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IL LICENZIAMENTO NEL RAPPORTO DI LAVORO DIRIGENZIALE

 

Con le recenti Sentenze n. 38026 del 29.12.2022 e n. 88 del 03.01.2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di licenziamento del dirigente, rimarcando le peculiarità che caratterizzano tale specifica materia rispetto a quella del personale non dirigente.

I casi di specie

Nel giudizio concluso con la Sentenza n. 38026/2022 un dirigente ha impugnato il licenziamento giustificato dalla soppressione del posto occupato a seguito di riorganizzazione aziendale posta in essere dal datore di lavoro.

La Corte d’Appello, con integrale riforma della decisione di prime cure, ha rilevato che il licenziamento, era, in realtà, finalizzato unicamente ad eliminare un dipendente non gradito, e che doveva quindi considerarsi illegittimo poiché privo delle necessarie caratteristiche di buone fede e correttezza e, conseguentemente, del requisito della “giustificatezza”.

Il caso da cui trae origine il secondo dei citati giudizi (n. 88/2023) riguarda, invece, il licenziamento disciplinare di un dirigente cui erano state contestate plurime condotte idonee ad arrecare danno al datore di lavoro ed a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario.

La Corte d’Appello, in riforma della decisione del Tribunale, ha dichiarato legittimo il licenziamento, ritenendo fondate le contestazioni del datore di lavoro, ancorché non integranti gli estremi della “giusta causa” poiché rispettose del principio di “giustificatezza”.

Il concetto di “giustificatezza”

Alla base di entrambe le decisioni della Suprema Corte vi è il concetto di “giustificatezza”, applicabile al rapporto di lavoro dirigenziale tanto nel caso di licenziamento per motivi economici quanto in quello di licenziamento disciplinare.

Licenziamento per motivi economici

Ai sensi dell’art. 10 L. 604/1966, in materia di licenziamento per ragioni oggettive del dirigente non si applicano le norme limitative del licenziamento individuale di cui agli artt. 1 e 3  L. 604/1966.

Infatti, nel rapporto dirigenziale i principi di buona fede e correttezza, necessari ai fini della legittimità del licenziamento, devono essere coordinati con quello di iniziativa economica, garantito dall’art. 41 Cost., che verrebbe gravemente compromesso laddove fosse radicalmente precluso all’imprenditore di scegliere discrezionalmente le persone idonee a collaborare con lui ai più alti livelli della gestione dell’impresa.

Pertanto, nel licenziamento del dirigente, posto che il rapporto di lavoro è caratterizzato da un accentuato profilo fiduciario, occorre fare riferimento al concetto di “giustificatezza” (diverso da quello di giustificato motivo oggettivo disciplinato dalla Legge), nel quale rientrano ulteriori e più ampie fattispecie “purchè idonee a concretizzare valide ragioni di cessazione del rapporto di lavoro”.

In particolare, la nozione di “giustificatezza”, a differenza di quella di giustificato motivo oggettivo, include qualsiasi motivo di recesso che non sia arbitrario, pretestuoso e non corrispondente alla realtà, mentre non vi rientrano, naturalmente, i casi ove la ragione del recesso consista unicamente nell’intento di liberarsi del dirigente non gradito.

Ai fini del riscontro della sussistenza di tale requisito non è richiesta una analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del licenziamento.

Per le medesime ragioni, è esclusa ogni valutazione in ordine alla possibilità di repêchage, poiché incompatibile con la figura del dirigente, caratterizzata da un regime di libera recedibilità del datore di lavoro.

Licenziamento disciplinare

Anche in tema di licenziamento disciplinare del dirigente rileva la nozione di “giustificatezza”.

Tale nozione si discosta, sia sul piano oggettivo sia su quello oggettivo, da quella di giusta causa ex art. 2119 c.c., trovando la sua ragion d’essere nel rafforzato rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro in funzione delle mansioni apicali svolte.

Se è pur vero che anche il dirigente può essere licenziato per giusta causa ex art. 2119 c.c., anche in assenza di tale ultimo presupposto il datore di lavoro può intimare il recesso qualora il rapporto fiduciario sia leso “anche da mera inadeguatezza rispetto ad aspettative riconoscibili “ex ante” o da importante deviazione dalla linea segnata dalle direttive generali del datore di lavoro”.

Proprio sulla base di tali principi, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 8872023, ha rilevato chele condotte contestate, nonostante non integrassero la giusta causa, fossero idonee ad inficiare il futuro corretto adempimento del ruolo dirigenziale attribuito in base alle direttive aziendali e che, quindi, il licenziamento intimato dalla Società fosse legittimo poiché caratterizzato dal requisito della “giustificatezza”.

In entrambi i giudizi analizzati, la Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi, ritenendo corretta l’applicazione dei suddetti principi effettuata da parte delle Corti territoriali.

 

 

 

 

 

 

 

 

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