PARTNERSHIP

Descrizione dell'immagine

LA DISCIPLINA IN TEMA DI DISTANZE MINIME DELLE COSTRUZIONI DAI CONFINI Corte di Cassazione n. 9264 del 22.03.2022

 

Con la recentissima sentenza n. 9264 del 22 marzo 2022 la Corte di Cassazione ha enunciato alcuni principi in tema di distanze legali delle costruzioni dai confini.

La disciplina delle distanze legali in materia edilizio-urbanistica

 Il Codice civile regola la materia delle distanze tra edifici agli artt. 873, 874, 875 e 877, dettando prescrizioni che assumono un duplice rilievo:

  • nei rapporti tra privati, legittimando il vicino ad agire a titolo di risarcimento del danno e, ricorrendone i presupposti, per la demolizione di costruzioni realizzate in violazione delle previsioni di legge;
  • nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, cui compete il rilascio dei titoli abilitativi edilizi nel rispetto della disciplina vigente anche in materia di distanze.

In particolare, ai sensi dell’art. 873 c.c., “le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore”.

Secondo l’orientamento consolidato, la norma civilistica, pur perseguendo prevalenti finalità igienico-sanitarie, è posta a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli privati confinanti, laddove, per contro, la regolamentazione di cui agli strumenti edilizio-urbanistici locali risponde a finalità pubblicistiche di tutela del territorio.

Ne consegue la qualificazione “da genere a specie” del rapporto intercorrente tra normativa codicistica e normativa territoriale, in quanto la prima è recessiva rispetto alla seconda allorché questa preveda diverse e più ampie distanze minime tra fabbricati.

In altri termini, per la sola ipotesi, invero non frequente, di regolamentazione locale del tutto silente sul punto, l’art. 873 c.c. riacquista forza espansiva cogente ed impone ai privati il rispetto della distanza minima di 3 mt.

La norma, nonostante il riferimento letterale al “confine” del lotto di proprietà del singolo, deve essere letta ed interpretata nel senso che la distanza di 3 mt. riguarda la costruzione eventualmente già esistente sul terreno limitrofo, e dunque rileva quale prescrizione in tema di distanze legali tra fabbricati[1]e non tra confini di terreni adiacenti.

Gli strumenti di pianificazione locale (Piani Regolatori e Regolamenti Edilizi comunali)spesso dettano prescrizioni ulteriori e diverse rispetto a quelle codicistiche non solo in materia di distanze tra edifici bensì anche in tema di distanze dal confine oppure dalla strada.

A tali previsioni territoriali è pacificamente riconosciuta natura cogente integrativa della normativa civilistica, oltre che natura inderogabile, in quanto dirette alla tutela di interessi generali pubblicistici in materia urbanistica.

La qualificazione integrativa della norma regolamentare rispetto alla disciplina del Codice civile è essenziale in quanto permette al vicino, che si ritenga leso, di agire, ai sensi dell’art. 872 c.c., sia per il risarcimento del danno sia per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi.

Non assumono, per contro, valore integrativo, legittimando pertanto alla sola azione di risarcimento, le prescrizioni dei regolamenti locali che non tendono a soddisfare interessi generali di natura igienica, urbanistica o ambientale, quali, a mero titolo di esempio, le norme che disciplinano il rilascio di un titolo edilizio.

Il caso

 Con la sentenza n. 9264 del 22 marzo 2022 La Cassazione si è pronunciata su di una fattispecie in cui i privati proprietari di un immobile erano stati convenuti in giudizio, in primo grado, dal proprietario del fondo vicino, per sentire accertata la violazione della normativa in materia di distacchi minimi dai confini edil relativo diritto al risarcimento del danno, sull’asserito presupposto che il fabbricato di loro proprietà fosse stato realizzato a distanza inferiore di quella prevista dalle Norme di Attuazione del Piano Regolatore Generale Comunale.

Da parte loro, i resistenti sostenevano che l’immobile di loro proprietà non fosse assoggettato al rispetto di alcuna distanza minima dal confine, ricadendo lo stesso in zona qualificata come omogenea dal P.R.G.C., per la quale non erano dettate prescrizioni in tema di distacchi delle costruzioni dai confini.

La Corte d’Appello ha disatteso tali argomentazioni e, disponendo una CTU, ha altresì accertato l’incompatibilità della destinazione a civile abitazione del fabbricato con la disciplina di zona, che consentiva i soli fabbricati agricoli o assimilati. Per l’effetto, ha ritenuto applicabili alla fattispecie le prescrizioni in tema di distacchi dal confine dettate dalle locali Norme di Attuazione per i fabbricati ad uso abitativo (quale era effettivamente quello realizzato), anche se siti in zone diverse del P.R.G.C..

I privati soccombenti hanno censurato innanzi alla Suprema Corte la sentenza sul presupposto che, in assenza di previsioni di distanze minime, l’unica disciplina applicabile fosse quella di cui all’art. 873 c.c., relativa alla distanza tra fabbricati.

La Corte di Cassazione ha dunque indagato la disciplina delle distanze delle costruzioni dai confini, interrogandosi se questa debba ritenersi legata alla zona di P.R.G.C. in cui insiste la costruzione ovvero alla destinazione d’uso della medesima.

La Suprema Corte ha ritenuto di accogliere la prima tesi, affermando che la disciplina in tema di distanze di un fabbricato dal confine è necessariamente legata alle previsioni territoriali di zona, a prescindere dalla destinazione d’uso ed anche dall’eventuale difformità della stessa rispetto alle destinazioni consentite dagli strumenti urbanistici nella zona di interesse.

La tesi opposta, infatti, adottata dalla Corte Distrettuale, contrasta con il risalente orientamento giurisprudenziale che riconosce al proprietario di un suolo con capacità edificatoria la prerogativa di trovare i propri diritti ed i propri doveri conformati nella normativa applicabile alla zona in cui si sviluppa l’attività costruttiva.

 

 

 

Studio Legale DAL PIAZ

[1]Sui risvolti applicativi dell’art. 873 c.c. in tema di distanze minime tra fabbricati si vedaCass. Civ., Sezioni Unite, 19.05.2016, n. 10318, che delimita il campo di applicazione del principio di c.d. prevenzione temporale, a norma del quale chiunque dei confinanti costruisca per primo determina, in concreto, le distanze da osservare per l’edificazione sui terreni limitrofi, avendo così il diritto di scegliere in piena libertà, salvo il rispetto della normativa vigente, la migliore collocazione del proprio manufatto.

Share This

Copy Link to Clipboard

Copy