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MUTUO SOLUTORIO: LA PAROLA ALLE SEZIONI UNITE. Corte di Cassazione, Sez. II, Ordinanza interlocutoria n. 18903/2024

 

Con la recente Ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024 la Suprema Corte ha rimesso al Primo Presidente l’annosa questione della qualificazione del c.d. mutuo solutorio, consistente nell’accredito su un conto corrente della somma necessaria a ripianare un pregresso debito del correntista nei confronti della banca mutuante. Le Sezioni Unite dovranno quindi stabilire se l’accredito sul conto corrente per ripianare un debito pregresso configuri una reale disponibilità del denaro per il mutuatario o solo un’operazione contabile. 

Il mutuo: nozione 

Ai sensi dell’art. 1813 c.c. il mutuo “è il contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”. 

In particolare, il mutuo è un negozio traslativo di proprietà e restitutorio in quanto le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario (art. 1814 c.c.) il quale è obbligato a restituire il tantundem, ossia altrettante cose della stessa specie e qualità.

Nell’ipotesi in cui sia stata convenuta la restituzione rateale l’art. 1819 c.c. stabilisce che se il mutuatario non adempie all’obbligo di pagare anche una sola rata, il mutuante può chiedere, secondo le circostanze, l’immediato pagamento dell’intero. 

Il mutuo è un contratto oneroso posto che, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere al mutuante gli interessi, i quali costituiscono il corrispettivo del godimento dei beni dati in mutuo (art. 1815 c.c.). Ai sensi dell’art. 1815, comma 2, c.c., come modificato dalla Legge n. 108 del 7 marzo 1996, se sono convenuti interessi usurai la clausola è nulla e gli interessi non sono dovuti. 

Il mancato pagamento degli interessi, qualunque siano le modalità previste, è motivo di risoluzione del contratto per inadempimento (art. 1820 c.c.).

Il caso 

Con Ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024, la Corte di Cassazione  è tornata sulla questione di particolare importanza – altresì oggetto di contrasto nella giurisprudenza delle Sezioni semplici – concernente la validità del mutuo solutorio, con particolare riguardo alla necessità di verificare se tale modalità di erogazione della somma – cui si correla l’obbligo del mutuatario di utilizzarla per estinguere una propria diversa posizione debitoria verso il mutuante – integri una datio rei suscettibile di porre il denaro nella disponibilità del mutuatario ovvero si traduca in una mera operazione contabile, qualificabile alla stregua di pactum de non petendo ad tempus, funzionale a procrastinare dei debiti pregressi. 

1) Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, infatti, il mutuo solutorio, stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo in quanto non contrasta né con la legge né con l’ordine pubblico e non può essere considerato come una proroga del pagamento del debito preesistente o come un pactum de non petendo in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro. 

In definitiva, l’accredito delle somme su un conto corrente è considerato sufficiente per soddisfare il requisito della datio rei giuridica propria del mutuo. Inoltre, l’utilizzo delle somme per estinguere un debito preesistente contribuisce a liberare il patrimonio del mutuatario dalle passività. 

Tale orientamento si allinea con i precedenti che affermano che il contratto di mutuo si perfeziona quando la somma mutuata, pur non essendo materialmente consegnata, è messa a disposizione del mutuatario, indipendentemente dal suo utilizzo per estinguere un debito pregresso (la Corte richiama le proprie precedenti pronunce nn. 16377/2023, 23149/2022, 37554/2021, 724/2021, 1945/1999 e 5193/1991).

2) Secondo l’orientamento giurisprudenziale minoritario, invece, l’uso di somme da parte di un istituto di credito per coprire un debito pregresso del correntista, insieme alla costituzione di una garanzia reale a favore della banca, è una semplice operazione contabile di dare ed avere sul conto corrente e non può quindi essere qualificata come un mutuo ipotecario, il quale richiede sempre la consegna effettiva del denaro dal mutuante al mutuatario. Questa operazione è considerata un pactum de non petendo ad tempus, in cui è modificato solo il termine per l’adempimento senza novazione dell’obbligazione originaria del correntista (al riguardo la Corte richiama le proprie precedenti pronunce nn. 1517/2021, 20896/2019, 7740/2020).

E’ stato altresì rilevato che l’art. 1231 c.c. non attribuisce un effetto novativo alle modificazioni accessorie dell’obbligazione, e quindi tra le diverse modificazioni non novative di un rapporto obbligatorio sono annoverate anche l’apposizione di diverse condizioni economiche, la modificazione di clausole relative al tasso di interessi e l’aggiunta di garanzie. 

Il rapporto obbligatorio, sebbene modificato, conserva dunque la propria precedente identità anche dopo la conclusione del mutuo solutorio poiché manca, per qualificare il mutuo solutorio in termini di novazione, anche l’animus novandi, posto che nei contratti di mutuo solutorio non esiste in genere alcuna espressa ed inequivoca volontà di estinguere l’obbligazione precedente.

L’indirizzo minoritario se, da una parte, non nega che per il perfezionamento del mutuo sia sufficiente la dazione giuridica delle somme e che l’accredito in conto corrente possa bastare a questo fine, dall’altra afferma che la traditio deve realizzare il passaggio delle somme dal mutuante al mutuatario, e cioè comportare l’acquisizione della loro disponibilità da parte del mutuatario, effetto che non si ravvisa “nel caso in cui la banca già creditrice con tali somme realizzi il ripianamento del precedente debito.

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In definitiva, nell’Ordinanza interlocutoria in commento, dopo aver riassunto i contrastanti orientamenti giurisprudenziali, la Corte si è chiesta “se sia corretto ritenere che il ripianamento delle precedenti passività eseguito dalla banca autonomamente e immediatamente con operazione di giroconto […] soddisfi il requisito della disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario, per cui il ripianamento delle passività abbia costituito una modalità di impiego dell’importo mutuato entrato nella disponibilità del mutuatario», nonché «in caso di risposta positiva, […] se in tale ipotesi il contratto di mutuo possa costituire anche titolo esecutivo”, disponendo la trasmissione degli atti al Primo Presidente affinché possa valutare l’opportunità di assegnare la predetta questione allo scrutinio delle Sezioni Unite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

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