – Bordighera, Ospedale Santa Maria della Misericordia – Albenga, Ospedale S. Giuseppe – Cairo Montenotte ed in particolare il “Lotto 2 Ospedale S. Maia della Misericordia – Albenga, Ospedale S. Giuseppe – Cairo Montenotte”.

La parte ricorrente ha dedotto, in un unico motivo, la violazione e la falsa applicazione della lex specialis di gara, dei relativi atti allegati e della normativa ivi richiamata, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 50/2016, violazione e falsa applicazione delle Linee Guida ANAC ed atti attuativi, violazione e falsa applicazione della L. 241/1990, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 445/2000, violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 24 e 97 Cost., nonché eccesso di potere sotto il profilo della violazione di legge, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, perplessità, disparità di trattamento, irragionevolezza, travisamento, ingiustizia grave e manifesta.

 

La Regione Liguria (resistente in giudizio) e la controinteressata hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività sulla base dell’art. 120, V comma, C.P.A., che prevede, per l’impugnazione degli atti delle procedure di gara, un termine di trenta giorni, decorrente dalla data di ricezione della comunicazione ex art. 79 D.Lgs. 163/2006.

Come precedentemente accennato, prima dell’intervento della pronuncia dell’Adunanza Plenaria dello scorso 2 luglio, la giurisprudenza era divisa tra due orientamenti opposti.

Il primo faceva salvo, negli effetti, il richiamo all’art. 79 dell’abrogato D.Lgs. 163/2006 e alla relativa disciplina sull’accesso agli atti; il secondo, invece, contemplava, come unico momento d’inizio della decorrenza del termine di trenta giorni per l’impugnazione degli atti della procedura di gara, la data della comunicazione dell’aggiudicazione, ovvero, in mancanza della comunicazione, dalla conoscenza acquisita aliunde, in virtù dell’abrogazione del D.Lgs. 163/2006 e della disciplina speciale sull’accesso agli atti ex art. 79, comma V-quater, dello stesso Decreto.

 

La Regione Liguria e la controinteressta, sposando la seconda tesi, hanno descritto il riferimento al vigente art. 76 del D.lgs. 50/2016 nel senso che all’Amministrazione aggiudicatrice è richiesto solamente di comunicare l’aggiudicazione, mentre gli altri elementi ex comma II del medesimo articolo possono essere trasmessi solo su richiesta dell’interessato.

Di conseguenza, dalla lettura dell’art. 120, V comma, C.P.A., in combinato disposto con le disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici, interpretate in ossequio a tale secondo orientamento giurisprudenziale, la resistente e la controinteressata hanno dedotto che il termine di trenta giorni per l’impugnazione dell’aggiudicazione debba decorrere dalla data della comunicazione di cui al sopracitato art. 76 del D.Lgs. 50/2016.

 

Inoltre, è stato contestato l’intervenuto differimento del termine per l’impugnazione in ragione dell’accesso, effettuato dalla ricorrente, al fine di acquisire la piena conoscenza degli atti di gara.

 

La ricorrente ha opposto, relativamente alla seduta pubblica del 24 dicembre 2019, al termine del sub-procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta aggiudicataria, che l’unico documento effettivamente ricevuto fosse il verbale relativo alla medesima seduta di scioglimento dell’anomalia, mentre i giustificativi e i chiarimenti prodotti dalla controinteressata, dai quali si potevano evincere i vizi successivamente lamentati con ricorso, erano stati trasmessi solamente in data 14 gennaio 2020 in seguito all’istanza di accesso formulata dalla ricorrente.

 

Sulla tardività del ricorso, intervenuto, secondo la tesi avversaria, 37 giorni dopo la comunicazione dell’aggiudicazione, la ricorrente ha invocato l’infondatezza dell’eccezione, dal momento che l’art. 76 del D.Lgs. 50/2016 concede una dilazione temporale di 15 giorni del termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione, quando questa non sia accompagnata dalla documentazione utile a rilevare gli eventuali vizi circa le valutazioni effettuate dall’Amministrazione aggiudicatrice.

Pertanto, secondo la ricorrente, il ricorso era stato proposto tempestivamente.

 

A sostegno dei propri argomenti, la ricorrente ha richiamato la giurisprudenza della Corte di giustizia[8], che ritiene efficace solamente il ricorso proposto nel termine decorrente dal momento in cui l’interessato viene a conoscenza degli eventuali vizi presenti nelle disposizioni relative all’aggiudicazione e che la possibilità di sollevare “motivi aggiunti” nell’ambito di un ricorso contro un’aggiudicazione, prospettata dall’art. 43 del D.Lgs. 104/2010, impone la previa impugnazione in abstracto dell’aggiudicazione, che non garantisce una tutela giurisdizionale effettiva, dato il concreto il rischio di rigetto del ricorso per infondatezza.

 

La ricorrente, in ossequio alla sopracitata giurisprudenza, ha individuato, come dies a quo del termine per l’impugnazione, la data della comunicazione dell’aggiudicazione o, in alternativa, il momento dell’effettiva conoscenza del contenuto dell’atto di aggiudicazione, qualora gli eventuali vizi non fossero direttamente evincibili dalla comunicazione.

Ad ulteriore conferma della diretta correlazione tra la conoscenza degli atti della procedura di gara – necessari per valutare le scelte dell’Amministrazione aggiudicatrice – e la decorrenza del termine per proporre il ricorso contro l’aggiudicazione, la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che, qualora la Stazione appaltante non garantisca l’accesso agli atti nei termini di legge, il termine per l’impugnazione non decorre fino al momento in cui l’accesso sia effettivamente consentito[9].

 

L’esigenza di celerità che la nuova disciplina mira a garantire non può comportare il sacrificio del principio di trasparenza, precludendo l’ostensione, all’occorrenza, degli atti utili alla rilevazione di eventuali vizi.

Inoltre, la celerità di un ricorso proposto entro trenta giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, potrebbe perdere di significato se emerge, in seguito all’accesso agli atti, la necessità di proporre motivi aggiunti.

 

 

Il TAR Liguria ha accolto la tesi proposta dalla ricorrente, precisando che la linea restrittiva proposta dalla resistente e dalla controinteressata può trovare applicazione solamente quando vi sia la possibilità di esperire un ricorso non completamente al buio.

In altri termini, la decorrenza del termine di impugnazione dal momento della comunicazione dell’aggiudicazione dipende dalla possibilità che, dall’impugnazione della sola aggiudicazione o degli altri atti conosciuti, possa aversi un ricorso effettivamente fondato, cui può seguire la proposizione dei soli motivi aggiunti per i vizi conosciuti successivamente all’accesso agli altri atti di gara.

Solo in tal senso la preclusione di un ricorso principale dopo trenta giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione sarebbe accettabile.

 

A tal proposito, il TAR Liguria ha aggiunto che, in materia di gare pubbliche, la proposizione di un ricorso al buio al fine di non decadere dalla possibilità proporre motivi aggiunti riferiti allo stesso provvedimento “è in contrasto con il principio di parità delle armi e di effettività della tutela e con la disciplina prevista dalla normativa in materia di contributo unificato […] Richiedere il pagamento del contributo unificato a fronte di un ricorso all’inizio sicuramente infondato, come quello “al buio”, significherebbe rendere eccessivamente difficile l’accesso alla tutela giurisdizionale e introdurre una imposta sul diritto di accesso che è contraria a tutta la disciplina di materia. L’art. 25, comma 1, L. n. 241 del 1990, infatti, stabilisce che: “L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura””.

 

Con riferimento al caso in esame, non era possibile rilevare gli eventuali vizi dell’atto di aggiudicazione, essendo questo fondato esclusivamente sulla verifica di anomalia dell’offerta, senza avere anche conoscenza dei verbali relativi agli esiti della verifica.

Il TAR ha quindi individuato, come momento iniziale della decorrenza del termine per l’impugnazione, la data in cui era stato concesso l’accesso agli atti, ossia il 14 gennaio 2020.

Pertanto, il ricorso è stato ritenuto tempestivo.

*

I casi sopra illustrati dimostrano come la necessità di assicurare la celerità dei procedimenti di gara non possa pregiudicare il principio della trasparenza amministrativa, attribuendo a quest’ultima, con particolare riferimento alla pubblicazione generalizzata degli atti di gara ex art. 29 del D.Lgs. 50/2016, rilevanza decisiva ai fini dell’impugnazione dell’aggiudicazione.

Tali pronunce hanno, inoltre, il merito di superare la prassi dei cd “ricorsi al buio”, dal momento che la decorrenza del termine per l’impugnazione è, ormai definitivamente, subordinata alla conoscenza di tutti gli atti di gara, nei limiti e nei termini previsti dalla disciplina dell’accesso.

 

Studio Legale Dal Piaz

[1] Ad. Plen. Consiglio di Stato del 2 luglio 2020, n. 12.

[2] TAR Lazio, sent. del 18 marzo 2019, n. 3552.

[3] Cons. Stato, Sez. III, sent. del 28 agosto 2014, n. 4432; Cons. Stato, Sez. V, sent. del 5 febbraio 2018, n. 718; Cons. Stato, Sez. III, sent. del 3 luglio 2017, n. 3253; Cons. Stato, Sez. V, sent. del 27 aprile 2017, n. 1953; Cons. Stato, Sez. V, sent. del 23 febbraio 2017, n. 851; Cons. Stato, Sez. V, sent. del 13 febbraio 2017, n. 592; Cons. Stato, Sez. V, sent. del 10 febbraio 2015, n. 864.

[4] Corte, Sez. IV, sent. del 14 febbraio 2019, causa C-54/18, punti 21, 32 e 45; Corte, Sez. V, sent. dell’8 maggio 2014, causa C-161/13, punto 37

[5] Ad. Plen. Consiglio di Stato del 2 luglio 2020, n. 12, punti 24-28.3.

[6] Ad. Plen. Consiglio di Stato del 2 luglio 2020, n. 12, punto 31.

[7] TAR Liguria, Sez. I, sent. del 13 giugno 2020, n. 371.

[8] In particolare, Corte, sent. dell’8 maggio 2014, causa C-161/13.

[9] ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 22 luglio 2016, n. 3308;
Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 3 marzo 2016, n. 1143;

Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 7 settembre 2015, n. 4144;

Consiglio di Stato, Sez. V, sent. del 6 maggio 2015, n. 2274;

Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 7 gennaio 2015, n. 25;

Consiglio di Stato, Sez. V, sent. Del 13 marzo 2014, n. 1250.

 

 

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